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«La riforma federalista già tradita da Tremonti e dalla Lega», di Davide Zoggia

I tagli drastici del Tesoro, il colossale bluff del demanio e i pasticci sul patto di stabilità affossano di fatto l’autonomia finanziaria di comuni ed enti locali, facendo prevalere sperequazioni ed egoismi

Il 2010 per gli Enti Locali è stato un anno particolarmente difficile. E il 2011, se possibile, sarà anche peggiore. I tagli verticali del Ministro Tremonti, la mancata attuazione del Federalismo Fiscale, una scatola vuota che di fatto concede margini ristrettissimi di autonomia finanziaria, il colossale bluff del federalismo demaniale e un patto di stabilità che sembra seguire meccanismi sempre più kafkiani, hanno indebolito pesantemente il ruolo delle autonomie locali. La riforma federale, frutto del lavoro di Lega-Pdl, è un provvedimento pasticciato e dannoso che genera pericolose sperequazioni in cui egoismo, incapacità e piccole furbizie hanno di fatto affossato la spinta modernizzatrice che avrebbe dovuto caratterizzarne l’attuazione. Comuni, Province e Regioni sono l’ossatura portante del nostro Paese soprattutto in un momento così difficile per le famiglie e le imprese. Così non è per questo governo. Dietro la copertura della Lega, che ha in mente un federalismo a geometrie variabili, esteso solo ai luoghi dove riesce a prendere voti, si è andati nella direzione opposta. Tremonti con interventi di carattere centralista ha di fatto colpito al cuore la riforma federale.
Sindaci, Assessori e Presidenti, non solo i nostri, stanno cercando di compensare, con fatica crescente, i tagli che il Governo di Berlusconi, Bossi e Tremonti sta imponendo a ciascun cittadino soprattutto in materia di welfare e diritti. Si stanno indebolendo le reti di protezione e di relazione, si sta costruendo una società di persone sole e spaventate, nella convinzione che si possa andare avanti senza pensare alla crescita complessiva delle proprie comunità. Il governo Berlusconi in questi anni ha destrutturato il paese a tutti i livelli: culturalmente, socialmente ed economicamente. I primi a pagare sono i corpi intermedi coinvolti in una guerra interna di logoramento. La loro funzione di cuscinetto sociale sta venendo meno e se prima la rappresentanza garantiva forme estese di coesione oggi è una guerra tra singoli, con conseguenze certo non positive ma di cui dobbiamo ancora capire pienamente la portata.
Stanno colpendo il tessuto stesso del nostro Stato, un tessuto che si sapeva rigenerare producendo ricchezza. Oggi rischia di non essere più così.
I comuni, infatti, hanno contribuito positivamente al deficit statale per oltre 2 miliardi di euro solo negli ultimi due anni, le amministrazioni centrali lo hanno peggiorato per circa 35. Anziché tagliare, quindi, bisognerebbe rilanciare gli investimenti locali imponendo una revisione intelligente e quindi dinamica del patto di stabilità interno: basterebbe, per esempio, escludere da questo vincolo gli investimenti per le infrastrutture, per la viabilità, per le scuole, o per gli adeguamenti alle normative ambientali per poter mettere in circolo oltre 22 miliardi essenziali anche per il tessuto delle nostre imprese.
Noi siamo convinti che esista una alternativa: aprire una stagione di riforme essenziali per il nostro Paese, capaci di premiare chi produce semplificando il sist ema. La riforma federale deve tornare ad essere parte di un più ampio progetto di ammodernamento del paese. Solo così potrà produrre crescita e non divisioni come sta avvenendo oggi.
Soltanto se i nostri Sindaci, i nostri Assessori, i nostri Presidenti potranno contare su di un sistema di regole certe e dì finanziamenti realmente proporzionali alla loro capacità di erogare i servizi essenziali ad imprese e famiglie potremo avere un sistema efficiente. Il Federalismo deve partire proprio dalla convinzione che quel pezzo di Stato che sia chiama Comune, Provincia o Regione è il punto essenziale per lo sviluppo del nostro Paese.

da l’Unità

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“Calderoli: «Sì al fisco municipale o si va al voto»”, di Eugenio Bruno

ROMA – «Macché ultimatum, era solo buonsenso». È così che Roberto Calderoli invita a interpretare il monito “federalismo entro gennaio o elezioni” pronunciato a Ponte di Legno da Umberto Bossi. Da un lato, confermando che il destino della maggioranza è legato a doppio filo alle sorti del fisco municipale; dall’altro, precisando che l’aut aut del Senatur va letto anche al contrario e che, dunque, in caso di via libera il voto anticipato si allontanerebbe. Ma se così non fosse, ribadisce il ministro della Semplificazione, sarebbe «meglio andare al voto». Magari già il 27 marzo «visto che in quella data – ricorda l’esponente del Carroccio che oggi sarà in Cadore per la tradizionale “cena degli ossi” con Bossi e il responsabile dell’Economia, Giulio Tremonti – abbiamo già vinto». Con la stessa squadra e lo stesso commissario tecnico? «Il ct continuerà a essere Berlusconi e la squadra la vedremo. Piuttosto – aggiunge – serviranno schemi di gioco nuovi e in questo la Lega farà scuola».
Ministro ci spiega perché sarà decisivo gennaio?
Perché la scadenza originaria in bicamerale sul federalismo municipale era l’8 gennaio ma per la pausa natalizia sono stati concessi i 20 giorni di proroga. La legge 42 però prevede una sola proroga ed entro quella data il parere va espresso. Non è un ultimatum ma o il decreto passa nella settimana che va dal 17 al 23 gennaio oppure non ci sono santi.
Sul testo i rilievi non mancano. Come otterrà la maggioranza con Fli all’opposizione?
Farò come fatto in passato. La maggioranza me la conquisterò sui contenuti. Nei giorni scorsi è girato uno studio di Marco Stradiotto (Pd) sulle possibili perdite di gettito che però non teneva conto né del fondo di riequilibrio né di quello perequativo. Parlano di sperequazione nel gettito quando la sperequazione è nella base imponibile e questo non è colpa di nessuno. E non è neanche questione di Nord o Sud.
Sul Sole 24 Ore di ieri è riportata una stima dell’Ifel Anci che quantifica in 2,5 miliardi la possibile perdita per i comuni. Come evitarla?
Francamente non l’ho letta ma visto che il decreto lo abbiamo scritto con l’Anci dubito che abbiano detto sì a un testo che gli fa perdere risorse. Non vorrei che fosse come quando è uscita la notizia di una perdita da 480 milioni, confondendo la competenza con la cassa. Se poi il problema sono i tagli della manovra rispondo che lo sappiamo da luglio. In ogni caso sto pensando a una modifica dell’imposta municipale di trasferimento. Dei 5 miliardi attesi dai comuni potremmo dargliene 1 con una compartecipazione all’Imu di trasferimento e altri 4 con la compartecipazione a un tributo più perequato.
Cioè l’Iva?
L’ha detto lei. Dico solo che, anche grazie all’introduzione graduale dei fabbisogni standard, tratteremo tutti alla stessa maniera: chi è stato sovradotato ingiustamente dovrà mettersi a dieta, chi è stato sottodotato verrà finalmente risarcito.
Sarà la compartecipazione all’Irpef invocata dall’Anci?
Potrebbe. Magari all’inizio con una compartecipazione pura e più avanti con un’addizionale formata da una parte fissa e da una variabile all’insù o all’ingiù.
C’è spazio per la service tax proposta dal Pd per accorpare Tarsu o Tia e addizionale Irpef?
La loro service tax punta in qualche modo a reintrodurre la tassazione sulla prima casa mentre per me la prima casa è un bene che va tutelato per legge. Potremmo pensare, con uno dei decreti correttivi previsti dalla delega, a una maggiore flessibilità sull’Imu accessoria che raggrupperà le imposte minori e arriverà dal 2014. E affrontando il nodo Tarsu/Tia, magari estendendola dai rifiuti agli altri servizi, si può pensare ad abbassare l’Imu sul possesso.
Verrà soppressa la Tia?
Mi limito a fare notare che chi l’ha usata si è abbastanza pentito come dimostra il fatto che l’hanno scelta solo mille comuni su 8mila. Meglio allora una Tarsu calcolata sulla rendita catastale e non sui metri quadri perché è evidente che un immobile in zona di pregio, magari in un centro storico, si porti dietro un costo più elevato dei servizi.
Passiamo alla cedolare secca. La stralcerete come chiede Baldassarri?
Resterà ma con dei correttivi. Penso alla possibile perdita di gettito: premesso che se la Ragioneria la bollina come in equilibrio tenderei a fidarmi, nulla vieta di correre ai ripari in presenza di un gettito più basso di quello stimato. Per andare incontro al Pd ho poi pensato a una differenziazione tra immobili a canone concordato e a canone libero aumentando la progressività. E tre, ne beneficeranno anche gli inquilini in termini di detraibilità. Dai 60 euro a testa dati dal governo Prodi punto ad arrivare a 360.
Ammesso che a gennaio arrivi l’ok sul fisco municipale riuscirete a rispettare la scadenza del 21 maggio per l’intera delega?
Come tempi ci siamo. Dal cdm sono usciti tutti i decreti a parte quello sulle funzioni di Roma capitale per cui Alemanno mi ha chiesto una proroga. Il fisco regionale sta arrivando in Parlamento ma se c’è volontà su quello municipale anche il regionale passerà in carrozza. Poi arriveranno premi e sanzioni, interventi di coesione e armonizzazione dei bilanci. Certo questi decreti dovranno necessariamente viaggiare in parallelo.
Più in generale quanti deputati in più servono per governare: 20 o 40?
Non sta a me dirlo. Dico solo che la bicamerale è il problema minore perché in caso di pareggio il governo può andare avanti lo stesso mentre senza maggioranza nella prima e nella quinta commissione (affari costituzionali e bilancio; ndr) non si governa. E per cambiare la distribuzione all’interno delle commissioni devono cambiare i gruppi parlamentari. Perciò dico a Berlusconi che o recupera i numeri in Parlamento e lo fa in fretta oppure è meglio andare al voto.

da www.ilsole24ore.com

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«L’ultimatum federalista scavalla gennaio», di Raffaella Cascioli
Decreti – In Bicamerale quelli su fiscalità comunale, regionale, sanità e sanzioni

Boutade o ultimatum? Difficile distinguere quando si tratta di Lega ma quel che è evidente a tutti è che la scadenza del 23 gennaio – indicata da Calderoli e confermata da Bossi – non è nè potrà essere ultimativa. I conti sono presto fatti e i tempi, parlamentari prima ancora che politici, dicono chiaramente che prima di fine marzo il processo federalista non potrà in nessun caso essere completato.
Almeno se si vuole escludere il secondo decreto attuativo su Roma capitale, che Calderoli dà ormai archiviato da mesi mentre il sindaco Alemanno è ancora incerto se reclamare o accontentarsi della targa puramente declamativa del primo affissa in Campidoglio. In caso contrario i tempi potrebbero addirittura allungarsi.
Sgombrato il campo dall’aut-aut temporale leghista, c’è da chiedersi se c’è la volontà politica della maggioranza di approvare i decreti attuativi del federalismo attualmente in Bicameralina che rappresentano il cuore della legge delega 42 in scadenza a maggio.
Dalla prossima settimana entrerà nel vivo il confronto sulla fiscalità comunale al centro di un incontro tra il ministro Calderoli e i due relatori di maggioranza e minoranza, Enrico La Loggia per il Pdl e Giuliano Barbolini per il Pd. Il decreto, in scadenza in questi giorni, usufruisce di un supplemento d’esame di 20 giorni. «Su questo slittamento dei tempi c’è stato un accordo comune – spiega il senatore Barbolini – nel rispetto della delega. Anche alla luce delle audizioni, in particolare dell’Anci, è emerso che il testo necessita di diverse correzioni. Mi auguro che il governo sia disponibile ad entrare nel merito». Il decreto, spiega Barbolini, così com’è non garantisce l’autonomia finanziaria dei comuni rispondendo piuttosto a logiche di finanza derivata. A cominciare dall’Imu su seconde case che provoca distorsioni interne finendo per chiamare in causa i fondi perequativi e dalla cedolare secca che solleva problemi di gettito. Subito dopo il decreto sulla fiscalità comunale, all’esame della Bicameralina ci saranno quello sulle sanzioni, sulla fiscalità regionale e sui costi standard della sanità.
Se per Barbolini «è interesse di tutti che, al netto di posizioni anche distanti, il testo che esce dalla commissione rispecchi il nostro dibattito», per Francesco Boccia (coordinatore delle commissioni economiche del Pd alla camera) l’ultimatum leghista è un bluff: «Il federalismo dipende solo da Calderoli e Tremonti. In questa legislatura è stato fatto un lavoro intenso nella bicamerale nella quale il Pd non ha mai fatto mancare il suo contributo ma, fino ad oggi, continuano a mancare le risorse».

da www.europaquotidiano