Mossa calcolata a freddo, sapeva che cosa sarebbe successo. Infatti è successo. Ometto le risposte, fantasie di uomini repressi, oscenità correnti, postribolo. Poi perfino lui dev’essersi reso conto d’aver esagerato e ha fatto sparire la sequela di (banali) oscenità. Battute di quel tipo le sentivamo nei film degli anni Cinquanta, uomini in calore che si sussurravano «Quella bottana è». Lì era satira di costume, qui è in gioco la terza carica dello Stato. Anche il fascismo demoliva gli avversari col ridicolo. Li si imbottiva d’olio di ricino, poi tutti a ridere nel vedere il disgraziato torcersi. Ogni giorno il grillismo scende un po’ più giù, l’attacco alla Boldrini non è certo il livello più basso. Gente di quella risma quando tocca il fondo non ci pensa due volte: comincia a scavare.
Davvero non c’è in quelle file di soldatini obbedienti qualcuno che conservi di sé un’opinione un po’ meno umiliante? Quelle faccette pulite, quelle barbette ben curate, quella ragazzette in tailleur, basta davvero così poco a trascinarle a questo livello? Ne ho fatto le spese anch’io. Venerdì ero ospite del programma di Daria Bignardi su La7,
Le invasioni barbariche.
Ho espresso alcune critiche sul M5S, su ciò che ha combinato in questi giorni alla Camera. Apriti cielo! Twitter e mail inondate di contumelie, Grillo mi inserisce nella sua gogna. Uno dei commenti più gentili mi definisce: «Scrittore della Kasta». Un altro, più rude: «Penso che lei sia un po’ rincoglionito. Comunque meglio così che servo del potere». C’è un banale «emerito imbecille » e un estremo: «Sei un morto che cammina ». Per fortuna c’è anche uno che mi vuole solo querelare. Anche Daria Bignardi è stata inondata di insulti, declinati ovviamente nelle usuali varianti femminili.
La pioggia di improperi e la loro qualità non hanno comunque molta importanza. Si tratta di rifiuti di tipo meccanico che eludono la sostanza della questione usando l’invettiva come scudo. Lo psicologo Nicola Artico mi aveva scritto giorni fa per darmi la sua interpretazione dei recenti comportamenti: «Ho visto giovani deputati fronteggiare con il proprio viso quello di un altro come lupi di rango superiore, ho letto insulti di un sessismo arcaico nutrito da pulsioni mai sopite, ho riconosciuto un noto cluster diagnostico: il narcisismo. Non voglio fare una diagnosi a distanza, ma il tema del narcisismo, clinicamente, evoca un mix coordinato come un senso grandioso di importanza, credere di essere speciali, e dunque di poter essere capiti solo da persone (o istituzioni) altrettanto speciali; avere la sensazione che tutto ci sia dovuto, esibire comportamenti arroganti. Più in generale manifestare incapacità di controllare gli impulsi. Ogni volta che si passa all’agito (violento), si è incapaci di dare parola a un’emozione, e costruire simboli, dunque cultura. Si passa all’atto con la negazione anche semantica del concetto di “parlamento”. Questa dimensione colpisce in giovani parlamentari che, in gran parte, s’erano proposti come il nuovo».
Non credo di esagerare definendo questi comportamenti fascismo inconsapevole in senso tecnico e storico. Nemmeno il fascismo movimento degli inizi tollerava obiezioni, anche loro preferivano l’azione, il grido, l’odore della polvere, a tacere d’altro. Un fascista vero come Francesco Storace diceva (con humour) «Il cazzotto sottolinea l’idea». Questi, che humour non hanno, usano l’ingiuria, che l’idea si limita a scansarla.
Prima di me, dalla Bignardi, aveva parlato il giovane deputato grillino Alessandro Di Battista. È un uomo d’aspetto gradevole, molto consapevole, molto compiaciuto, parla con calma, lanciando, soavemente, insulti terribili: quello è un falsone, quello è un condannato, quello è un pollo da batteria e via di questo passo. La sua calma mi è sembrata spaventosa; traspare la sicurezza di chi ritiene di possedere la verità. Dal punto di vista psicologico gli si addice l’immagine del “lupo di rango superiore” descritta da Artico. Ridurre i problemi a slogan orecchiabili per meglio padroneggiarli e che nessun dubbio incrini le certezze, dividere il mondo in due con un taglio senza sfumature.
Questi grillini, che rifiutano il bipolarismo elettorale perché non gli conviene, politicamente hanno adottato la visione rigidamente dualista dei manichei: la Luce e le Tenebre. C’è chi la proclama urlando, chi l’accompagna con gesti osceni, chi come Di Battista la dichiara soavemente. Immagino che con uguale soavità mi farebbe accompagnare al rogo, se potesse. Confesso: se fanatismo è, preferisco il fanatismo da energumeno del suo capo che sempre più spesso ci mostra di che cosa sia fatto il suo movimento, di che pasta siano molti suoi seguaci.
A quei seguaci, Grillo ha dato in pasto la presidente della Camera esponendola a una violenza senza precedenti nel mondo civilizzato che non diventa meno grave per essersi consumata solo sulla Rete.
da La Repubblica
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“Mi hanno ferita ma non ho paura questo è un attacco alla democrazia”. La presidente della Camera: la gogna dei 5Stelle ormai colpisce tutti, di Alessandra Longo
«Io, terza carica dello Stato, cui viene riservata, in quanto donna, una aggiuntiva e terrificante aggressione sessista. Lo ripeto: è in corso un attacco alla democrazia che riguarda anche la libertà di stampa. Mi riferisco ai giornalisti messi alla gogna sul blog di Grillo, al capogruppo Pd Roberto Speranza che si vede ostacolato l’accesso in sala stampa a Montecitorio. I cittadini l’hanno capito. Questo non è dissenso: questi sono atti violenti e intimidatori…». Alle nove della sera, Laura Boldrini è nel suo studio di presidente alla Camera. Ferita, indignata, decisa a non darla vinta a chi la sta massacrando: «Le ho lette le cose che hanno scritto sul blog di Grillo. E’ semplicemente orribile. Non discutono del mio operato. Essendo donna, gli insulti all’istituzione si traducono in volgarità a sfondo sessuale. Ed è meschino, patetico, che mi si venga a dire che i messaggi sono arrivati di notte e non li hanno potuti controllare! Questa roba girava da un giorno e mezzo e ogni giorno su
quel blog ci sono commenti di questo tenore fomentati da Grillo e mai nessuno li rimuove».
Non c’è più il sorriso aperto, lo stupore e l’entusiasmo di quando, nel marzo 2013, Laura Boldrini venne eletta presidente della Camera. Sembrano lontane nel tempo, e peccare persino di ingenuità, le sue parole nel discorso di insediamento: «Facciamo di questa Camera la casa della buona politica ». Oggi ci sono le cicatrici del combattimento quotidiano, la pressione per un clima insopportabile,
la preoccupazione per il Paese: «Vorrei che fosse chiaro a tutti il tentativo eversivo in corso. C’è chi parla di inesperienza, di reazioni violente dovute alla frustrazione di non incidere ma questa è un’altra cosa. Loro non sono in grado di usare gli strumenti democratici garantiti all’opposizione ». Loro, dice. Non riesce quasi a pronunciare il nome di chi le vomita contro cose irripetibili: «Loro hanno dimostrato l’incapacità di accettare il metodo democratico. Il Parlamento non è lo sfogatoio
della rabbia ma un luogo di confronto, di scambio dove si vota e si decide». Sì, ha deciso di usare la «tagliola», di garantire la votazione di quel decreto su Imu/Bankitalia: «Sarebbe stato più comodo scegliere di non usarla, la tagliola, peraltro adottata al Senato in altre occasioni. Alcuni di quelli che mi hanno eletto la pensavano così, era meglio non farlo. Ma io sono una figura di garanzia e mi sono assunta le responsabilità mie e anche quelle di altri». Un frontale inevitabile. Con i Cinque Stelle
paralizzati: «Loro non sono riusciti a far modificare il decreto e io ho risposto anche della rigidità dell’esecutivo ». Adesso arrivano gli insulti, le volgarità: «Cosa faresti in macchina con Laura?». Legge, si fa male, ma non si pente: «Credo di aver fatto la cosa giusta. Se non fossimo arrivati alla votazione del decreto, gli italiani avrebbero pagato la seconda rata dell’Imu. Non solo: sarebbe stato come ammettere che la Camera, per la protesta di una minoranza, non era più in grado di garantire il voto finale».
Il ruolo comporta sacrifici, responsabilità, sovraesposizione. Ma certo nulla può giustificare il profluvio di oscenità che le è stato riservato, «lo stupro simbolico», come lo chiama Vendola, colui che l’ha portata — merito o generosa trappola — in Parlamento. Con i suoi collaboratori la presidente si sfoga: «Quello che succede mi addolora moltissimo, sto svolgendo un servizio pagando un alto prezzo personale. Sono cose che ti fanno assorbire negatività… «. Ciò nonostante la signora è di carattere. Ieri sera era al suo posto, occhiali inforcati, a leggere gli insulti, le minacce di stupro, e valutare querele. E a ricevere centinaia di telefonate di sostegno: «Ringrazio tutti quelli che fanno quadrato, le parlamentari e i parlamentari di tanti partiti, le associazioni, le persone, un fronte di alleanza democratica contro quello che è un tentativo eversivo». Uno si chiede se non ne ha abbastanza, se la pressione è troppa: «Ne ho abbastanza delle insolenze ma questo mi carica ancora di più. C’è ancora più bisogno di tenere il punto, di fare fronte democratico. Non mi fermeranno, non cederò di un millimetro. Io vado avanti, tenendo fede all’impegno che mi sono presa di rafforzare e rendere più trasparenti le istituzioni». Il suo motto? «Continua a essere lo stesso: “Facciamo della Camera la casa della buona politica”».
da La Repubblica