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"Ricerca, perchè l'Italia non è la Corea", di Pietro Greco

Sacconi, Tremonti e l’editto di Costantino. Ha iniziato Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, sostenendo che la cultura non si mangia e che in tempo di vacche magre è lì che bisogna risparmiare. Poi, con assoluta coerenza, ha tagliato 1,5 miliardi di euro alle università e 8 miliardi alla scuola di primo e secondo livello. Poi ha continuato Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sostenendo che per i laureati nonc’è mercato e che la colpa della disoccupazione giovanile è dei genitori che vogliono i figli dottori invece che artigiani. Ha chiuso Stefano Zecchi, filosofo estetico, sostenendo che in Italia i laureati sono troppi e che nel settore del lavoro intellettuale c’è spazio solo per i laureati figli di laureati. Non c’è dubbio, la destra italiana sta sposando la cultura della non cultura e (chissà?) magari già immagina un ritorno al tempo di Costantino (274-337, Imperatore dal 306) quando la mobilità sociale fu bloccata per legge e ai figli era concesso fare solo il lavoro dei padri. Ma anche le idee più reazionarie devono basarsi sui fatti. E i fatti dicono cose diverse. Non è vero che la cultura non si mangia: nell’era della conoscenza è la principale fonte di crescita economica. Non è vero che in Italia ci sono troppi laureati. E non è vero che i giovani laureati italiani hanno più difficoltà a trovare lavoro. Basta spulciare gli ultimi rapporti dell’Ocse su università e ricerca e prendere a esempio un paese, la Corea del Sud, che solo trenta anni fa era più povero dell’Italia (il reddito medio di un coreano nel 1980 era di 2.300 dollari, contro i 9.000 di un italiano) e aveva un tasso di giovani laureati inferiore. Ebbene oggi in Corea il numero di giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni con una laurea in tasca sfiora il 60%: la più alta percentuale al mondo. Contro il 40% della media Ocse. Quanto all’Italia, altro che sovrannumero: solo il 20% dei giovani in questa fascia di età ha una laurea. La metà della media dei paesi avanzati. Un terzo della Corea. Nel medesimotempo gli investimenti coreani in ricerca e sviluppo hanno superato i 42 miliardi di dollari l’anno, pari al3%del Pil. Il che fa della Corea il quinto paese al mondo sia per investimenti assoluti sia per intensità di ricerca. L’Italia investe in ricerca meno della metà: 18,7 miliardi di dollari, l’1,1% del Pil. La politica dell’alta educazione diffusa e della ricerca spinta ha arricchito la Corea. La cui economia, tra il 1985 e il 2005, è aumentata in media del 5,7% annuo: la crescita più sostenuta al mondo dopo quella della Cina. Oggi un coreano, con un reddito di 29.800 dollari l’anno, è più ricco di un italiano (29.400). I laureati in Corea trovano lavoro. In Italia, a 5 anni dalla laurea, oltre il20%non ha ancora un lavoro. Ma tra i giovani che non hanno una laurea il tasso sfiora il 30%. Anche in Italia, dunque, la laurea serve.

L’Unità 11.01.11