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“Il miraggio di Sherwood”, di Massimo Giannini

E’ amaro il ritorno nella foresta di Sherwood. Dopo aver fatto della Robin Hood Tax il «polmone ideologico» di una discutibile manovra italiana che pretende di togliere ai ricchi per dare ai poveri, e il «cuore politico» di una possibile iniziativa europea contro la speculazione internazionale, Giulio Tremonti rientra dall`Ecofin con una doppia sconfitta.

La prima sconfitta la subisce fuori casa. A Bruxelles il ministro dell`Economia è costretto a incassare un freddo «no grazie» alla sua proposta di attivare l`articolo 81 del Trattato di Roma per fermare i dealer che scommettono sul petrolio a 200 dollari o i trader che lucrano sui rincari del riso o della farina.

L`idea era troppo seducente, ma purtroppo inconsistente. Come può l`Antitrust europeo perseguire un`operazione finanziaria conclusa al Kabutocho di Tokyo o alla Borsa merci di Chicago? Già individuare l`affare sarebbe complicato. Dimostrarne il carattere collusivo richiederebbe una «probatio diabolica».

Sanzionarne i responsabili diventerebbe una missione impossibile.

«Voglio evitare di spalancare troppe finestre senza sapere cosa ci troverò dietro», ha detto il commissario europeo Almunia. Un sintomo della pigrizia culturale dei tecnocrati comunitari? E plausibile. Un riflesso dell`impotenza politica dei governi europei? E probabile. Sta difatto che la proposta del ministro italiano rimane lettera morta. Uccisa più dal velleitarismo di chi l`hapensata, che dall’ostracismo di chi l`ha respinta.

La seconda sconfitta la patisce in casa. A Roma il ministro dell`Economia è costretto ad ammettere un pacchetto di non meglio precisate modifiche parlamentari alla sua stangata contro petrolieri, banchieri e assicuratori. L`altro ieri, con sconveniente naivete, il presidente della Commissione finanze della Camera aveva osato l`inosabile, annunciando l`intenzione della maggioranza di ritirare l`intera Robin Hood Tax durante l`iter della Finanziaria. In un impeto di involontaria sincerità, aveva ammesso il rischio che l`aumento delle imposte sugli «extraprofitti» delle categorie che in questi mesi hanno guadagnato di più possano «traslare» sui consumatori, attraverso un aumento deiprezzi della benzina, dei servizi bancari e delle tariffe assicurative. Questa sortita ha obbligato Tremo riti a un`immediata rettifica. Ci sarà qualche modifica, ma la struttura della tassa resta inalterata.

È una pessima notizia. L`annuncio preventivo del parlamentare della Pdl sarebbe infinitamente più opportuno della smentita successiva del ministro dell`Economia. La Robin Hood Tax non funziona per almeno due ragioni di fondo.

1) Non è vincente dal punto di vista tecnico. Colpisce genericamente gli utili delle imprese sopra una certa soglia: non proprio il massimo, per un sedicente centrodestra liberale.

Genera inevitabilmente un`odiosa partita di giro: senza un rigoroso sistema di controlli e un severo apparato di sanzioni sulle imprese petroliferee sulle aziende di credito, allafine apagare il conto della stangatasono sempre i cittadini-utenti, sui quali si scaricano i rincari. Questo pericolo era evidente fin dall`inizio. Lo avevamo segnalato su questo giornale.

Lo avevano rilanciato economisti come Spaventa e Boeri. Lo avevano confermato istituzioni «terze» e autorevoli, come la Banca d`Italia e l`Antitrust. «Siamo sicuri che la traslazione non avverrà», promette Tremonti. Ma questa è un precetto di fede, non un atto di governo. È esorcismo, non decisionismo.

2) Non è convincente dal punto di vista politico. La Robin Hood Tax poteva anche avere una coerenza logica inoppugnabile: se c`è da tosare, meglio farlo dove la pecora ingrassa.

Ma è stata caricata di una valenza demagogica insostenibile, tra aforismi ironici sugli ingaggi record di Mourinho e parallelismi storici coni padri pellegrini del Mayflower. Lo schema dell`eroe popolare che si batte contro lo sceriffo di Nottingham per redistribuire le ricchezze tra i più bisognosi non tiene da nessuna parte. Prima di tutto, per l`effetto perverso dell`inconveniente tecnico di cui al punto precedente.

Insecondo luogo, per l`effetto altrettanto perverso della destinazione del gettito che quella tassa produce.

Come dimostra uno studio di Silvia Giannini e Maria Luis a Guerra appena pubblicato sul sito lavoce.info, al Fondo di solidarietà per i ceti meno abbienti è destinato neanche un decimo di quanto incassato dalla Robin Hood Tax. Pochi spiccioli.

Niente è quel che appare, nella Sherwood di Tremonti. Vi regna un barlume di carità cenciosa, ma neanche uno straccio di equità sociale.

Vi domina la moderna «teoria del nemico esterno», rivisitata in chiave manzoniana e post-apocalittica: la speculazione come peste del XXI secolo. Una dottrina utile alla conservazione del potere: tiene sempre alta la paura dei governati, e sempre bassa la responsabilità dei governanti.

La Repubblica, 9 luglio 2008

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