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Le università contro i valutatori «Affidano tutto agli algoritmi», di Gianna Fregonara

Guerra aperta tra i rettori italiani, il presidente della Conferenza Stefano Paleari in testa, e l’Anvur guidata da Stefano Fantoni, l’Agenzia di valutazione delle università italiane. L’oggetto del contendere è l’avvio della valutazione periodica e di accreditamento dei corsi universitari che dovrebbe cominciare con il prossimo anno accademico. Ma il malessere dei rettori è ben più vasto. «Questa è la goccia che ha superato l’orlo. In quattro anni abbiamo perso il 20 per cento dei finanziamenti, ancora non sappiamo quali sono i fondi disponibili per quest’anno. Il turnover è ancora bloccato, abbiamo fatto uno sforzo gigantesco in questo periodo per sostenere il sistema della valutazione della ricerca (Vqr, conclusosi lo scorso anno), abbiamo accreditato tutti i nuovi corsi di laurea, i dottorati, i dipartimenti. Siamo sommersi dalla burocrazia», spiega Paleari.
E infatti, quando è arrivato il documento che presenta le linee guida della valutazione dei corsi di studio degli atenei, la protesta tra i rettori è esplosa. Inizialmente online e sul sito Roars che spesso raccoglie i malumori degli docenti. Ma nell’ultima giunta della Conferenza dei rettori, una settimana fa, si è deciso di procedere uniti. L’indomani Paleari ha preso carta e penna e ha «istituzionalizzato» lo scontro.
«L’Anvur ci ha presentato un documento di 57 pagine per la valutazione — continua il presidente dei rettori — sintomo dell’approccio tutto norme e cavilli. Diciamo no all’ennesima imposizione, siamo invece disponibili a trovare soluzioni tutti insieme. E vorremmo sapere se il Miur è al corrente dell’iniziativa dell’Anvur. Questa è una valutazione sulla carta quando invece il ministro Giannini dice che il giudizio sui corsi va dato ex post , sul campo».
In 24 ore è arrivata la risposta di Fantoni a nome dell’Anvur. In sintesi: la valutazione l’anno prossimo comincia su base volontaria, tutto come previsto, al massimo saranno visitati dagli ispettori 4 o 5 atenei che ne faranno richiesta, le linee guida non contengono adempimenti per le università ma per i valutatori. Non è vero che si tratta di una valutazione ex ante ma è ex post proprio perché fatta con gli ispettori che controllano l’andamento della didattica di un percorso già iniziato.
Caso chiuso? Macché: non si è trattato di un’incomprensione. Mercoledì è stata depositata un’interrogazione parlamentare firmata anche dalla vicepresidente della commissione università e Ricerca Manuela Ghizzoni (Pd), che chiede al ministro Giannini di «sospendere immediatamente le procedure» e di promuovere «una radicale revisione dell’Anvur». Come la pensa il ministro, già rettore a Perugia, si sa. Nelle comunicazioni alla Camera un mese fa aveva detto di voler riformare «i criteri per l’Anvur, la cui istituzione ha portato a un delicato equilibrio fra potere di indirizzo del Miur e poteri di accreditamento e valutazione dell’Agenzia».
Intanto si moltiplicano le illazioni. All’Anvur sono convinti che ci siano resistenze di una parte delle università a ricevere le visite degli ispettori, vissute come visite fiscali. Tra i rettori invece cresce l’insofferenza per l’Agenzia e per un sistema di valutazione «basato sugli algoritmi e non sulla realtà», che vorrebbero bloccare.

Il Corriere della Sera 16.05.14

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Atenei, la responsabilità è dell’Anvur non dell’Europa, di Stefano Semplici

Università Tor Vergata

SONO PASSATE DUE SETTIMANE DA QUANDO, INSIEME ALL’AMICO GIOVANNI SALMERI, HO DECISO DI TENTARE DI DAR VOCE ALLA SOFFERENZA ormai insopportabile dei tanti colleghi che amano l’università e cercano di fare onestamente il loro lavoro. È per questo che abbiamo detto il nostro «ora basta!» al supplizio burocratico che aggiunge al danno del taglio senza fine delle risorse la beffa della tesi che togliendo soldi e aggiungendo moduli, schede e dichiarazioni si fa crescere la qualità. L’ampiezza del consenso che abbiamo ricevuto dimostra che avevamo ragione. Le parole con le quali il presidente dell’Anvur ha risposto ad una lettera del presidente della Conferenza dei rettori e all’articolo pubblicato da Claudio Sardo su l’Unità non possono che rafforzare il lettore nella convinzione che non ci sono argomenti per difendere il diluvio di adempimenti totalmente inutili dal quale siamo sommersi.
Non è un buon argomento l’affermazione che l’obiettivo da noi perseguito è quello di dipingere il processo di valutazione «come un freno alla buona riuscita delle attività accademiche». Ho sempre sostenuto il contrario e proprio per questo mi oppongo ad una valutazione che si concentra in modo ossessivo sul rispetto di procedure che neppure gli addetti ai lavori sono più in grado di seguire e comprendere anziché sui comporta- menti e sui risultati che tutti sono in grado di vedere e apprezzare. Critichiamo questi meccanismi perversi perché vogliamo più trasparenza, più efficienza e, in ultima analisi, più ragionevolezza, non perché abbiamo paura di essere giudicati. I filosofi di Tor Vergata e i 100 presidenti di corso di studio dell’Università di Padova che hanno dato inizio a questa protesta insieme ferma e civile rappresentano realtà che proprio l’Anvur, attraverso il progetto di valutazione della qualità della ricerca 2004-2010, ha riconosciuto ai vertici delle graduatorie nazionali. Io credo che queste classifiche debbano essere lette con molta cautela e che a che queste procedure abbiano bisogno di importanti correzioni. Nessuno può però alimentare anche solo il sospetto che parliamo mossi da rancore e frustrazione.

Ancora più grave e triste è il tentativo di scaricare sull’Europa la responsabilità di quanto è accaduto. Le Linee guida evocate da Fantoni puntano a favorire «una maggiore coerenza nelle procedure di assicurazione della qualità in tutto lo Spazio europeo dell’istruzione superiore». Si tratta anche in questo caso di un obiettivo importante e che non può che essere condiviso. Per restare al tema della qualità dei docenti, questo testo invita le istituzioni ad «accertare che i docenti siano qualificati e competenti» e i docenti ad «essere disponibili a sottoporsi a valutazioni esterne e ad accettarne le conclusioni».

Chiedo al presidente dell’Anvur di spiegare perché corrisponda ad un inderogabile vincolo europeo il requisito per la qualificazione dei docenti e della ricerca così definito: «Per quanto riguarda la qualificazione della docenza, verranno utilizzati i risultati della Vqr riferiti alle varie aree o dipartimenti generando un fattore correttivo (kr) per cui moltiplicare Did (quantità massi- ma di didattica assistita erogabile a livello di sede) ottenendo così la quantità massima di didattica assistita erogabile corretta in funzione della qualità della ricerca: Did(r) = Did x kr». Avrei preferito qualche indicazione in più sul modo in cui le università saranno tenute a garantire che i loro professori si presentino puntualmente in aula a fare lezione e rispettino il loro orario di ricevimento. L’Europa, in ogni caso, non ha colpe. Per questo è più facile rimediare e abbiamo avanzato proposte concrete per dare un primo segnale forte di svolta. Questa dovrebbe anche essere la volontà di un governo che ribadisce ogni giorno la sua volontà di usare tutti gli strumenti a sua disposizione per disboscare la selva oscura della burocrazia inutile. Finora non abbiamo visto nulla. È al presidente del Consiglio (che dell’università, ancora, non ha mai parlato) e al ministro Giannini che tocca fare qualcosa. È a loro che lo chiediamo e non lasceremo che nascondano la loro responsabilità sotto qualche lontano tavolo europeo.

L’Unità 16.05.14