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"Fondo per l’editoria: per la stampa di idee una boccata di ossigeno Ma restano i rischi", di Roberto Monteforte

Il governo Monti rifinanzia il Fondo per l’editoria «assistita» che sale a 120 milioni. Fammoni (Cgil): è solo una boccata d’ossigeno. Per Mediacoop il rischio chiusura resta. Siddi (Fnsi) chiede una riforma a tutela del pluralismo. Una boccata d’ossigeno. Questo rappresenta il rifinanziamento del Fondo per l’editoria deciso giovedì sera da Palazzo Chigi con il decreto della presidenza del Consiglio che ha portato a oltre 120 milioni le risorse disponibili per il 2012 e relative alle spese sostenute l’anno precedente. È solo il primo passo.
Lo scorso anno erano stati 150 i milioni disponibili. L’anno prima 180. Per quest’anno per l’editoria assistita erano previsti solo 47 milioni di euro. Con quella cifra sarebbe stata morte sicura per molte delle cento testate non profit, cooperative, politiche e di idee alle quali è indirizzato il finanziamento pubblico diretto. Sono oltre quattromila i dipendenti che avrebbero potuto perdere il posto del lavoro. Quanto l’allarme fosse vero lo testimonia la chiusura di Liberazione, di Terra, de L’Informazione-Il Domani di Bologna e di altre testate cooperative e non profit. Il Manifesto è sotto il controllo di un commissario liquidatore.
Malgrado quei 120 milioni il destino dell’intero settore è ancora a rischio, perché quell’importo va a copertura di quanto le aziende editoriali hanno già speso nel 2011, prevedendo finanziamenti almeno del 15 per cento superiori. Non compensano i tagli dragoniani già imposti dal governo Berlusconi e poi confermati dall’esecutivo del professor Monti. Sulle aziende del settore pesano, infatti, sia i tagli retroattivi ai bilanci 2010 che quelli ai bilanci 2011. «Era un provvedimento lungamente atteso che però ancora non allontana lo spetto della chiusura di un centinaio di testate, in quanto copre solo parzialmente spese già fatte nel 2011 e quindi costi non comprimibili», lo conferma Lelio Grassucci presidente onorario di Mediacoop, che rappresenta le testate cooperative. Certo, qualcosa si è mosso grazie all’iniziativa incessante delle redazioni coinvolte, dei loro direttori, del Comitato per la libertà di informazione e del pluralismo, della Federazione della Stampa e dei sindacati, della stessa Mediacoop e delle altre sigle del mondo cooperativo e grazie, soprattutto, all’intervento del capo dello Stato Napolitano sulla linea «il pluralismo va tutelato nel rigore».
Così finalmente si è dato seguito all’impegno assunto dal governo Monti durante il dibattito parlamentare sulla recente Finanziaria. Sono circa 50 i milioni che dal cosiddetto «Fondo Letta» vanno ad irrobustire quello per l’editoria. Lo aveva preannunciato il sottosegretario Paolo Peluffo che ha anche rastrellato altri 23 milioni da risparmi della pubblica amministrazione. Ma è solo il primo passo. Lo sottolinea Fulvio Fammoni (Cgil): «Deve essere chiaro che i problemi non sono risolti e che comunque non si è trattato di un regalo commenta -. Si è riparato piuttosto ad un grave problema economico e di libertà di informazione che avevamo ereditato dal governo precedente». Fammoni ricorda l’impegno di quanti «hanno continuato a tenere viva l’iniziativa, insieme a molti parlamentari, anche quando tutto sembrava compromesso». Insomma la «lotta paga». «Ora però conclude non ci si deve fermare. Dobbiamo subito rimetterci al lavoro affinché non ci si ritrovi alla fine del 2012 nelle stesse condizioni di quest’anno». Quello che serve è la riforma del settore e la definizione di criteri rigorosi nella ripartizione delle risorse che «garantisca la libertà di informazione e che elimini le tante distorsioni ancora esistenti».
ORA I NUOVI CRITERI
È su questo che insiste anche Mediacoop, che indica come prossima tappa «il decreto per la trasparenza e la migliore finalizzazione delle risorse». Tra i nuovi criteri vi saranno le vendite in edicola e il numero dei dipendenti regolarmente assunti. C’è chi ipotizza anche un sostegno agli investimenti sul web. Di finanziamento ancora «parziale» parla anche il segretario Fnsi, Franco Siddi, che insiste sull’esigenza di una «puntuale svolta nella definizione rapida dei nuovi criteri di finanziamento, affinché ciascun soggetto beneficiario possa fare i conti per tempo». Ciò che va evitato è quanto è avvenuto nel 2011, con aziende che hanno sospeso l’attività perché non sapevano fino a qual punto avrebbero potuto godere ancora dell’aiuto pubblico. La Fnsi chiede una riforma a tutela del pluralismo e che «i fondi pubblici vadano a giornali veri, con giornalisti veri, con un minimo di rapporto con il pubblico».

L’Unità 03.03.12