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"In Italia mancheranno 20 mila medici. Più pensionati che nuovi ingressi", di Margherita De Bac

È un’emorragia inesorabile. Se non verrà tamponata porterà in breve al dissanguamento della sanità pubblica in termini di medici. I dirigenti ospedalieri, i primari e gli aiuti per usare termini più masticati dai cittadini, sono in via di estinzione. Uno dei problemi urgenti da risolvere secondo lo schema di Piano sanitario nazionale per il triennio 2011-2013 approvato ieri dal Consiglio dei ministri nella sua forma preliminare. Il documento che indica obiettivi e correttivi è all’inizio del cammino. Dovrà essere votato dal Parlamento. Tra i capitoli nevralgici, le risorse umane. Previsioni nere. La stima è che entro il 2015 diciassettemila medici lasceranno ospedali e strutture territoriali per aver raggiunto l’età della pensione. In parte non verranno rimpiazzati per la crisi economica e i tagli del personale. In parte mancheranno i rincalzi. Dovremo anche noi ricorrere all’assunzione di stranieri come Gran Bretagna e Stati Uniti? La crisi italiana si avvertirà in modo sensibile a partire dal 2012, avvio di un «saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni» . La forbice tra chi esce e chi entra tenderà ad allargarsi anche per penuria di nuovi professionisti sfornati dalle scuole di specializzazione. Squilibrio ancora più evidente nelle Regioni in deficit che devono gestire rigidi piani di rientro. I tecnici del ministro della Salute, Ferruccio Fazio, propongono correttivi che consistono nell’aumento di risorse finanziarie per la formazione degli specialisti. Bisognerebbe innalzare il numero dei contratti finanziati dallo Stato. Ora sono 5 mila, insufficienti. L’analisi va nel dettaglio. Dal 2012 al 2014 è prevista una carenza di 18 mila medici che diventeranno 22 mila dal 2014 al 2018. Legato a questo il problema degli specializzandi in medicina veterinaria, odontoiatria, farmacia, biologia, chimica, fisica e psicologia che oggi non ricevono borse di studio. Per la loro formazione viene indicata una copertura per 800-1.000 contratti. Per Stefano Biasioli, segretario della Confedir, la confederazione dei dirigenti in pubblica amministrazione, «lo squilibrio tra necessità e programmazione nelle scuole di specializzazione è un fenomeno già presente che si sta aggravando anche perché il numero di posti nelle scuole non viene adattato alle esigenze di mercato» . Alcune specialità sono in uno stato di sofferenza cronica. Anestesia, radiologia, pediatria, nefrologia, geriatria (con la popolazione che invecchia) e tutta la chirurgia. «Si guadagna molto poco agli inizi, si rischia molto. Due ragioni per scegliere altre strade» , testimonia le difficoltà dei colleghi il trapiantologo Antonio Pinna. Il Piano sanitario individua altri ingranaggi da cambiare nella sanità. Occorre riqualificare la rete ospedaliera con la riconversione degli ospedali di piccole dimensioni e la loro trasformazione nei nuovi modelli di offerta territoriali sviluppati dalle Regioni. Va rivista, poi, la rete dei laboratori di analisi, mal distribuiti. Soprattutto in considerazione della sua importanza: il 60-70%delle decisioni cliniche partono da qui. Il Piano si sofferma anche sul tema delle vaccinazioni con particolare attenzione a quella antimorbillo.

Corriere della Sera 22.1.11

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Denunce e stipendi bassi Fuga dalla chirurgia. Sguarniti anche i posti da pediatra. «Troppo stress», di Simona Ravizza

Studenti del 6 ° anno di Medicina che per essere motivati a diventare chirurghi vengono invitati in una sala operatoria virtuale del Policlinico di Milano. È la fine degli anni Novanta e, per la prima volta in Italia, Alberto Peracchia e il suo braccio destro Luigi Bonavina avvertono i segnali di disaffezione al bisturi. Sono trascorsi vent’anni e la crisi di vocazioni è esplosa: su 278 borse di studio annuali in Chirurgia generale una su cinque non viene assegnata per mancanza di candidati. È la stima di Jacques Megevand della Società italiana di Chirurgia: «Il troppo stress e le denunce penali in aumento hanno fatto perdere appeal alla figura del chirurgo— dice il medico, docente all’Università di Pavia—. Oltretutto gli stipendi sono rimasti al palo. Come si ricorda spesso in corsia la generazione dei nostri maestri, con la paga di un mese, poteva comprarsi la Cinquecento. Noi a malapena uno scooter» . Ma non è solo questione di numero di aspiranti. È emblematico il caso dei pediatri. All’Università Statale di Milano le 12 borse di studio vanno a ruba. Peccato, però, che le corsie pediatriche sono sempre più sguarnite: mancano almeno 70 pediatri in Lombardia sui 518 al lavoro. «Bisogna aumentare i contratti di specializzazione» , ripete da mesi Gian Filippo Rondanini, primario del reparto Materno infantile dell’ospedale di Vimercate e autore di un sondaggio sui posti scoperti nelle pediatrie lombarde. Non solo: «Turni massacranti, pochi weekend liberi e richieste di risarcimento danni spingono i già pochi neospecializzati a diventare pediatri di famiglia» . È racchiusa in questi due estremi l’emergenza medici in Italia. E il risultato è sempre lo stesso: gli ospedali si svuotano. Le avvisaglie ci sono già persino in città come Milano. Le professioni del chirurgo e del pediatra ospedaliero— per limitarsi solo ai cas i più e c l a t a n t i — perdono attrattività. In più c’è da fare tornare i conti tra le aspirazioni dei camici bianchi, il numero di borse di studio da 30 mila euro l’anno ciascuna che possono avere una copertura economica da parte del ministero dell’Istruzione (ancora poche rispetto al fabbisogno) e le richieste di specialisti avanzate dai singoli ospedali. Una sfida complessa che si intreccia con un altro drammatico problema: l’ondata di pensionamenti prevista nei prossimi 20 anni che rischia di spopolare definitivamente le corsie. Di qui l’allarme che trapela dal Piano sanitario per il 2011-2013 approvato ieri dal Consiglio dei ministri: entro il 2015 17 mila medici lasceranno ospedali e strutture territoriali per andare in pensione, nel 2018 saranno 22 mila. Le previsioni della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri guidata da Amedeo Bianco, sono ancora più fosche. Tra medici di famiglia, ospedalieri, pediatri di libera scelta e professionisti della Guardia medica tra cinque anni ci sarà un saldo negativo di 41 mila camici bianchi: dai 294.971 di oggi ai 253.420 del 2015. Per arrivare ai meno 90 mila del 2030 (205.952). «La sfida principale è riuscire a programmare in modo corretto il numero di ingressi a Medicina e nelle Scuole di specializzazione — spiega Amedeo Bianco —. Bisogna, poi, guardare al di là dello spirito corporativo per rispondere alle esigenze dei malati che si manifesteranno nei prossimi anni» . Così la Lombardia, per esempio, inizia già a correre ai ripari. Nelle linee guida per il 2011, appena varate dalla Giunta, sono stati finanziati 6 milioni di euro per aumentare le borse di studio messe a disposizione dal ministero dell’Istruzione. Oltre ai pediatri, servono rinforzi soprattutto per gli anestesisti, i ginecologi, i nefrologi e i gastroenterologi. Sullo sfondo resta il monito di Luigi Bonavina, oggi alla guida della Chirurgia generale dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano, ma sempre dello stesso avviso: «Per tenerli a lavorare in ospedale, e soprattutto farli entrare in sala operatoria, i giovani vanno motivati» . Per bloccare l’emorragia in corso è necessario, insomma, anche ridare un nuovo appeal alla figura del medico.

Corriere della Sera 22.01.11