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Wikileaks, il console Usa a Napoli: "Politici italiani non combattono la mafia"

I dispacci del diplomatico Truhn: «Come dice Saviano il tema della mafia assente dalla campagna elettorale». In un file anche un riferimento al Ponte sullo Stretto: «Senza strade, servirà a poco». Nuove rivelazioni che riguardano l’Italia su Wikileaks. Il sito di Assange ha pubblicato infatti alcuni dispacci inviati al governo americano da J. Patrick Truhn, console generale Usa a Napoli, che riguardano in particolare la lotta alla mafia e il Ponte sullo Stretto. In uno del giugno 2008, il diplomatico scrive che «miliardi di dollari stanziati dai governi dell’Unione Europea finiscono nelle mani delle organizzazioni criminali». «Anche se le associazioni imprenditoriali, i gruppi di cittadini e la Chiesa, almeno in alcune aree, stanno dimostrando promettente impegno nella lotta alla criminalità organizzata – è l’osservazione del diplomatico -, lo stesso non si può dire dei politici italiani, in particolare a livello nazionale».

SAVIANO – Nello stesso cablogramma (numero 12958), classificato come “confidenziale” e redatto il 6 giugno 2008, Truhn cita l’autore di Gomorra e parla delle elezioni e dell’assenza della lotta alla mafia tra i temi del voto. «Come ci ha ricordato Roberto Saviano – si legge su Wikileaks -, il tema (della lotta alla criminalità organizzata, ndr) è stato virtualmente assente dalla campagna elettorale di marzo-aprile» 2008. Nel dispaccio, il diplomatico suggerisce a Washington di «lavorare per fare presente al nuovo governo che la lotta al crimine organizzato è una seria priorità del governo Usa, e che i drammatici costi economici della criminalità sono un argomento convincente per una azione immediata». «Quelli che lottano contro la mafia – evidenzia poi il console Truhn – hanno bisogno di essere considerati come dei modelli reali. E Saviano può ben essere su questa strada». Il dispaccio riporta anche un incontro tra il diplomatico e lo scrittore. «Quando gli abbiamo chiesto come il governo degli Usa, al di là della cooperazione giudiziaria, potrebbe supportare al meglio la lotta al crimine organizzato, Saviano, in aprile, ha risposto: “Solo parlando della questione, le date una credibilità che il resto del mondo, italiani inclusi, non può ignorare”».

LA CHIESA – In un altro cable, il console Truhn rende conto delle critiche rivolte alla Chiesa cattolica per il fatto di «non assumere una forte posizione pubblica contro il crimine organizzato. Uno dei pochi preti che lo ha fatto, padre Luigi Merola, è ora sotto scorta, così come il vescovo di Piazza Armerina Michele Pennisi». Washington, è l’invito del diplomatico contenuto nel dispaccio, potrebbe considerare di «cercare maggiore cooperazione» del Vaticano sul fronte della lotta al crimine.

IL PONTE E LA CALABRIA – Nel giugno del 2009, il console americano analizza la situazione in Sicilia, dopo lo scontro politico tra Raffaele Lombardo e «il partito del premier Silvio Berlusconi». Facendo riferimento anche al Ponte sullo Stretto. «Servirà a poco – è la convinzione di Truhn – senza massicci investimenti in strade e infrastrutture in Sicilia e Calabria». Per Truhn, «la maggiore sfida allo sviluppo economico» siciliano «rimane la mafia, che potrebbe ben essere il principale beneficiario se il Ponte sullo Stretto di Messina, di cui si parla da secoli, venisse eventualmente costruito». In un dispaccio inviato il 2 dicembre 2008 che riporta anche un incontro con il governatore Agazio Loiero, il diplomatico americano scrive poi: «Se la Calabria non fosse parte dell’Italia, sarebbe uno Stato fallito. La ‘ndrangheta controlla» infatti «vaste porzioni del suo territorio e della sua economia».

ATTACCHI TALEBANI – I dispacci del console Truhn non sono gli unici dispacci resi noti in queste ore da Wikileaks che riguardano il nostro Paese. In alcuni dei 15.000 file militari Usa sull’Afghanistan ottenuti dal sito di Assange, rimasti inediti ed esaminati ora dall’Ansa si legge, per esempio, che i missili dell’Iran erano puntati nel 2007 contro obiettivi nelle province afghane di Herat e Farah sotto comando italiano. Tra i “bersagli” anche il Prt di Farah, gestito dagli americani. Dai dispacci americani emerge anche che alcuni gruppi talebani «operano sotto direttive emanate dal governo iraniano», con Teheran che aveva «dispiegato truppe al confine» per offrire supporto agli insorti. Gruppi talebani finanziati e armati dall’Iran nell’estate del 2009 lanciavano razzi contro la base italiana di Camp Arena «per dimostrare il proprio attivismo» a Teheran. Nella Repubblica islamica gli insorti venivano poi addestrati all’uso dei micidiali Ied, gli ordigni artigianali, forniti dall’Iran stesso, sempre secondo i file americani diffusi dal sito di Julian Assange.

Il Corriere della Sera 13.01.11