attualità, politica italiana

"Un governo per la nuova Europa", di David Sassoli

Giuliano Amato e Romano Prodi nel loro articolo sul Sole 24 Ore di martedì 6 dicembre sollecitano i deputati italiani al Parlamento europeo ad assumere un ruolo attivo nel promuovere la costruzione di un vero e democratico governo economico dell’eurozona. Questa sollecitazione non cade nel vuoto, perché da mesi la delegazione italiana del Pd è in prima fila su questo fronte e sta offrendo un ricco contributo di idee e di proposte all’iniziativa del gruppo dei Socialisti e dei Democratici e all’azione più complessiva di un più largo fronte europeista presente all’interno del Parlamento europeo.

Anche noi, come Amato e Prodi, riteniamo che dal Consiglio europeo del 9 dicembre debbano uscire risposte forti, che puntino, in primo luogo, a una piena attuazione delle possibilità offerte dal Trattato di Lisbona in linea con il metodo comunitario. Ciò consentirebbe già da ora di rafforzare in modo sostanziale la convergenza delle politiche fiscali. Su questi punti abbiamo elaborato proposte puntuali che consentirebbero di evitare la strada insidiosa di una lunga e controversa riforma dei trattati per introdurre innovazioni già consentite da Lisbona come per esempio quella, davvero esiziale, di un accordo solo tra alcuni stati membri.

Naturalmente la notevole flessibilità offerta dai trattati attuali non dovrebbe essere utilizzata solo per rafforzare il patto di stabilità, ma anche per promuovere un’Unione della crescita e della solidarietà. Per questo, al centro del nostro impegno ci sono da tempo misure, richiamate anche da Amato e Prodi, come i project bonds, lo sviluppo del mercato interno e il rafforzamento della sua dimensione sociale, la tassa sulle transazioni finanziarie, la riforma del bilancio europeo con l’introduzione di nuove risorse proprie, una più efficace regolamentazione delle agenzie di rating, l’emissione di stability bonds sostenuti da garanzie comuni.

Queste misure (contrastate finora in modo miope dalla maggioranza di centro-destra del Consiglio europeo) potrebbero accompagnarsi all’introduzione di una circoscrizione elettorale paneuropea e alla possibilità per i cittadini di esprimersi direttamente sul Presidente della Commissione, la cui funzione potrebbe essere accorpata (anche ciò a trattato vigente) con quella di Presidente del Consiglio europeo rafforzando la dimensione democratica delle istituzioni dell’Unione.

Queste proposte urgenti e fattibili già oggi a Trattati invariati non negano l’esigenza di una più complessiva riforma dei Trattati, che consenta di completare la costruzione di una vera Europa politica dotata di un forte e democratico governo economico. Ciò richiederebbe una serie di interventi che vanno dal ruolo della Bce sino alla trasformazione delle raccomandazioni di politica economica in decisioni e il passaggio per esse al metodo della codecisione e il superamento del divieto all’armonizzazione della legislazione sociale.

Ma, deve essere chiaro, che i contorni di tale “grande riforma”, finalizzata alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa, non potranno che scaturire da una Convenzione sulla base della procedura prevista dell’articolo 48 Tue, che noi naturalmente sollecitiamo ma che trovano l’opposizione di quegli stessi governi conservatori che, per motivi di politica interna, richiedono oggi strumentalmente la modifica dei Trattati. L’esperienza del trattato costituzionale e dei referendum che l’hanno bocciato dovrebbe spingere l’Unione europea a compiere le scelte indispensabili per superare la crisi ed evitare la dissoluzione dell’euro, senza rinviare tali decisioni alla “grande riforma” e dimostrando così ai cittadini europei che l’Unione è in grado di dare da subito risposte efficaci e risolutive.
Gli obiettivi sono chiari. Adesso si tratta di riuscire ad affiancare al necessario impegno delle famiglie politiche europee, che per parte nostra non faremo mancare, l’indispensabile mobilitazione delle opinioni pubbliche. L’Europa ha bisogno di tutti e le scelte decisive per il suo futuro dovranno essere, per avere gambe forti, le più partecipate e condivise possibili.

Il Sole 24 Ore 08.12.11