attualità, scuola | formazione

"Se i docenti ritrovano la voce", di Mila Spicola

Voglio che questo commento sulla vicenda degli scatti dei docenti da restituire sia quello che vuole essere: una lettera ai miei colleghi e alle mie colleghe. Il provvedimento di decurtazione è stato ritirato. Siamo stati 10.500 i firmatari della petizione che avevo messo on line domenica sulla piattaforma change.org per un doppio obiettivo: chiedere l’annullamento del provvedimento ma, nello stesso tempo, informare noi colleghi, perché la maggior parte non ne sapeva assolutamente nulla.

In modo dignitoso ma determinato abbiamo detto no a un atto ingiusto che comunque avrebbe stabilito un precedente ignobile per l’Italia intera: togliere dalle tasche dei lavoratori somme giustamente percepite e già erogate. Vi aggiorno su quello che è accaduto in questi ultimi giorni. Ho letto, come alcuni di voi, della nota del Mef sabato sera. L’ho segnalata a Davide Faraone, responsabile scuola del Pd, esattamente sabato sera, 4 gennaio. Mi ha risposto che si sarebbe attivato subito per capire cosa stava accadendo. Anni di proteste nel movimento per la scuola però ormai mi han fatto comprendere che solo quando c’è una fortissima pressione sociale e un «polverone mediatico» le richieste vanno in porto. È orrida come cosa, lo so, il buon senso e la giustizia dovrebbero bastare da soli, ma così è, e noi non potevamo rischiare di fare ennesimi buchi nell’acqua. Come fare però per raggiungere tutti i docenti alla vigilia della Befana e compattarci in una sola voce ma con un boato sostanzioso? Ecco la petizione. Può piace- re o non piacere come mezzo, ma questo avevamo e questo abbiam fatto, visto che nessun mezzo di stampa o media ne parlava. Poi vi ho inviato, a tutti i firmatari, un messaggio per chiedervi di inonda- re tutti di mail: ministri, giornalisti, redazioni. E abbiamo rotto il muro del silenzio. La stampa se n’è accorta, i media si sono scossi e siamo stati noi a farlo. A quel punto, con tutti i «mezzi aria terra mare» allertati, ci hanno ascoltato. Perché la cosa che adesso è cambiata, non è solo il fatto che abbiam protestato, lo facciamo da anni. Quello che è mutato è l’interlocutore. Va detto per onestà mentale. Quando alcuni di noi nel 2009 hanno fatto persino lo sciopero della fame contro i tagli della Gelmini abbiamo trovato un muro di cemento alto di fronte. Non è che sia andata diversamente con il governo Monti.

Addirittura ci definì ingrati conservatori perché non volevamo lavorar sei ore in più gratis. Salvo poi, la sua categoria di superstipendiati muovere causa contro lo Stato per non aver decurtato manco un centesimo e su stipendi ben più sostanziosi dei nostri. Adesso forse il verso cambia. C’è un partito capace di interloquire, di accelerare o di bloccare atti di questo governo, piaccia o non piaccia. È di poco fa il tweet di Enrico Letta che su questa vicenda il governo ha fatto il dietro- front.

Devo ringraziare Faraone, Renzi e Carrozza. Ma voglio tornare a ringraziare noi. La nostra domanda amara adesso è: questo provvedimento era esecuzione di una decisione presa a settembre. Possibile che nessuno l’abbia segnalata alla stampa? O a noi docenti? So che nella Commissione Cultura della Camera in tanti l’avevano criticata e tentavano di far fare marcia indietro al ministro Saccomanni, e so anche che la nostra pressione è servita a Renzi per far fare marcia indietro al governo: ma tutti costoro non potevano chiamarci in soccorso, per difendere noi stessi tra l’altro, prima? È possibile desiderare adesso una politica sulla scuola che agisca in modo autonomo dai conti, pur tenendoli in conto, ma per il meglio, per il buon senso e per i diritti, senza subire gli effetti di una ragioneria di Stato sempre più asfittica e pasticciona, e dover vivere la scuola senza ricorsi, senza pasticci, senza petizioni e senza lotte estenuanti per avere solo il giusto? È possibile affrontare i problemi della scuola in modo organico, stabilire cosa fare, programmare e definire azioni e tempi ed evitare queste follie, segno di una perenne navigazione a vista, che mentre toglie a chi non può togliere, la scuola, mantiene comunque intatti privilegi e sprechi insostenibili in altri ambiti, con tanto di avallo burocratico e amministrativo? Per dirne una a Saccomanni: come è possibile che dirigenti statali con stipendi oltre i diecimila euro si stabiliscano da soli premi di produttività che non hanno nessun segno più d’appoggio e ravanare il fondo del barile degli stipendi dei docenti? Abbiamo capito, noi docenti, che essere uniti e com- patti e presenti è meglio che essere disgregati, contrastanti e assenti. Gli interlocutori adesso sono attenti, la scuola, che sia un proposito, uno slogan o la verità, adesso è in cima. Sta a noi vigilare. Critichiamoci tra di noi quanto vogliamo, ma per difendere il nostro dobbiamo essere compatti, anche per pro- porre e passare da un ruolo passivo a uno attivo, in qualunque parte o ruolo o funzione, civile, professionale, etica, associazionistica, sindacale o politica ci troviamo.

Io ho un ruolo politico, ma conta l’azione non il contenitore. E l’azione può compiersi in ogni modo, ambito o momento. Sono solo contenitori che mutano se ci siamo, ma non mutano nulla se non ci siamo. Siamo la scuola italiana ed è il momento di esserci.

L’Unità 09.01.14

2 Commenti

    I commenti sono chiusi.