"Lo Stato del buon senso", di Michele Brambilla
Abituati come siamo a ragionare più con la pancia che con la testa, anche sulla questione delle tasse stiamo passando rapidamente da un estremo all’altro. Fino a pochi mesi fa, la categoria dei piccoli imprenditori era vista in blocco come un’associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale. Quando si diceva «piccolo imprenditore», l’esemplare tipo che veniva alla mente era un personaggio del cabaret, il Marco Ranzani di Cantù che parcheggia il Cayenne in seconda fila e denuncia nel 730 poche centinaia di euro di reddito. Fabbrichetta era sinonimo di furbetto. Non parliamo poi dei commercianti: la Guardia di Finanza non ha mai goduto tanta popolarità come nei giorni dei blitz a Cortina, Courmayeur, Capri e così via. Ma non appena sui media ha cominciato ad avere un po’ più di spazio l’epidemia di suicidi, siamo passati dall’indignazione alla commozione. L’associazione per delinquere è diventata di colpo quella Spectre statale Agenzia delle entrate, Equitalia eccetera – che accerta, contesta, esige. E i piccoli imprenditori, le partite Iva e così via si sono trasformati immediatamente da ladri in …
