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L’invasione degli edili «Vogliamo più tutele», di Jolanda Buffalini

È antico e smart il corteo unitario degli edili che si snoda dalla Bocca della verità al Colosseo, il primo di una giornata campale per Roma. Antico per i volti con l’abbronzatura del cantiere, le bandiere sindacali ed i fischietti, smart perché se smart-city significa sviluppo eco sostenibile e green-economy, inclusione sociale e interetnica, allora gli edili sono protagonisti: italiani e albanesi, tunisini, romeni, moldavi, africani dalla pelle nera, l’Italia dei lavori faticosi è la più integrata: il 23% del settore è straniero, tanti i delegati sindacali che hanno imparato l’italiano come seconda lingua. E nella loro piattaformac’è la crescita sostenibile, la riqualificazione energetica degli edifici, la messa in sicurezza delle scuole, non la cementificazione e il consumo del territorio. La loro è «una manifestazione di proposta non di protesta». E insieme ai sindacati di categorie ci sono Cgil, Cisl, Uil con i segretari generali, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti. Per dare più forza alle richieste di un settore che per uscire dalla crisi ha bisogno dell’impegno del governo: per sbloccare il patto di stabilità e consentire ai comuni di pagare le imprese che hanno già lavorato e non riescono a pagare i loro operai. Perché, spiega Walter Schiavella, segretario Fillea Cgil, ci vogliono «investimenti per legare il Nord e il Sud del Paese, per contrastare il dissesto idrogeologico». «Va bene – dice Antonio Corneale (Feneal Uil) – la Tav in Val di Susa, ma perché è ferma la Salerno Reggio Calabria? ». Soprattutto, stanno a cuore due questioni: il lavoro edile è precario e discontinuo per sua natura, ed è un lavoro usurante. Tutto questo influisce su ammortizzatori sociali e pensioni. Susanna Camusso parla della trattativa in corso con il governo: «Vaunpo’ meglio, avevano cominciato con il dire che non ci sono risorse, ora le stanno cercando. I soldi per gli ammortizzatori si potrebbero prendere dai patrimoni». «Come si fa – chiede Schiavella – a pretendere che l’edile stia sulle impalcature a 67 anni, mettendo a repentaglio la sicurezza sua e quella degli altri?».Ec’è la discontinuità, chiuso un cantiere l’edile è disoccupato, spiega Domenico Pesenti (Filca), «gli edili che fanno un alvoro pesante finiscono per pagare la pensione a chi ha fatto un lavoro più leggero». In testa al corteo le bandiere sono listate a lutto in ricordo di Luigi Termano, 26 anni, morto alla vigilia della manifestazione per la caduta in un pozzo di 30 metri, nel cantiere del Metrò C a Roma, lo ricorda Giuseppe Scavello, che come Luigi lavora alla Cogedi, nel cantiere della metropolitana, e gli sale un singhiozzo quando dice «fino a due giorni fa scherzava con noi» e chiede un minuto di silenzio. Quando la testa si avvicina al palco, ancora tanti sono in fondo all’altezza del Velabro, dove la colonna sonora sono le canzoni di Lucio Dalla: Anna e Marco indossano un caschetto rosso da edili. Sono arrivati da tutta Italia, Rimini e Palermo, Salerno e il Nord Est, muratori e cavatori, oppure quelli che arrivano dalle fabbriche del cemento e degli arredi. Un mondo in crisi che ha perso negli ultimi anni 300.000 posti di lavoro. La Filca del Veneto ha fatto un volantino che rappresenta con delle lapidi le aziende che hanno chiuso nell’indifferenza nel ricco locomotore dell’economia italiana; ne hanno contate 25, fra cui la ditta Giacomelli che aveva 82 anni di attività e 110 dipendenti, la ditta Grande arredo, 52 anni di attività e 103dipendenti mandati a casa, Salviato, 170 dipendenti, M2, Europan. Sono le aziende più strutturate, quelle che rispettano le regole, «quelle che soffrono di più la crisi», dirà il segretario generale di Filca CislDomenico Pesenti. Monica Bessaro (Treviso): «Il problema non è l’articolo18mala corruzione, l’evasione, le tangenti, il fisco troppo pesante sulla busta paga». In edilizia si licenzia ad ogni «fine cantiere», dice Schiavella, «è la prova provata che non è l’articolo 18 a impedire la crescita, ma la mancanza di tutele, la deregulation che favorisce caporalato e lavoro nero». Parla dal palco il disoccupato (cantiere Tav Napoli) Mautone e si rivolge al quasi omonimo viceministro Martone: «Da questo umile operaio edile è nata una principessa, mia figlia ha due lauree e 28 anni. Sulla carta non è una sfigata ma rischia di non trovare lavoro, forse a causa di una consonante che fa la differenza». Parla un operaio albanese delegato dell’Umbria e ricorda qual è l’essenza del razzismo: le braccia da sfruttare. E chiede, per contrastare il caporalato, l’abolizione della Bossi-Fini e dei Cie, la patente a punti per le imprese che rispettano le regole. Chiude citando Che Guevara: «Fino a quando il colore della pelle non sarà come il colore degli occhi continueremo a lottare ».

L’Unità 04.03.12

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“L’edilizia in piazza contro la crisi”, di R. GI.

Erano trentamila (numeri «veri», non gonfiati come si fa di solito, hanno detto gli organizzatori) i lavoratori edili che hanno partecipato alla manifestazione nazionale a Roma, organizzata dai sindacati di categoria Fillea-Cgil, Filca-Cisl, Feneal-Uil. Una giornata di protesta indetta per denunciare la gravissima crisi che da quattro anni sta annientando il settore delle costruzioni, che dal 2008 ha perso quasi 400.000 posti di lavoro e ha registrato migliaia di fallimenti di imprese. Una protesta di fatto condivisa anche dalle imprese, che con una nota dell’Ance ha espresso il suo appoggio alle richieste delle organizzazioni sindacali, affermando che «stiamo denunciando da tempo la gravissima crisi nella quale ormai versa senza alcun segnale di ripresa uno dei settori più importanti dell’economia del Paese», e che dunque «l’Ance condivide i motivi che hanno spinto Filca-Cisl, Fillea-Cgil e Feneal-Uil a indire una manifestazione di protesta».

Alla testa del corteo – che ha percorso un breve tratto il centro storico di Roma concludendosi al Colosseo – i rappresentanti dei lavoratori della Metro C di Roma, che con il lutto al braccio hanno ricordato Luigi, il giovane lavoratore morto venerdì, l’ennesima vittima delle morti bianche sul lavoro. Più dietro – a simboleggiare la morte del lavoro edile, strangolato dalla crisi e dal taglio degli investimenti da parte dei governi di questi anni una specie di corteo funebre con tanto di bara e lumini. Ancora dietro, delegazioni provenienti da tutta Italia.

«Come noto, il settore delle costruzioni è sempre stato il classico settore anticiclico ha detto nel comizio finale il segretario generale Cgil Susanna Camusso – Per questo, se non riparte questo settore non è vero che riparte la crescita. Ed è questa la ragione per cui chiediamo che si riparta con gli investimenti». Anche perché secondo Camusso con il governo Monti «si continua in una politica fatta di rigore monetario e politiche di bilancio e non di politiche per la crescita. Chi pensa che da situazione crisi come questa si possa uscire senza uno sforzo pubblico che orienti e determini gli investimenti dice una cosa che non è vera». Insomma, liberalizzazioni e nuovo mercato del lavoro «sono cose necessarie ma – ha concluso non quello che mette in moto il paese». Per il leader della Cisl Raffaele Bonanni «quando l’edilizia va, il paese va. È la leva per riprendere l’economia». E al premier Mario Monti, «che vuole essere europeo», la richiesta «di fare una norma europea: abolisca il sistema del massimo ribasso, che è l’anticamera degli interessi mafiosi». «Questo governo ha cambiato l’immagine del Paese ma non la sua realtà – ha detto il numero uno Uil Luigi Angeletti – l’immagine è importante perché devono prestarci i soldi ma la sostanza non è per nulla cambiata. Ora serve una politica per la crescita che non può non partire dal settore edile».

La Stampa 04.03.12