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«Tav, è una questione di democrazia. Attenti ai fuochi pericolosi», intervista a Pier Luigi Bersani di Simone Collini

Bene la «prima risposta» arrivata dal governo, «ora bisogna leggere la realtà un po’ più nel profondo». E poi, guardando al 2013, nessuna grande coalizione: «Democrazia significa confronto politico, con i cittadini che scelgono chi debba governare». E democrazia, dice Pier Luigi Bersani, significa anche «rispettare le decisioni prese attraverso meccanismi di rappresentanza e partecipazione». Parole non casuali. Il segretario del Pd parla mentre sono in corso manifestazioni dei No Tav in tutta Italia: «Si stanno accendendo fuochi pericolosi. Su questo tema il Parlamento deve discutere, va pronunciata una parola chiara».
Altra spina per un governo che deve affrontare non poche emergenze: un primo bilancio, dopo 100 giorni? «Una prima risposta è venuta, basta guardare alla credibilità internazionale di cui ora gode l’Italia, al linguaggio di verità a cui si ricorre, alle misure coerenti con la situazione da affrontare. Ora bisogna leggere la realtà un po’ più nel profondo». Cosa intende dire?
«La crisi picchia duro, nel corpo sociale ci sono paure e tensioni molto forti. Con lo stesso piglio con cui il governo è intervenuto sulle regole, sulle pensioni, intervenga per dare stimoli all’economia. Sugli esodati, persone che non avranno né stipendio né ammortizzatori sociali né pensione, il governo deve dire una parola chiara. Ci sono problemi da affrontare che riguardano la crisi industriale, le piccole imprese, gli enti locali. Pur nell’equlibrio dei conti pubblici, servono iniziative per lo sviluppo, con un occhio sempre attento alla questione sociale».
A proposito di enti locali, sindaci chiedono al governo di rivedere il patto di stabilità: cosa ne pensa? «Che è una battaglia sacrosanta. I sindaci sanno benissimo che c’è un problema di rigore ma sanno anche che il patto di stabilità contiene delle irrazionalità evidenti. I Comuni andrebbero vincolati su saldi di bilancio, non sulle singole voci. Bisogna dar loro la possibilità di far partire un po’ di investimenti. Di fronte alla crisi, i Comuni possono essere una parte della medicina, non li si può considerare la malattia».
I comuni come la “medicina” ma avete più volte affermato che il problema si affronta in una dimensione tutt’altro che locale, quella europea. «E continuiamo a pensarlo. Ma va rivista la politica europea. Anche la firma del Fiscal compact lo dimostra: appena è stata siglata l’intesa due paesi, uno comprensibilmente, la Spagna, e uno inaspettatamente, l’Olanda, hanno dovuto registrare che l’equilibrio dei conti economici non è compatibile con l’acuta recessione in atto. Il problema di fondo è attuare politiche economiche che diano il via a dinamiche antirecessione e per lo sviluppo. La crescita è il punto, ma non basta dirlo a parole, servono politiche concrete».
Il 17 lei firma a Parigi insieme a Hollande e a Gabriel una piattaforma programmatica comune sulle politiche europee: il senso dell’operazione?
«Lavorare per un’Europa che metta al centro equità, solidarietà, crescita e che abbia più fondamento democratico. Non si può solo puntare su politiche di contenimento e rigore senza mettere in moto dinamiche positive, espropriare i poteri nazionali senza basarsi su meccanismi di rappresentanza democratica. Se si continua così la questione diventa molto seria». C’è chi ha visto in questa operazione condotta con i vertici dei socialisti francesi e tedeschi il tentativo di fare del Pd un partito socialdemocratico.
«Il Pd va a Parigi con la sua voce, quella di un partito che riassume in sé culture socialiste, cattoliche, ambientaliste, liberaldemocratiche. E va lì e discute dando un impulso ad allargare la prospettiva progressista europea, sapendo che noi siamo portatori di una sensibilità particolare sui temi ambientali, del lavoro, sulle liberalizzazioni, sulla partecipazione e sul rapporto aperto con i movimenti. Noi vogliamo una piattaforma progressista firmata da tutti quelli che combattono contro la destra liberista, che in questi anni ha massacrato i singoli stati e l’Europa, una piattaforma che metta assieme culture anche diverse, senza settarismi, per inaugurare una battaglia elettorale che si giocherà in Francia, Italia, Germania».
In Italia c’è chi non vorrebbe nel 2013 una battaglia ma una grande coalizione guidata da Monti: il suo giudizio? «Il Pd in nome dell’Italia ha sostenuto un passaggio di transizione e di emergenza e in nome dell’Italia il Pd con altrettanta convinzione vuole costruire una democrazia riformata sì ma normale, dove il confronto politico possa esserci, i cittadini possano scegliere e la politica abbia il suo ruolo. Naturalmente, e questa è una novità che è molto coerente col Pd, dobbiamo immaginare una politica che parli di un progetto per il paese e abbia la capacità di sostenere una maggioranza e un governo in modo stabile, solido e univoco e non di una politica che produca il Cencelli o l’incompetenza al governo».
Qual è il progetto per il paese con cui il Pd si candida a governare?
«Per noi al centro del programma c’è il lavoro e un equilibrio sociale basato sulla redistribuzione. E c’è un’idea di democrazia rappresentativa riformata, non populista, saldamente costituzionale».
E gli alleati con cui vi candidate a sostenere il governo in modo “stabile, solido, univoco” chi sarebbero?
«Il baricentro è un centrosinistra di governo, che non si fa a tutti i costi. Deve avere coerenza sul programma e dare garanzia di stabilità. Chiederemo poi che questo centrosinistra si rivolga a forze civiche, moderate, che abbiano un’altra idea rispetto a quella populista mostrata dal centrodestra in tutti questi anni».
Il centrosinistra è Pd più Di Pietro e Vendola. Che sulla Tav hanno espresso posizioni diverse dalle vostre…
«Il problema non sono temi che dividono, ma avere dei meccanismi che garantiscano una soluzione. Se si pretende di governare insieme si possono anche avere opinioni diverse ma poi ci vuole una regola vincolante». Ad esempio?
«Dei gruppi parlamentari che su alcuni temi decidano a maggioranza e si comportino di conseguenza». Rimanendo alla Tav: perché non la convince la proposta di moratoria sostenuta da Vendola e Di Pietro?
«Qui c’è un problema che non riguarda una ferrovia ma cosa intendiamo per democrazia. Che è un sistema inventato per decidere attraverso meccanismi di rappresentanza e di partecipazione. Sulla Tav c’è stata un’ab-
bondanza di passaggi istituzionali democratici che vanno rispettati. Tutto il paese è investito da fenomeni che vanno sorvegliati e su cui va pronunciata una parola chiara. Non si può non vedere che è in corso sotto il titolo Tav, che c’entra fino a un certo punto, una sequenza che abbiamo già conosciuto».
Quale?
«Davanti a un problema, o in buona fede o per opportunismi più o meno pelosi, si mette in scena una battaglia alla Davide contro Golia. Da lì si passa alla sopraffazione del potere e quindi alla giustificazione della violenza cosiddetta resistente. A questo punto si inseriscono organizzazioni violente che non sanno nulla di ferrovie ma che hanno il loro folle disegno, che naturalmente si scagliano contro i riformisti. L’esito finale è che nell’opinione pubblica si determinano riflessi conservatori e autoritari. Questa sequenza l’abbiamo già vista, e ha portato anche a drammi sanguinosi. Si stanno accendendo fuochi molto pericolosi. Per questo abbiamo chiesto che il Parlamento discuta e pronunci una parola chiara».
A proposito di Davide contro Golia: è lo slogan di chi sfida la Borsellino… «Ho girato per Palermo e di Davide ne ho visti pochi. Ho visto una campagna molto impegnata, con visibilità da parte di tutti i candidati. Mi aspetto una grande partecipazione e i cittadini decideranno per il meglio. L’obiettivo sono le amministrative e il Sud e Palermo hanno bisogno di una riscossa civica e di dare un messaggio al resto d’Italia di forte impegno civico. Per questo ho chiesto a Rita Borsellino di partecipare alle primarie».
La Magneti Marelli ha smantellato le bacheche con l’Unità: la cosa che più l’ha colpita, passata una settimana? «A parte l’atto in sé, inconcepibile, trovo consolante la reazione molto larga che c’è stata, mentre mi sarei aspettato di sentire il pensiero di qualche liberale come De Bortoli, come Padellaro. Che venga impedito a dei lavoratori di esprimersi e di informarsi è una questione che non riguarda solo i sindacati o un singolo giornale».

L’Unità 04.03.12

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Bersani: “Bloccare la Tav non è democratico”, di Giovanna Casadio

«Attenzione a non accendere fuochi pericolosi». Bersani è preoccupato. Il segretario del Pd sulla protesta no-Tav lancia l´allarme e chiede il rispetto dei passaggi democratici e istituzionali che sull´opera in Val di Susa «ci sono già stati».
Parole scelte con cautela. Però per nulla accondiscendenti con il movimento. «C´è un problema che non riguarda la ferrovia – avverte Bersani – ma cosa intendiamo per democrazia, che è sì quel sistema inventato per decidere attraverso meccanismi di rappresentanza e partecipazione. Tutti passaggi che sulla Tav ci sono già stati». Aggiunge: «C´è una protesta legittima, ma se da lì si passa alla giustificazione della violenza cosiddetta resistente, c´è il rischio che si inseriscano organizzazioni violente che non sanno nulla di ferrovia ma hanno il disegno di scagliarsi contro i riformisti». I Democratici chiedono poi che si discuta una mozione in Parlamento sulla Tav: non per riparlare daccapo del progetto, bensì per stabilire le compensazioni per tutta l´area. E affinché «si dica una parola chiara».
Nessuna tentazione di moratoria, comunque. Ironizza Roberto Della Seta: «La Tav è l´unico argomento su cui il Pd va d´accordo». Della Seta con gli altri ecodem ha una posizione filo moratoria. Alle manifestazioni del movimento no-Tav non è andato e anzi lo critica come «inaccettabile». Ma ribadisce: «La Tav non è un atto di fede, è legittimo dissentire, anche nel Pd che fino a prova contraria non è una chiesa. Mi auguro che il governo faccia un passo di saggezza e sottoponga a una nuova verifica il progetto». Pensata un decennio fa, è ancora utile? O non rischia di essere più uno spreco che un beneficio? È la posizione dell´appello per la moratoria promosso da don Ciotti e firmato da Vendola, da De Magistris, dal sindaco di Bari, Emiliano (Pd), dall´Arci e Legambiente. Anche Di Pietro chiede di riaprire un tavolo tecnico fermando i lavori.
Non ce n´è motivo. Di certo, non per ragioni ambientali, secondo il ministro dell´Ambiente, Claudio Clini. «Non sono le ragioni ambientali all´origine della protesta – sostiene – il tracciato drasticamente modificato rispetto alla versione originale grazie ai suggerimenti e alle pressioni delle popolazioni». Sostiene che «si è tenuto conto in maniera puntuale, quasi ossessiva, di tutte le precauzioni ambientali che erano state indicate per evitare un impatto negativo». Contrattaccano i Verdi di Bonelli: «Clini non conosce gli atti del suo ministero». Ricordano i due ricorsi al Tar da parte delle associazioni ambientaliste. Denunciano la progettazione deficitaria.

La Repubblica 04.03.12