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I rettori: l'Europa investa di più in ricerca

L’ appello. Venerdì prossimo i Capi di Stato e di governo dell’Ue si incontreranno per parlare di innovazione e ricerca. Per discutere del documento «Europe 2020 Flagship Initiative: Innovation Union» elaborato a ottobre dalla Commissione Ue. L’eccezionalità dell’evento ha spinto le 22 università europee di punta nella ricerca scientifica, che fanno parte della Leru (League of european research universities), a presentare un documento. Un appello sottoscritto anche dall’Università Statale di Milano, unico ateneo italiano ammesso nella Leru. «Se si vuole che la strategia di portare nel 2020 l’Europa a essere altrettanto competitiva degli Usa o della Cina non finisca in un fallimento come l’agenda di Lisbona per il 2010 – ha commentato il prorettore all’Internazionalizzazione Marino Regini – i governi europei devono mettere al centro delle loro politiche l’investimento in innovazione». La Lega delle Università Europee di Ricerca (Leru, League of European Research Universities) sostiene la necessità di investimenti rilevanti e a lungo termine nella ricerca di base. La ricerca europea presenta livelli di produttività e di eccellenza tra i più alti nel mondo, ma concentrati in quelle aree che sono state sostenute da investimenti nazionali ed europei a lungo termine e che hanno stabilito rapporti positivi con il mondo delle imprese. Gli investimenti pubblici nella ricerca sono essenziali. Il loro impatto sociale è rilevante e tangibile in ambiti che vanno dai progressi nella diagnostica medica e nelle terapie che migliorano la salute e la qualità della vita, all’innovazione e allo sviluppo di nuove tecnologie essenziali alla competitività dell’Europa negli anni a venire. Molto semplicemente, la ricerca è la condizione e la chiave della capacità europea di competere nel mondo globalizzato. In questo quadro le università e gli enti di ricerca svolgono un ruolo fondamentale, in quanto si concentrano sulla ricerca di base. Questa pone le fondamenta per nuove scoperte e per l’innovazione, e i laboratori delle università formano il capitale umano di cui il mondo delle imprese ha bisogno per competere con successo. L’innovazione è un processo complesso, non c’è una progressione lineare tra ricerca di base e nuovi prodotti. È raro che la nuova conoscenza prodotta da una scoperta scientifica abbia immediate ricadute pratiche. Spesso si tratta di un percorso legato al caso. Nel 1975 due scienziati dell’Università di Cambridge, Milstein e Köhler, hanno messo a punto la metodica degli anticorpi monoclonali che difendono il corpo da invasioni esterne. Oggi gli anticorpi monoclonali costituiscono un terzo di tutte le nuove cure farmacologiche, e il mercato dei farmaci a base di anticorpi monoclonali è attualmente stimato in 32 miliardi di dollari. Il processo che ha portato alla «scoperta» del Dna ricombinante ha avuto letteralmente inizio a causa di un incidente, una provetta rotta, avvenuto negli anni Sessanta. Facendosi dare da un collega una coltura di un ceppo batterico, il ricercatore scoprì che questi batteri erano immuni al virus con il quale cercava di infettarli. Basandosi su questo fenomeno Arber, un giovane scienziato dell’Università di Ginevra, riuscì a individuare un enzima che taglia a pezzi in modo specifico il Dna dei virus. Per questo a lui e ai suoi colleghi fu assegnato il premio Nobel per la medicina nel 1978. Questo strumento rivoluzionò le possibilità di studiare la biologia a livello molecolare e ha prodotto una tecnologia il cui impatto economico è attualmente enorme. La ricerca di frontiera richiede pazienza, perseveranza e investimenti. Le università europee ad alta intensità di ricerca hanno la capacità unica di combinare i tre elementi essenziali per assicurare all’Europa competitività e benessere nel lungo termine: istruzione superiore, ricerca e innovazione. Ma il mondo non sta fermo ad aspettarci. Ad esempio, gli investimenti della Cina in scienza e tecnologia, attraverso le sue università e istituzioni specializzate, sono già in forte crescita. I Rettori della Lega delle Università Europee di Ricerca confidano che i Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Unione europea abbiano consapevolezza di quanto forti investimenti nella ricerca di base siano decisivi per la competitività dell’Europa e per la società europea in generale. Essi confidano che il Consiglio europeo, che si incontrerà il 4 febbraio a Bruxelles, terrà questo aspetto in debito conto nel corso della discussione in merito al documento della Commissione europea su «Innovation Union».
Questo documento sarà la base per la futura politica europea nel campo della ricerca e dell’innovazione. Dovrebbe essere chiaro all’Unione europea e agli Stati membri che la ricerca di base, focalizzandosi sull’eccellenza, ha bisogno di un supporto continuo e rafforzato!
Dymph van den Boom (Universiteit van Amsterdam), Dídac Ramírez i Sarrió (Universitat de Barcelona), Leszek Borysiewicz (University of Cambridge), Timothy O’Shea (University of Edinburgh), Hans-Jochen Schiewer (Albert-Ludwigs-Universität Freiburg), Jean-Dominique Vassalli (Université de Genève), Bernhard Eitel (Ruprecht-Karls-Universität Heidelberg), Thomas Wilhelmsson (Helsigin yliopisto), Paul F. van der Heijden (Universiteit Leiden), Mark Waer (Katholieke Universiteit Leuven), Keith O’Nions (Imperial College London), Malcolm Grant (University College London), Per Eriksson (Lunds universitet), Enrico Decleva (Università degli Studi di Milano), Bernd Huber (Ludwig-Maximilians-Universität München), Andrew Hamilton (University of Oxford), Jean-Charles Pomerol (Université Pierre et Marie Curie), Guy Couarraze (Université Paris-Sud), Harriet Wallberg-Henriksson (Karolinska Institutet), Alain Beretz (Université de Strasbourg), Hans Stoof (Universiteit Utrecht), Andreas Fischer (Universität Zürich)

Cos’è
La Lega
delle Università Europee
di Ricerca
(Leru, League
of European Research Universities)
è stata fondata nel 2002
e raggruppa
le ventidue Università europee
di punta
nella ricerca scientifica
Per l’Italia
L’Università Statale
di Milano è l’unico ateneo ammesso
nella Leru

Corriere della Sera 28.01.11