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“L’annus horribilis di Mediaset”, di Giovanni Cocconi

Bilancio 2011 il peggiore del decennio. I nodi: l’asta “aperta” e la nuova Agcom. Se sarà un’asta non andrà deserta. Quello che già a fine gennaio un report di Mediobanca avevo messo nero su bianco ormai lo pensano in tanti. Se il governo Monti deciderà di “smontare” il beauty contest delle frequenze tv, per ora congelato, e di bandire una vera e propria asta competitiva, anche gruppi media stranieri e operatori tlc potrebbero partecipare e la stessa Mediaset non potrebbe disertarla.
Il giorno dopo il colloquio tra Fedele Confalonieri e Mario Monti non è difficile spiegare il nervosismo del Biscione sulle possibili mosse del governo. Il bilancio che archivierà il 2011 sarà probabilmente per la Mediaset italiana il peggiore degli ultimi dieci anni, con un utile netto previsto attorno ai 200 milioni, molto al di sotto dei 350 del 2010 e dei 269 di due anni fa.
Un dato che si spiega con una flessione della pubblicità di circa il 4 per cento e una crescita dei costi del 3. L’allarme lanciato da Confalonieri sui possibili tagli all’occupazione è suonato come una sorta di ricatto a un governo che deve decidere se regalare o meno le frequenze tv al gruppo.
Ma le difficoltà di Mediaset non sono un’invenzione, anche se per gli analisti le responsabilità sono da attribuire anche al management che non ha mai saputo incidere sulla base dei costi come hanno fatto gli altri gruppi televisivi.
Il periodo delle vacche grasse è alle spalle, e in azienda già un paio di anni si fa maggiore attenzione ai costi su produzioni, diritti, compensi delle star.
L’austerity potrebbe scattare da quest’anno visto che i primi mesi del 2012 confermano il calo nella raccolta pubblicitaria. Di qui l’allarme sull’eventuale asta delle frequenze che Mediaset non vuole pagare ma che non può permettersi di regalare ai concorrenti, i quali potrebbero sfruttarle per i canali ad alta definizione, la nuova frontiera della competizione televisiva. «Sono passato undici anni e ancora siamo con il beauty contest sospeso» sono state le parole di un minaccioso Confalonieri al premier. Una partita al centro degli interessi di Silvio Berlusconi (più del rinnovo del cda Rai) e che spiega molto dello stop del Pdl al vertice con il governo. L’altra questione centrale è il rinnovo dell’Authority per le comunicazioni, che scade in primavera, vero e proprio crocevia legislativo delle decisioni in materia televisiva.
Si tratta di capire cosa intenda fare il governo alla scadenza dei novanta giorni che si è dato per risolvere il dossier frequenze, che scadono il prossimo 20 aprile. Confalonieri mercoledì ha perorato la causa dei cosiddetti “campioni nazionali” in contrapposizione ai media group stranieri. Quegli stessi che potrebbero essere attratti da un’eventuale asta con regole garantite da un governo tecnico. «La competizione dei media si è spostata a livello globale ed esistono dimensioni minime capaci di tenerci sul mercato: serve un legislatore attento agli interessi nazionali» pare abbia detto il presidente di Mediaset al capo del governo. Con l’addio di Berlusconi a palazzo Chigi l’azienda di famiglia ha perso anche il proprio garante nel Palazzo.
Ora si tratta di vedere se Monti, l’ex commissario europeo alla concorrenza, saprà dire di no agli interessi ad aziendam per fare cassa negli interessi di tutti. Si parla di due milioni e mezzo di incasso: anche la metà non sarebbe poco.

da Europa Quotidiano 08.03.12