Giorno: 29 Maggio 2014

"Parte la fase 2 del governo la nuova road map di Renzi “Subito il decreto Expo ecco i poteri per Cantone”, di Goffredo De Marchis e Liana Milella

Per questo, a Palazzo Chigi, Renzi e i suoi collaboratori stanno ragionando sulla road map del dopo voto. Partendo da una scommessa vinta, quella dell’Expo del 2015. In campagna elettorale il premier ci “aveva messo la faccia” nonostante le inchieste devastanti della procura. Grillo gli aveva risposto a modo suo proponendo di mandare tutto a monte. È finita col Pd al 40 per cento e il Movimento 5stelle al 21. L’esecutivo farà subito il decreto «per dare i poteri a Raffaele Cantone» permettendogli di vigilare sulla trasparenza e gli appalti di Milano. E «amplieremo le competenze dell’anticorruzione ». Subito significa tempi brevissimi. Il consiglio dei ministri di domani ancora in preparazione, forse. Al massimo, vista la complessità del testo, quello della prossima settimana. La prima mossa sarà quella di completare la squadra dell’Autorità nazionale. Proprio in queste ore, a palazzo Chigi, si stanno valutando gli identikit dei quattro componenti che andranno ad affiancare Cantone nella sua caccia agli appalti sporchi e alla violazione della trasparenza. Massimo riserbo sui nomi che andranno nella struttura di piazza …

Franceschini: “Non sparate sul marketing della cultura torneremo ad assumere”, di Francesco Erbani


È appena un varco. Nel decreto cultura varato dal Consiglio dei ministri, che è in attesa degli ultimi passaggi formali, spunta una norma che consente a musei, biblioteche, archivi di assumere a tempo determinato giovani laureati in storia dell’arte e in altre discipline. E ciò in deroga ai limiti imposti alle amministrazioni diverse dai beni culturali. Niente più che uno spiraglio di luce, occorre aspettare per capire quanto grande, in strutture che però già impiegano tanti precari, dove il personale è scarsissimo e quello che c’è supera, in media, i 55 anni. È comunque una misura che il ministro Dario Franceschini inserisce in quelle che vorrebbe riportassero la cultura al centro di una politica assolutamente distratta. «Quando ha governato il centrodestra, lo slogan era “con la cultura non si mangia”, ma anche il centrosinistra ha responsabilità. Io ho voluto occuparmi di questo ministero perché credo che i beni culturali siano ossigeno per le menti, l’anima e anche per l’economia». Di nuovo l’analogia con il petrolio? «Ho detto ossigeno. Il petrolio è una risorsa che si …

"Quei partiti nel nome del Padrone", di Massimo Adinolfi

La parabola del Movimento cinque Stelle e quella, ancora più malinconica, di Forza Italia, si presta, prima ancora che all’analisi politica, a quella metafisico-linguistica (addirittura!). Se c’è infatti una cosa che non è possibile sostituire è il nome proprio. Ci chiamiamo così, con nome e cognome, dal primo all’ultimo dei nostri giorni, e anche oltre, perché tale resterà il nostro nome – insostituibile – perfino sulla lapide che di noi tramanderà il ricordo «per saecula saeculorum» (almeno me lo auguro). Un simile miracolo sembra che riesca al nome, e al nome soltanto. E da sempre filosofi e poeti, teologi e letterati, stregati dal nome proprio, sognano di poter indicare le cose, tutte le cose, con una simile, univoca determinatezza. E però: altro che paradiso del linguaggio! Se tutti i nomi fossero propri, individuali, esclusivi, se non vi fosse più nulla in comune fra di essi, il linguaggio si frantumerebbe in tanti pezzi incomunicabili fra loro e, molto semplicemente non sarebbe più un linguaggio, una «comunità» di parole e discorsi (se avete tempo, fate la prova, …

Quel che Renzi può chiedere a Bruxelles", di Mario Deaglio

Per una singolare coincidenza, pochi giorni dopo una consultazione elettorale che ha cambiato il modo in cui si fa politica in Italia, è stato pubblicato un documento ufficiale che analizza come è cambiata l’Italia. Si tratta del «Rapporto Annuale» dell’Istat, una fotografia ufficiale costruita con statistiche di prima qualità, non con sondaggi frettolosi, una ricognizione di quel che è successo al Bel Paese nel corso della crisi e di come ne sta uscendo. Partiamo dalle famiglie: l’Istat documenta sei anni consecutivi di caduta del loro potere d’acquisto e sin qui si tratta di un’osservazione arcinota. Meno noto è che questo periodo di crisi si può dividere molto chiaramente in due parti. Dal 2008 fino a metà del 2012 le famiglie italiane hanno cercato di mantenere i livelli di consumi ai quali erano abituate e pur di ottenere questo risultato hanno ridotto fortemente il risparmio. Da metà 2012 a fine 2013 è successo l’esatto contrario: i redditi sono, in media, scesi più lentamente oppure hanno smesso di scendere ma questo non si è tradotto in un …

"I giovani se ne vanno e la povertà si allarga", da L'Unità

Un Paese in stallo, dove la recessione lascia sul tappeto 6,3 milioni di persone senza lavoro. Il Rapporto Istat 2014, presentato dal presidente Antonio Golini, fotografa un Paese che ancora non riesce a ripartire, ed è sempre più frammentato: il Sud aumenta ulteriormente la distanza dal resto del Paese, la disuguaglianza rimane consistente, la povertà aumenta, solo il 30% delle imprese negli ultimi due anni ha migliorato occupazione e fatturato, l’occupazione femminile migliora, ma solo perché servono più baby sitter e badanti per supplire alla cronica inadeguatezza dei servizi sociali. E l’Istat informa che ci vorrebbero 15 miliardi per ridurre la povertà. Dall’inizio della crisi, l’occupazione ha conosciuto solo il segno meno, e nell’ultimo anno il calo è stato ancor più marcato: nel 2013 l’occupazione è diminuita del 2,1% (-478mila). In 2,3 milioni di famiglie lavorano solo le donne. Tra disoccupati (3 milioni e 113mila) e persone che sarebbero disposte a lavorare (3 milioni e 205mila) nel 2013 si contano 6,3 milioni di «potenzialmente impiegabili», uno spreco di risorse colossale che riguarda soprattutto i giovani. …

"Istat, autoritratto di un’emergenza", di Federico Fubini

Se siamo di nuovo al 1929, non è perché un altro panico di borsa sembri alle porte o si profili un’altra Grande depressione dopo la traversata del deserto di questi anni. No, è più semplice di così. Vale oggi ciò che disse allora John Maynard Keynes dopo una tornata elettorale segnata da più del 10 per cento di disoccupazione. Con questi tassi di povertà, non si può sprecare neanche un penny di denaro pubblico che deve raggiungere chi più ne ha bisogno. Allora aveva votato la Gran Bretagna, domenica scorsa lo hanno fatto l’Europa e l’Italia. Ma le parole di Keynes devono suonare attualissime al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan o a quello del Lavoro, Giuliano Poletti, quando ricordano che un Paese in emergenza sociale ha bisogno di usare al meglio tutte le risorse che ha. Ieri l’Istat ha spiegato perché: tre milioni di famiglie in condizioni di povertà, nascite ai minimi da vent’anni, centomila giovani emigrati dall’Italia in cinque anni sono peggio che una situazione intollerabile. Sono la promessa che essa proseguirà: un Paese …