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“AAA. Cercasi tesoretto per gli ammortizzatori sociali”, di Gianmaria Pica

Dove trovare le risorse per estendere gli ammortizzatori sociali anche alle categorie oggi non coperte? Lo Stato è in grado di accollarsi il costo del sussidio di disoccupazione per i precari? E a quanto ammonta questo onere? Ecco tutte le ricette di politici, giuslavoristi e sindacalisti.
La trattativa della riforma del lavoro è sospesa. Il dialogo tra parti sociali e governo riprenderà la prossima settimana, in attesa del rientro da New York del segretario della Cgil Susanna Camusso – che parteciperà all’assemblea dell’Onu sulle donne – e della manifestazione nazionale organizzata dalla Fiom contro la Fiat, l’esecutivo Monti e l’ipotesi di modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ma il tavolo di discussione si è arenato anche per dar tempo al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, di trovare le risorse da destinare agli ammortizzatori sociali. Senza soldi è difficile portare a termine la riforma. Dunque, dove trovare i fondi? Le soluzioni sono diverse. Vediamo.
Naturalmente le ricette tracciate da politici – anche appartenenti allo stesso schieramento -, giuslavoristi e sindacalisti sono contrastanti. E se il Popolo della libertà non ha ancora preso una posizione, il Partito democratico ne ha addirittura troppe. Per esempio, il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, propone di sfruttare la crisi per riformare gli ammortizzatori. Letta non entra nel merito sul reperimento delle risorse, ma invita il governo a pronunciarsi celermente sulla questione. Invece, non lascia dubbi la teoria del responsabile economico del Pd Stefano Fassina. La sua tesi è chiara: si può «mettere da parte un po’ degli ingentissimi risparmi generati dalla riforma delle pensioni». Un proposta sostenuta anche da Tiziano Treu, giuslavorista e senatore democrat. Treu, però, va oltre: «Sì alla destinazione agli ammortizzatori delle maggiori risorse derivanti dalla riforma delle pensioni, ma – spiega al Riformista – altri fondi si possono reperire facendo pagare un po’ di più gli enti bilaterali di formazione», cioè quegli strumenti aziendali, fondamentali del sistema delle relazioni sindacali, con l’obiettivo di risolvere le problematiche collegate al mondo del lavoro. Il Pdl non ha suggerimenti da fornire alla Fornero, anche se tra qualche giorno Maurizio Sacconi, ex ministro del Welfare nell’ultimo governo Berlusconi, proporrà di destinare i soldi risparmiati con la riforma previdenziale come incentivo per un’assicurazione pensionistica complementare obbligatoria.
L’ipotesi di destinare il “tesoretto pensionistico” – circa 20 miliardi all’anno – a cassa integrazione e sussidi di disoccupazione trova l’ok di Raffaele Bonanni, leader della Cisl. Ma per Uil e Cgil i fondi si possono cercare altrove. Secondo la Camusso, considerando anche la resistenza dello Spi-Cgil, le risorse per un paracadute sociale universale si possono trovare con «una patrimoniale e con le maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale». Anche Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, afferma che si potrebbe «attingere dai soldi recuperati dall’evasione fiscale, passati dai 10 miliardi di euro del 2010 ai 12 del 2011».
Troppe ipotesi in campo? Per l’economista Carlo Dell’Aringa, docente all’università Cattolica di Milano, è comunque «inevitabile l’apporto di maggiori contenuti» per realizzare la riforma degli ammortizzatori, e quindi «che vengano dai risparmi della riforma delle pensioni, o dalla patrimoniale, o da altre strade ancora, l’importante è che fonti alternative vengano trovate». «Per una riforma efficace e di medio-lungo periodo -sottolinea il professore – non si può caricare ulteriormente il costo del lavoro, che va diminuito per concorrere con gli altri partner europei, e vanno trovate fonti alternative». E riformare gli ammortizzatori sociali serve «per mantenere la coesione sociali, necessaria per la sfida della crescita -conclude- che il governo Monti deve affrontare».

Il Riformista 06.03.12