partito democratico

“Manifesto della nuova Europa. Bersani: «Destra al capolinea»”, di Simone Collini

Presentato a Parigi il documento dei progressisti. Sul palco Hollande, Bersani, Gabriel. Il segretario dei democratici: «L’austerità non basta». D’Alema: «Ora serve un riequilibrio sociale»
Un nuovo ciclo nelle politiche europee. Arrivati a Parigi per sostenere la corsa di François Hollande all’Eliseo, i leader di tutti i maggiori partiti progressisti lanciano il loro manifesto: un programma comune per l’Europa

Sotto la volta del Cirque d’Hiver sventolano bandiere col nome di François Hollande ma gli applausi sono anche per gli altri leader delle forze progressiste, per questa sorta di gemellaggio europeista.
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e quello della Spd Sigmar Gabriel sono arrivati a Parigi per sostenere la candidatura del leader socialista francese alle presidenziali di maggio, ma anche per firmare una piattaforma programmatica comune. A metterla a punto sono state la Fondazione europea per gli studi progressisti (Feps) e altre fondazioni vicine al Pd (Italianieuropei), al Ps (Jean Jaurès) e ai socialdemocratici tedeschi (Friedrich Ebert Stiftung).
Ma i leader politici dei tre partiti hanno concordato sulla necessità di dare un seguito non solo di elaborazione a questa operazione. Hollande, Gabriel e Bersani hanno infatti deciso di continuare con l’elaborazione programmatica comune ma anche con la cooperazione rafforzata nelle istituzioni europee e con la pianificazione di altri appuntamenti di carattere elettorale che verranno organizzati la primavera del prossimo anno a Roma (prima delle elezioni politiche) e poi in autunno a Berlino (prima del voto in Germania).
CAMBIARE VOLTO ALL’EUROPA
«Nei prossimi diciotto mesi l’Europa può cambiare volto», dice aprendo i lavori Massimo D’Alema, che come presidente della Feps ha pianificato e lavorato per la riuscita di questa operazione. «Il problema non è l’Europa in sé, è questa Europa, guidata da governi conservatori con miopia ed egoismo». Che le prossime elezioni in Francia, Italia e Germania possono cambiare la direzione politica dell’Ue è un concetto che non sfugge a nessuno. Non sfugge a un britannico che aveva allentato i rapporti con le forze progressiste europee come David Miliband e che a sorpresa è venuto a Parigi per partecipare al seminario preparatorio alla conferenza di ieri, a un tedesco come Martin Schulz, a un bulgaro come Sergei Stanishev, a un austriaco come Hannes Swoboda o ai politici svedesi che hanno partecipato insieme agli altri a una cena in cui si è parlato dei prossimi mesi e in cui l’ottimismo sulla possibilità di un cambio di vento era piuttosto palpabile.
IL PATTO DI STABILITÀ NON BASTA
Insiste sulla necessità di aprire un nuovo ciclo nelle politiche europee anche Bersani. Una vittoria di Hollande è per il leader del Pd una prima conferma che c’è una strada alternativa a quella tracciata in questi anni dall’asse “Merkozy” e dai partiti conservatori al governo. «Soprattutto sarà la conferma che l’Europa più egoista e cinica sta chiudendo il suo ciclo». I quattromila parigini stipati nel Cirque d’Hiver esplodono in un applauso quando Bersani ricorda che l’ultimo anno «si è portato via il governo Berlusconi, anche grazie al Pd». Un discorso che riguarda l’Italia, che «è di nuovo un paese ascoltato», ma che riguarda anche i destini comunitari: «I progressisti mostrano la volontà che li unisce, aprire una nuova stagione della storia e della politica per l’Europa. Questo è il nostro tempo. I conservatori la loro chance l’hanno avuta. Hanno guidato a lungo le sorti dell’Europa, hanno seminato le loro idee e i loro valori. Ma la raccolta si è rivelata disastrosa». Con la Grecia a fare da simbolo del cinismo e del fallimento delle loro politiche.
Tra i principali errori commessi dai governi guidati dalle forze di destra c’è per Bersani l’insistere esclusivamente su politiche di austerità. Anche il «Fiscal compact» fortemente voluto da Merkozy può rappresentare più una minaccia che un’opportunità per l’Europa. «Quel trattato non basta, non è sufficiente», dice Bersani tra gli applausi dei sostenitori di Hollande, che ha già annunciato l’intenzione di ridiscuterlo, nel caso dovesse andare all’Eliseo. Nel documento siglato a Parigi dai leader progressisti si fa riferimento alla necessità di integrare il patto di stabilità con politiche per la crescita. E Bersani non vede nessuna contraddizione nel sostenere Monti, che ha firmato insieme ad altri 24 capi di governo quel testo, e auspicare una vittoria di Hollande alle presidenziali francesi. «Il governo italiano ha firmato e manterrà la sua firma – dice ai giornalisti che lo avvicinano al termine dell’iniziativa – ma da italiano di buon senso dico che se un Paese sovrano come la Francia pone questo problema, si può aprire uno spazio di discussione con la prospettiva di un miglioramento. C’è la possibilità di rafforzare il trattato sul versante della crescita e può essere interesse dell’Italia e non solo dell’Europa». Fa notare anche D’Alema di fronte a chi ricorda le critiche di Sarkozy all’intenzione di Hollande di ridiscutere il patto di stabilità. «I Parlamenti sono sovrani e la ratifica di un trattato non è un rituale. È un diritto sovrano inalienabile dei francesi rinegoziare, riequilibrare le politiche coniugando alla disciplina di bilancio misure urgenti di sostegno alla crescita, all’occupazione, all’eguaglianza». È un diritto anche degli italiani, e la discussione potrebbe presto aprirsi in Parlamento.

da l’Unità 18.3.12

******

“E se «Merkozy» resiste? Il leader Pd vede i rischi ma la strada è obbligata”, di S.C.
Il rapporto con i socialisti Nel Pd non ci sono più resistenze interne di tipo ideologico. L’alleanza coi socialisti francesi e i socialdemocratici tedeschi è fondamentale anche per impostare le elezioni del 2013 come una competizione tra progressisti e conservatori

Né la foto di Vasto con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro perché il campo è troppo stretto né quella a Palazzo Chigi con Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano scattata col cellulare del leader dell’Udc perché l’inquadratura è troppo larga. Considerato che ormai le istantanee sono entrate stabilmente nel dibattito politico, è con la foto di Parigi con François Hollande e Sigmar Gabriel che Pier Luigi Bersani vuole andare alla prossima campagna elettorale. E non a caso il gruppo dirigente del Pd, appena siglata nella capitale francese la piattaforma programmatica comune sulle politiche europee, già si è messo al lavoro per preparare a Roma il 19 e 20 aprile una conferenza internazionale a cui sono stati invitati i vertici di tutti i gruppi parlamentari progressisti presenti a Strasburgo.
Per Bersani l’alleanza con i socialisti francesi e i socialdemocratici tedeschi (ma anche i laburisti inglesi e gli altri partiti progressisti del Belgio e della Scandinavia) è strategica per più di un motivo, quando finita la fase di transizione guidata dal governo Monti si andrà alle urne. Stringere un patto con le altre forze di centrosinistra europee vuol dire da un lato cominciare ad impostare fin d’ora per la primavera 2013 una competizione tra progressisti e conservatori chiudendo così la porta all’ipotesi di una Grosse Koalition in salsa italiana, caldeggiata fuori ma anche dentro il Pd. Dall’altro lato, l’esito delle presidenziali d’Oltralpe influenzerà in un senso o nell’altro il tipo di coalizione e anche la candidatura per la premiership alle prossime politiche italiane.
Bersani, che comunque pensa debbano essere le primarie a scegliere il candidato premier, sa bene che la scommessa ha una posta tanto alta quanto è alto il rischio che l’operazione comporta. Legare strettamente le vicende nostrane all’esito delle presidenziali francesi e anche ai consensi su cui potrà contare nei prossimi mesi Angela Merkel è chiaramente pericoloso. Nicolas Sarkozy non ha esitato a mettere in discussione Schengen pur di guadagnare qualche punto nei sondaggi, e il timore confessato dai socialisti francesi agli italiani arrivati a Parigi è che da qui a maggio giocherà altre carte pericolose per la tenuta dell’Ue. Puntare su un cambio del vento in Europa è d’obbligo per il Pd, ma se la fine del ciclo conservatore dovesse rivelarsi nei prossimi mesi un’illusione il contraccolpo si farebbe sentire pesantemente anche sulle vicende italiane.
L’Udc soprattutto, ma anche alcuni settori del Pd di provenienza centrista o ex-popolare puntano a un governo di larghe intese anche per la prossima legislatura. E se l’asse Merkozy dovesse riaffermarsi si farebbe più complicato per i Democratici esprimere il candidato premier.
Casini lo dice chiaramente che lavora per un avvicinamento di Pd e Pdl in vista della prossima campagna elettorale, ma va letto in questa chiave anche il memorandum firmato proprio in questi giorni da Beppe Fioroni, Marco Follini e una dozzina di esponenti ex-Ppi e della minoranza di Movimento democratico favorevole al “Monti bis”, un documento critico nei confronti del sostegno a Hollande e favorevoli invece a un’intesa con il centrista François Bayrou.
Un aspetto positivo per Bersani è che comunque in questo passaggio non deve fare i conti con resistenze interne di tipo ideologico sul rapporto con i partiti socialisti europei. Il fatto che la vecchia discussione sull’appartenenza alle famiglie politiche non sia stata sollevata da nessuno dopo che è stato creato a Strasburgo il gruppo dei Socialisti e Democratici consente al leader del Pd un’ampia possibilità di manovra in questa operazione.
Bersani però non vuole rischiare a agli interlocutori francesi e tedeschi ha spiegato che il campo socialista deve allargarsi. «Arriviamo a questo appuntamento forti della nostra storia e della identità di ciascuno, storie ed identità che non sono mai nemiche del coraggio e dell’innovazione», è il messaggio consegnato a Hollande e a Gabriel. «Noi democratici italiani in questi anni abbiamo innovato molto, abbiamo scelto di superare le antiche appartenenze e di dare vita a un Pd che già adesso, a quattro anni dalla sua nascita, è il primo partito italiano».
Da questo alla possibilità di esprimere il candidato premier alle prossime politiche c’è un percorso che, nel bene o nel male, passa anche per l’Europa.

da L’Unità

partito democratico

“Manifesto della nuova Europa. Bersani: «Destra al capolinea»”, di Simone Collini

Presentato a Parigi il documento dei progressisti. Sul palco Hollande, Bersani, Gabriel. Il segretario dei democratici: «L’austerità non basta». D’Alema: «Ora serve un riequilibrio sociale»
Un nuovo ciclo nelle politiche europee. Arrivati a Parigi per sostenere la corsa di François Hollande all’Eliseo, i leader di tutti i maggiori partiti progressisti lanciano il loro manifesto: un programma comune per l’Europa

Sotto la volta del Cirque d’Hiver sventolano bandiere col nome di François Hollande ma gli applausi sono anche per gli altri leader delle forze progressiste, per questa sorta di gemellaggio europeista.
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e quello della Spd Sigmar Gabriel sono arrivati a Parigi per sostenere la candidatura del leader socialista francese alle presidenziali di maggio, ma anche per firmare una piattaforma programmatica comune. A metterla a punto sono state la Fondazione europea per gli studi progressisti (Feps) e altre fondazioni vicine al Pd (Italianieuropei), al Ps (Jean Jaurès) e ai socialdemocratici tedeschi (Friedrich Ebert Stiftung).
Ma i leader politici dei tre partiti hanno concordato sulla necessità di dare un seguito non solo di elaborazione a questa operazione. Hollande, Gabriel e Bersani hanno infatti deciso di continuare con l’elaborazione programmatica comune ma anche con la cooperazione rafforzata nelle istituzioni europee e con la pianificazione di altri appuntamenti di carattere elettorale che verranno organizzati la primavera del prossimo anno a Roma (prima delle elezioni politiche) e poi in autunno a Berlino (prima del voto in Germania).
CAMBIARE VOLTO ALL’EUROPA
«Nei prossimi diciotto mesi l’Europa può cambiare volto», dice aprendo i lavori Massimo D’Alema, che come presidente della Feps ha pianificato e lavorato per la riuscita di questa operazione. «Il problema non è l’Europa in sé, è questa Europa, guidata da governi conservatori con miopia ed egoismo». Che le prossime elezioni in Francia, Italia e Germania possono cambiare la direzione politica dell’Ue è un concetto che non sfugge a nessuno. Non sfugge a un britannico che aveva allentato i rapporti con le forze progressiste europee come David Miliband e che a sorpresa è venuto a Parigi per partecipare al seminario preparatorio alla conferenza di ieri, a un tedesco come Martin Schulz, a un bulgaro come Sergei Stanishev, a un austriaco come Hannes Swoboda o ai politici svedesi che hanno partecipato insieme agli altri a una cena in cui si è parlato dei prossimi mesi e in cui l’ottimismo sulla possibilità di un cambio di vento era piuttosto palpabile.
IL PATTO DI STABILITÀ NON BASTA
Insiste sulla necessità di aprire un nuovo ciclo nelle politiche europee anche Bersani. Una vittoria di Hollande è per il leader del Pd una prima conferma che c’è una strada alternativa a quella tracciata in questi anni dall’asse “Merkozy” e dai partiti conservatori al governo. «Soprattutto sarà la conferma che l’Europa più egoista e cinica sta chiudendo il suo ciclo». I quattromila parigini stipati nel Cirque d’Hiver esplodono in un applauso quando Bersani ricorda che l’ultimo anno «si è portato via il governo Berlusconi, anche grazie al Pd». Un discorso che riguarda l’Italia, che «è di nuovo un paese ascoltato», ma che riguarda anche i destini comunitari: «I progressisti mostrano la volontà che li unisce, aprire una nuova stagione della storia e della politica per l’Europa. Questo è il nostro tempo. I conservatori la loro chance l’hanno avuta. Hanno guidato a lungo le sorti dell’Europa, hanno seminato le loro idee e i loro valori. Ma la raccolta si è rivelata disastrosa». Con la Grecia a fare da simbolo del cinismo e del fallimento delle loro politiche.
Tra i principali errori commessi dai governi guidati dalle forze di destra c’è per Bersani l’insistere esclusivamente su politiche di austerità. Anche il «Fiscal compact» fortemente voluto da Merkozy può rappresentare più una minaccia che un’opportunità per l’Europa. «Quel trattato non basta, non è sufficiente», dice Bersani tra gli applausi dei sostenitori di Hollande, che ha già annunciato l’intenzione di ridiscuterlo, nel caso dovesse andare all’Eliseo. Nel documento siglato a Parigi dai leader progressisti si fa riferimento alla necessità di integrare il patto di stabilità con politiche per la crescita. E Bersani non vede nessuna contraddizione nel sostenere Monti, che ha firmato insieme ad altri 24 capi di governo quel testo, e auspicare una vittoria di Hollande alle presidenziali francesi. «Il governo italiano ha firmato e manterrà la sua firma – dice ai giornalisti che lo avvicinano al termine dell’iniziativa – ma da italiano di buon senso dico che se un Paese sovrano come la Francia pone questo problema, si può aprire uno spazio di discussione con la prospettiva di un miglioramento. C’è la possibilità di rafforzare il trattato sul versante della crescita e può essere interesse dell’Italia e non solo dell’Europa». Fa notare anche D’Alema di fronte a chi ricorda le critiche di Sarkozy all’intenzione di Hollande di ridiscutere il patto di stabilità. «I Parlamenti sono sovrani e la ratifica di un trattato non è un rituale. È un diritto sovrano inalienabile dei francesi rinegoziare, riequilibrare le politiche coniugando alla disciplina di bilancio misure urgenti di sostegno alla crescita, all’occupazione, all’eguaglianza». È un diritto anche degli italiani, e la discussione potrebbe presto aprirsi in Parlamento.

da l’Unità 18.3.12

******

“E se «Merkozy» resiste? Il leader Pd vede i rischi ma la strada è obbligata”, di S.C.
Il rapporto con i socialisti Nel Pd non ci sono più resistenze interne di tipo ideologico. L’alleanza coi socialisti francesi e i socialdemocratici tedeschi è fondamentale anche per impostare le elezioni del 2013 come una competizione tra progressisti e conservatori

Né la foto di Vasto con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro perché il campo è troppo stretto né quella a Palazzo Chigi con Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano scattata col cellulare del leader dell’Udc perché l’inquadratura è troppo larga. Considerato che ormai le istantanee sono entrate stabilmente nel dibattito politico, è con la foto di Parigi con François Hollande e Sigmar Gabriel che Pier Luigi Bersani vuole andare alla prossima campagna elettorale. E non a caso il gruppo dirigente del Pd, appena siglata nella capitale francese la piattaforma programmatica comune sulle politiche europee, già si è messo al lavoro per preparare a Roma il 19 e 20 aprile una conferenza internazionale a cui sono stati invitati i vertici di tutti i gruppi parlamentari progressisti presenti a Strasburgo.
Per Bersani l’alleanza con i socialisti francesi e i socialdemocratici tedeschi (ma anche i laburisti inglesi e gli altri partiti progressisti del Belgio e della Scandinavia) è strategica per più di un motivo, quando finita la fase di transizione guidata dal governo Monti si andrà alle urne. Stringere un patto con le altre forze di centrosinistra europee vuol dire da un lato cominciare ad impostare fin d’ora per la primavera 2013 una competizione tra progressisti e conservatori chiudendo così la porta all’ipotesi di una Grosse Koalition in salsa italiana, caldeggiata fuori ma anche dentro il Pd. Dall’altro lato, l’esito delle presidenziali d’Oltralpe influenzerà in un senso o nell’altro il tipo di coalizione e anche la candidatura per la premiership alle prossime politiche italiane.
Bersani, che comunque pensa debbano essere le primarie a scegliere il candidato premier, sa bene che la scommessa ha una posta tanto alta quanto è alto il rischio che l’operazione comporta. Legare strettamente le vicende nostrane all’esito delle presidenziali francesi e anche ai consensi su cui potrà contare nei prossimi mesi Angela Merkel è chiaramente pericoloso. Nicolas Sarkozy non ha esitato a mettere in discussione Schengen pur di guadagnare qualche punto nei sondaggi, e il timore confessato dai socialisti francesi agli italiani arrivati a Parigi è che da qui a maggio giocherà altre carte pericolose per la tenuta dell’Ue. Puntare su un cambio del vento in Europa è d’obbligo per il Pd, ma se la fine del ciclo conservatore dovesse rivelarsi nei prossimi mesi un’illusione il contraccolpo si farebbe sentire pesantemente anche sulle vicende italiane.
L’Udc soprattutto, ma anche alcuni settori del Pd di provenienza centrista o ex-popolare puntano a un governo di larghe intese anche per la prossima legislatura. E se l’asse Merkozy dovesse riaffermarsi si farebbe più complicato per i Democratici esprimere il candidato premier.
Casini lo dice chiaramente che lavora per un avvicinamento di Pd e Pdl in vista della prossima campagna elettorale, ma va letto in questa chiave anche il memorandum firmato proprio in questi giorni da Beppe Fioroni, Marco Follini e una dozzina di esponenti ex-Ppi e della minoranza di Movimento democratico favorevole al “Monti bis”, un documento critico nei confronti del sostegno a Hollande e favorevoli invece a un’intesa con il centrista François Bayrou.
Un aspetto positivo per Bersani è che comunque in questo passaggio non deve fare i conti con resistenze interne di tipo ideologico sul rapporto con i partiti socialisti europei. Il fatto che la vecchia discussione sull’appartenenza alle famiglie politiche non sia stata sollevata da nessuno dopo che è stato creato a Strasburgo il gruppo dei Socialisti e Democratici consente al leader del Pd un’ampia possibilità di manovra in questa operazione.
Bersani però non vuole rischiare a agli interlocutori francesi e tedeschi ha spiegato che il campo socialista deve allargarsi. «Arriviamo a questo appuntamento forti della nostra storia e della identità di ciascuno, storie ed identità che non sono mai nemiche del coraggio e dell’innovazione», è il messaggio consegnato a Hollande e a Gabriel. «Noi democratici italiani in questi anni abbiamo innovato molto, abbiamo scelto di superare le antiche appartenenze e di dare vita a un Pd che già adesso, a quattro anni dalla sua nascita, è il primo partito italiano».
Da questo alla possibilità di esprimere il candidato premier alle prossime politiche c’è un percorso che, nel bene o nel male, passa anche per l’Europa.

da L’Unità