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Scoperto l’interruttore dell’immortalità delle staminali tumorali

È l’incubo peggiore degli oncologi e dei pazienti: il tumore che, dopo essere stato completamente annientato dalle terapie, ritorna perché le sue radici sono rimaste nell’organismo. Adesso però scienziati italiani, studiando la leucemia mieloide acuta, sembrano aver trovato un modo per estirpare il cancro alla radice una volta per tutte. Secondo quanto riferito sulla rivista Nature, gli scienziati hanno scoperto infatti il segreto dell’immortalità delle cellule staminali del cancro, ovvero di quelle poche cellule che sono radice e serbatoio infinito del tumore, rendendolo spesso inguaribile: si tratta di ‘p21’, una proteina ‘pit stop’ del ciclo cellulare. P21, cioè, blocca temporaneamente la proliferazione delle staminali del cancro e dà loro il tempo di riparare il proprio Dna prima di ricominciare a produrre altre cellule tumorali. La scoperta si deve al team di Pier Giuseppe Pelicci, Direttore scientifico del Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con le Università di Milano e Perugia ed è stata possibile grazie ai finanziamenti dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), del Ministero della Salute, di Cariplo e della Comunità Europea.
Colpendo p21 nelle staminali delle leucemie, l’equipe di Pelicci è infatti riuscita a togliere loro l’immortalità: senza p21 le staminali hanno cominciato ad accumulare danni al genoma e quindi a morire, e con loro anche l’intero tumore. Negli ultimi decenni l’oncologia ha fatto passi da giganti trovando farmaci risolutivi per molti tumori: ma per molte neoplasie questi farmaci non bastano, il tumore torna, spesso più feroce di prima. In seguito si è compreso che ciò dipende dal e riproduzione come quelle del tumore, invece le staminali del cancro si riproducono lentamente e sfuggono alle cure. Adesso però con la scoperta italiana il cerchio si chiude; il gruppo di Pelicci si è accorto che la lentezza con cui le staminali del cancro si riproducono è la loro salvezza anche per un altro motivo: garantisce loro più tempo per ‘fare la revisionè e ripartire in quarta alimentando nuovamente il tumore. La proteina p21 in pratica fa fare loro il pit stop durante il quale le staminali riparano il proprio Dna. Senza il pit stop le staminali pian piano accumulerebbero danni genetici, invecchierebbero e morirebbero come tutte le cellule. «La nostra scoperta – commenta Pelicci – definisce un metodo per eliminare le cellule staminali del cancro: bloccare i loro sistemi di riparazione del genoma. In questo modo, infatti, le cellule staminali del cancro accumuleranno danno genomico, invecchieranno e moriranno, come fanno normalmente le cellule staminali dei nostri tessuti. Nuovi farmaci che inibiscono la riparazione del Dna stanno muovendo i primi passi della sperimentazione clinica nell’uomo. Sapremo nei prossimi 5-10 anni quanto sono importanti nella cura dei tumori».
da unita.it

«Un danno al DNA? È p21 la prima proteina a intervenire. Questo comportamento della proteina, implica la sua diretta partecipazione al processo di difesa contro gli agenti cancerogeni», Le Scienze de 18 maggio
Gli studi sui meccanismi impiegati dalle cellule per difendersi dai danni al DNA indotti da agenti chimici e fisici costituiscono un punto importante per capire come le cellule che perdono tali capacità di difesa si trasformano da normali a tumorali. Un passo in avanti su queste conoscenze è stato compiuto dall’équipe di Ennio Prosperi dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Pavia, in collaborazione con il laboratorio di patologia generale dell’Università di Pavia e del Max Delbruck Center for Molecular Medicine di Berlino. Questi risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Cell Science. “I ricercatori hanno svelato un comportamento finora insospettato della proteina ” spiega Prosperi. “Questa proteina viene utilizzata dalle cellule nel processo di riparazione del DNA, perché è in grado di localizzarsi in tempi rapidissimi (insieme ad un’altra proteina, nota come PCNA) nei siti dove è avvenuto il danno. Questa localizzazione di p21 non si manifesta in cellule di pazienti con malattie genetiche in cui la riparazione del DNA è difettosa, né in alcuni tipi di cellule tumorali.” La proteina p21 era già nota per la sua capacità di bloccare la proliferazione cellulare in seguito all’esposizione ad agenti che danneggiano il DNA, un sistema con cui le cellule del nostro organismo ‘prendono tempo’ per riparare tali danni ed evitare che possibili mutazioni del DNA trasformino la cellula normale in tumorale. L’identificazione di questo nuovo comportamento della proteina, però, implica la sua diretta partecipazione al processo di riparazione e quindi alla difesa contro gli agenti cancerogeni. La scoperta permetterà di capire ulteriormente i meccanismi di difesa cellulare contro le alterazioni del DNA e di sfruttare queste nuove conoscenze per lo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali. Infatti, in alcuni studi clinici già oggi vengono utilizzati farmaci che inducono le cellule tumorali a produrre la proteina p21, che normalmente è poco o per nulla espressa in molti tumori umani.

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