economia, partito democratico

«Nuovi taglia alla cieca», di Stefano Fassina

La tragedia greca ha posto la situazione di finanza pubblica italiana in un quadro di vigile fiducia. È giusto, perché l’Italia ha fondamentali economici e sociali decisamente migliori dei PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). È un bene per tutti, soprattutto per i pi vulnerabili, i disoccupati, i pensionati, non essere tra i Paesi a rischio.

Va riconosciuto che G.T 3 è certamente la migliore versione di Giulio Tremonti sperimentata fino ad oggi a via XX Settembre. Infatti, dobbiamo ricordare a quanti oggi celebrano le performance del nostro Ministro che, nelle due versioni precedenti, non aveva avuto altrettanta sensibilità per il bilancio pubblico. Nella legislatura 2001-2006 aveva lasciato in eredità al Governo Prodi un’infrazione comunitaria per deficit eccessivo, un debito pubblico in risalita dopo 13 anni di calo e l’onere politico di un pesante aggiustamento finanziario da compiere.
Dobbiamo anche ricordare che l’esecutivo Berlusconi a Maggio 2008 non si è insediato, come il povero Papandreou, ad Atena. A Palazzo Chigi ha trovato i conti pubblici in buon ordine e il debito riportato in discesa Solo un dato, purtroppo tecnico, ma importante: un avanzo primario strutturale (indicatore corretto per gli effetti dell’andamento dell’economia) dell’ 1,9% che la prudenza del Ministro Tremonti ha comunque dimezzato.

Insomma, se il Governo Berlusconi fosse ripartito da dove aveva lasciato il Paese neI 2006, oggi la nostra situazione sarebbe certamente molto, molto, pi complicata. Un minimo di onestà intellettuale da parte del centrodestra aiuterebbe a favorire il confronto costruttivo su difficili scelte economiche. In tale contesto, la novità della manovra preannunciata ieri è l’inasprimento, di circa 7 miliardi di euro, della correzione necessaria a centrare gli obiettivi fissati neI 2008. Si inasprisce una medicina già molto amara. Ai consistenti tagli già attuati e previsti si aggiungeranno altri tagli.

Tagli alla cieca, tagli agli investimenti e alle prestazioni sociali per compensare l’incapacità di controllare la spesa per acquisto di beni e servizi e la scelta di allargare il campo dell’evasione fiscale. Soprattutto! tagli in assenza di una strategia per la crescita. Infatti, il Ministro Tremonti, pur nella sua versione evoluta, persevera in un grave errore di impostazione: confonde la variabile vincolo con la variabile obiettivo ha assunto il controllo della finanza pubblica come obiettivo della politica economica, mentre doveva essere il vincolo in relazione all’obiettivo della crescita e della coesione sociale. Obiettivi da perseguire attraverso un ventaglio di riforme per aggredire i nodi che da un quarto di secolo determinano la caduta della nostra produttività, Non è un errore tecnico.

È conseguenza di una cultura politica dominata dai sondaggi quotidiani, dalla sfiducia nell’italia civile ed innovativa, da un minimalismo corporativo a salvaguardia di rendite e cieche convenienze di interessi di corto respiro.
L’errore di Tremonti e del Governo, oltre che profondamente iniquo, è pericoloso perché senza crescita e coesione sociale non si stabilizza la finanza pubblica. Urge inversione di rotta.

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«E ora arriva la stangata di Bianca Di Giovanni», di Bianca Di Giovanni

Il governo scopre le cifre del suo immobilismo: deficit in aumento, Pil in discesa. Sono numeri pesanti, quelli della Relazione unificata sull’economia e la finanza (Ruef) diramata ieri dal Tesoro: per rispettare gli impegni presi con l’Europa l’Italia dovrà affrontare una manovra di 25 miliardi nei prossimi due anni (l’1,6% del Pil). Una stangata che potrebbe avere costi sociali pesantissimi in unasituazione di crisi come quella attuale. Lacrime e sangue, conunadisoccupazione prevista in crescita nel 2010 all’8,7%, rispetto al 7,8% di un anno fa. In serata arriva la conferma di Silvio Berlusconi. «La priorità assoluta è il rigore», dichiara il premier, solitamente abituato ad annunci di ben altro tenore.

Evidentemente la situazione è grave: l’Italia è sotto attacco dei mercati, e il governo lancia segnali di solidità finanziaria. Lo spettro della Grecia fa tremare le cancellerie europee: oggi anche il nostro Paese andrà in soccorso del grande malato conun decreto da 5,5 miliardi di euro.Ma il mercato è volubile. Basta nulla per provocarlo.

Per questo serve una cura forte a un bilancio che in un paio d’anni ha polverizzato tutti i traguardi raggiunti prima (da un altro governo): avanzo primario diventato negativo, spesa corrente aumentata, spesa per investimenti diminuita, entrate ridotte più di quanto non giustifichi la crisi (il dato complessivo tiene solo grazie allo scudo fiscale). Giulio Tremonti sa bene che il momento è di quelli che fanno tremare i polsi. Intervenendo in Parlamento (dove parla in un’Aula in cui spiccano le assenze del centrodestra)
sulla crisi che ora sconquassa l’Europa dice chiaro e tondo che tutta l’area euro e a rischio, per questo serve una «reazione europea» che ha come obiettivo «la stabilità dell’euro ». Per il ministro si tratta di una «lunga grande guerra» (citazione di Churchill) da affrontare uniti. Il decreto italiano non avrà effetti sul deficit: i 5,5 miliardi saranno fornito con l’emissione di titoli (che pesano sul debito), ma ai fini di Maastricht non saranno conteggiati. Alla fine il saldo sarà positivo, perché si tratta di un prestito al tasso del 5% (più alto della remunerazione del debito italiano). Precisazione importante quella sui conti. Nell’ultimo documento,
infatti, il ministero dell’Economia aggiorna il quadro con le stime macroeconomiche per l’Italia e annuncia «incisive» riforme per i prossimi due anni.
«La sfida dei prossimi anni – si legge – sarà quella di attuare strategie per innalzare la crescita del paese con un incisivo programma di riforme e per rientrare dai nuovi livelli del rapporto debito/ Pil». Il Pil quest’anno crescerà dell’1% e non dell’1,1% come previsto in precedenza e solo dal prossimo anno si avrà una crescita più robusta pari all’1,5%. Mentre per tornare ai livelli pre-crisi occorrerà attendere il2012 quando il Pilaumenterà del 2%. Anche sulla finanza pubblica dalla Ruef non emerge un quadro incoraggiante. Il deficit del 2010 viene confermato al 5% del Pil, ma il debito schizza al 118,4% rispetto al 116,9% della precedente stima. Soltanto dal 2012 è previsto riprendere «un profilo discendente» del debito che si dovrebbe attestare al 117,2%. Quanto al disavanzo, l’esecutivo assicura che «intende mantenere gli impegni assunti in sede europea, confermando il percorso di consolidamento finanziario: gli obiettivi programmatici restano fissati al 3,9% del Pil nel 2011 e al 2,7%nel 2012». L’inflazione dovrebbe rialzare la testa attestandosi nel 2010all’1,3% . Sul mercato del alvoro le prospettive restano nere. Nell’anno
in corso le unità a tempo pieno di occupati si ridurranno dello 0,4%. Vista in calo anche la pressione fiscale, che dovrebbe scendere sotto la quota del 2008, al 42,8% (grazie al recupero del Pil).

«Non sappiamo nulla di questa manovra e, anzi, pensiamo che Tremonti dovrebbe convocarci – ha reagito il segretario Cgil Guglielmo Epifani – Fino a ieri si diceva che tutto andava bene. Quello che temo è che questa crisi porti a politiche restrittive con un allargamento dei problemi della disoccupazione e di restrizione della base produttiva». «Appare sempre più chiaro – aggiunge
Francesco Boccia per il Pd – che nelle presto, comunque prima dell’assestamento previsto per il 30 giugno il governo dovrà tirare giù la maschera sulla tenuta dei conti pubblici».

da www.unita.it