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"L'inglese? Insegnatelo prima delle elementari", di Vera Schiavazzi

E se a Parigi pedagoghi come Michel Morel ironizzano sull´inglese non soltanto a 3 ma anche a 5 anni (“come si può imparare un´ora alla settimana la lingua di Shakespeare quando alla stessa età i bambini non conoscono ancora la propria?”), in Italia gli esperimenti più importanti in questo campo vengono cancellati, o semplicemente si esauriscono, per mancanza di fondi. È il caso di Torino, dove non ci sono più soldi – denuncia il Coordinamento genitori – per pagare insegnanti di madre lingua dedicati ai bimbi dell´ultimo anno delle scuole comunali d´infanzia, o della Sardegna, dove il massiccio investimento compiuto su Sardinia speaks english è durato tre anni ma ora appare incerto. Asili e scuole d´infanzia bilingui non mancano, come non manca l´autorganizzazione della madri, che a Roma come a Milano promuovono una volta a settimana la “merenda all´inglese”: con una cifra compresa tra i 50 e gli 80 euro da suddividere tra le famiglie, quattro o cinque bambini vengono intrattenuti con favole, filastrocche e canzoncine in inglese da un´insegnante madrelingua che fa anche da baby sitter. Serve davvero o sono soldi buttati al vento a fronte del fatto che, una volta rientrato a casa, il bambino in questione non sentirà più una sola parola in inglese, almeno fino alle elementari o alle medie? «Se in casa nessuno parla un´altra lingua, se non esistono altre occasioni, allora quella merenda con i compagni è soltanto un momento di gioco come un altro, più o meno piacevole, e ne resterà ben poca traccia – dice Daniela Silvestri, linguista trentina, esperta di didattica precoce dell´inglese – Se invece si prevede che il piccolo possa comunicare in diverse lingue, anche con i genitori in alcune occasioni o con gli ospiti o i compagni di scuola, non esistono controindicazioni al di là del gradimento individuale del bambino».
Altri esperti, come Martin Dodman (Università di Trento) ricordano che «studiare una seconda lingua significa riutilizzare gli schemi mentali che i bambini si sono già costruiti nell´aver affrontato determinate esperienze, e questo li facilita molto». In un nido o un una materna bilingui, parlare due idiomi diversi risponde a una necessità, e aiuta i più piccoli. E un parere a favore arriva anche dalla neuroscienze: «Flessibilità e plasticità della mente sono alla base del funzionamento neuronale dei bambini piccoli – spiega Gianpaolo Donzelli (Università di Firenze) – Così le sinapsi tra neuroni favoriscono l´apprendimento linguistico. Cogliere ed incorporare suoni, accenti, vocaboli con la massima precisione. Da piccoli è possibile sentire i suoni per quello che sono, e li si può riprodurre fedelmente». Molto, ma molto più facile di quel che accade agli adulti.

La Repubblica 30.01.11