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"Torno in Italia, non all’inferno. Proverò che qui si può fare ricerca", di Elvira Serra – Corriere della Sera .03.09.14

Qualcosa la infastidisce un po’, nella domanda che tutti le stanno facendo in questi giorni: perché torni? «Sembra quasi che mi debba difendere. Mi guardano con gli occhi fuori dalle orbite, neanche dovessi andare all’Inferno… Non è che mi offenda. Il punto è che la mia scelta è stata abbastanza ovvia. Una va via per fare esperienza, con l’idea che prima o poi ritornerà. E poi io ci guadagno pure economicamente: di sicuro il mio stipendio in Italia sarà più alto».
Sandra Savaglio, 47 anni da compiere, segno zodiacale Bilancia, di professione guarda le stelle. Nel 2004 il Time la mise in copertina come simbolo dei cervelli in fuga dall’Europa: ai tempi lavorava alla John Hopkins University di Baltimora. Dopo, si è trasferita in Germania, al Cnr tedesco, il Max Planck Institute, vicino a Monaco, da cui si è licenziata per accettare la chiamata diretta dell’Università della Calabria, ad Arcavacata, dove da ottobre sarà docente ordinario di Astrofisica. Il ritorno a casa, per lei che è cosentina.
«Non è un ripiego, anzi, sarà una sfida. In Germania è molto difficile fare carriera e le donne nel mio campo sono appena il 10 per cento, mentre in Italia raggiungono il 25 per cento. Certo, nel Paese della Merkel la ricerca è supportata da grandi finanziamenti, che saranno invece una nota dolente. Ma conto di sfruttare i fondi europei: è difficile ottenerli, ma nel 10-20 per cento dei casi le proposte vengono accettate e per i progetti più grandi si arriva a raccogliere anche uno o due milioni di euro. Mi stimola molto la possibilità di avere uno scambio diretto con i giovani ricercatori: da questo punto di vista l’ateneo calabrese è un piccolo gioiello».
A Monaco lascia Uta, bibliotecaria di 51 anni, alla quale è legata dalla Eingetragene Partnerschaft , l’unione civile. «Lei continuerà a lavorare in Germania, faremo le pendolari. Cosa succederà tra noi? Chiedetemelo tra sei mesi!». Non la spaventa, però, trasferirsi in un Paese che ha ancora molta strada da fare nel cammino dei diritti civili. «Confesso che adesso le priorità sono altre. Dopo otto anni cambio ambiente, devo impostare una nuova vita, ho cose più urgenti a cui pensare. Certo, so che le cose saranno diverse. Se io morissi in Germania, Uta avrebbe diritto alla mia pensione, mentre in Italia lei non esiste. Però ora mi preoccupa altro».
Le mancherà l’efficienza teutonica. «Sono rapidissimi, la burocrazia funziona: nelle ultime settimane ho dovuto sbrigare parecchie faccende, e loro sono stati efficienti, mi hanno telefonato ogni volta che serviva». Non le mancherà la struttura gerarchica tipica di ogni ambiente, professionale e no. «Al lavoro c’erano colleghi che si conoscevano da trent’anni e che si chiamavano per cognome dandosi del lei. Deriva dalla tradizione militarista e prussiana, che è stata la loro forza per rialzarsi dopo la batosta del nazismo. Ecco, diciamo che la mia esuberanza tipica degli italiani non è sempre stata apprezzata: alcune volte in effetti sarei potuta stare zitta».
In Calabria continuerà a occuparsi dei «suoi» temi: «Studierò le galassie distanti». Andrà a vivere nella casa del padre, mancato due anni fa. «Devo a lui la passione per le stelle. Immagino sia una questione di geni: a lui piaceva moltissimo la matematica, ma era il periodo del Dopoguerra, di soldi non ce n’erano; si era iscritto all’Università a Roma, senza mai riuscire a frequentarla: dovette rinunciare».
Tra i lati positivi del cambio di residenza ci sono frutta e verdura. «Finalmente potrò mangiare pomodori veri, la pesca che sa di pesca e non parliamo della carne di pollo: in Germania a sentirne il sapore finisce che diventi vegetariano. Una volta rimasi choccata al mercato quando trovai dei pomodori pachino a tre euro e cinquanta l’etto: non potevo crederci!». Fare l’italiana all’estero le ha procurato, tuttavia, una «immeritata» fama di brava cuoca. «Roba che mio padre si rivolterebbe nella tomba. È solo che mi piaceva fare quelle poche ricette di mia nonna, che mi danno il senso delle origini: per esempio i “mustazzuoli”, che noi facciamo con il miele di fichi».
Il 14 settembre sarà a Montalcino per ricevere il «Premio Casato Prime Donne 2014», un riconoscimento per i suoi meriti di scienziata — 160 pubblicazioni nelle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, come Nature e Astrophysical Journal — e per la scelta di rientrare in Italia, dopo ventitré anni trascorsi all’estero, mettendo a disposizione di giovani studenti l’esperienza maturata.
Pronta? «Sì… Però mi dice in bocca al lupo?».