pari opportunità | diritti, scuola | formazione

I presidi: «No al silenzio, i tagli sulla scuola sono gravi», di Chiara Affronte

No alle intimidazioni. È questa la replica forte e chiara dei presidi dell’Emilia-Romagna al dirigente dell’Ufficio scolastico regionale Marcello Limina e alla sua «circolare bavaglio» diventata pubblica pochi giorni fa grazie al coordinamento dei docenti modenesi. Se il dirigente dell’Usr credeva di zittire i lavoratori della scuola, è invece riuscito a fare alzare la loro voce ancora di più. E così, dopo la protesta già annunciata per giovedì davanti all’Usr degli insegnanti delle superiori, questa volta sono i destinatari della circolare «riservata» a prendere la parola. E a ricordare a Limina doveri ma anche diritti di un preside. Ad esempio, quello di «continuare ad informare, spiegare e raccontare in quale difficile situazione si trovi la scuola italiana». Questo, aggiunge il coordinamento, «non significa assumere posizioni critiche nei confronti del Governo, ma semplicemente esercitare il proprio ruolo di dirigenti scolastici così come previsto dalla legge». E così, riprendendo una frase delle circolare di Limina, «astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica» non è certo uno dei doveri dei presidi. Mentre lo è, «eticamente e deontologicamente», non nascondere «l’impoverimento dell’offerta formativa» causato dai tagli del ministro Mariastella Gelmini. Anche Asabo, l’associazione che riunisce molte scuole di Bologna, precisa che «la supina condiscendenza sarebbe una lealtà di facciata che non renderebbe un buon servizio all’efficacia del lavoro nella scuola». Le rivendicazioni arrivano proprio nel giorno in cui le conseguenze di questi tagli si mostrano in tutta la loro drammaticità. Ben 500 i posti di lavoro in meno per l’anno prossimo nelle scuole di Bologna e provincia, oltre 1.600 private del «tempo scuola richiesto». Le 64 classi di tempo pieno in più non sono state date, riferiscono in un comunicato congiunto Cgil e Cisl. E queste famiglie si rivolgeranno ai «Comuni a loro volta finanziariamente stremati», prosegue la nota. «Sono i numeri dello sfascio, quelli che Limina non vuole comunicare », sbotta Sandra Soster della Cgil. La tendenza dell’Usr regionale, infatti, resta sempre quella di cercare di ridimensionare il problema, invitando i dirigenti a non comunicare per il momento questi numeri alle famiglie. Restano quindi 600 i bambini privati della scuola dell’infanzia, come riportato nei giorni scorsi dall’Unità: «Le famiglie sono invitate ad autorganizzarsi », spiegano Cgil e Cisl. L’altro dato drammatico è quello relativo alle pluriclassi: sia alla primaria che alla secondaria di primo grado a fronte di un ingente aumento di alunni (503 alle elementari, 738 alle medie) sono previsti rispettivamente 48 e 58 insegnanti in meno: nel primo caso il numero di classi rimarrà lo stesso e quindi le cosiddette pluriclassi saranno 16, 5 in più rispetto all’anno scorso. Alle secondarie di primo grado invece le classi in meno saranno 18: così – spiegano ancora Cgil e Cisl – si dovrà ricorrere ad un maxi accorpamento di classi intermedie, in barba alla «continuità didattica». A questo quadro si aggiungono i dati relativi alle superiori, dove il taglio di docenti previsto è di 125 unità (180 per il personale amministrativo). E, oltre tutto, vista la situazione finanziaria in cui si trovano gli istituti, che in totale a Bologna devono avere dallo Stato 23 milioni, sarà impossibile garantire le supplenze, anche in questo caso attaccando il monte ore a cui i ragazzi avrebbero diritto. Per tutti questi motivi i sindacati chiedono con forza un tavolo interistituzionale a livello provinciale, già convocato per domani, per lavorare ad un’azione congiunta affinché il Governo «sia costretto a rispettare le leggi dello Stato e perché ad ogni ragazzo sia garantita una pari opportunità formativa, a partire dall’accesso alla scuola dell’infanzia». Quindi, basta nascondere la realtà, è il grido di Cgil e Cisl: «È necessario un nuovo patto sociale per le nuove generazioni a venire, perché ora tutti sappiamo qual è la situazione e la posta in gioco».

L’Unità/Bologna 25.05.10

******

“Cosa devo dire, che tutto va bene?”, di Chiara Affronte

Se un giornalista mi chiama e mi chiede se i tagli avranno delle conseguenze sulla mia scuola, cosa devo fare, dire di no anche se la realtà è opposta? ». Questa la domanda retorica che si pone le dirigente dell’istituto comprensivo 11 Daniela Amigoni, nel commentare la circolare «bavaglio » del dirigente dell’Ufficio scolastico regionale Marcello Limina.
Preside, lei fa parte del coordinamento unitario dei dirigenti . Cosa pensa di questa circolare? «Non l’ho ancora letta, se non da stralci di giornale, però il tono non mi è nuovo, so di cosa si parla, visto che da parte dell’Usr ogni occasione è buona per farci appello a non parlare con la stampa. Ma io credo che criticare il Ministero per quello che fa non sia un’offesa: se non ritengo giusto un provvedimento sento di dovere e potere sostenere la mia opinione. Poi, ovviamente, come pubblico ufficiale, faccio il mio lavoro e applico le leggi».

Mi faccia un esempio di provvedimenti da cui Dissente con il Ministero. «Ne ho parlato anche con voi, nei mesi scorsi. Quando è emersa la questione del tetto del 30% per gli stranieri, ad esempio. Oppure, mi sento di dirle che anche oggi (ieri per chi legge, ndr.) che il Ministero sostiene di voler spostare l’inizio della scuola al primo di ottobre per dare impulso al turismo, mi viene subito da dire che non sono d’accordo. Tra l’altro mi pare pur un battuta infelice: in tempi di vacche magre lasciare tutto settembre i ragazzi a casa non credo che significhi automaticamente per le famiglie decidere di partire per le vacanze, o no? Non si possono togliere 15 giorni così di un colpo. Pensi che la mia scuola resta aperta anche giugno e luglio per corsi estivi, proprio per non lasciare soli i ragazzi…Detto ciò, se il Ministero deciderà così, ovviamente aprirò la scuola il primo ottobre ». Dalla circolare emerge una figura del dirigente scolastico un po’ sceriffo, nei confronti dei docenti, colpevoli talvolta di distribuire alle famiglie materiale informativo“ contro”la pubblica amministrazione. «Le famiglie che si interessano sanno già bene cosa sta succedendo alla scuola, senza che gli insegnanti glielo comunichino. E sono molto preoccupate: quindi agiscono e dicono la loro opinione. La stessa cosa vale per gli insegnanti che hanno studiato molto, si sono specializzati e si ritrovano in una scuola che non gli appartiene. Figuriamoci se io posso impedire loro di fare certe esternazioni. Non è nei miei compiti ».

Lei non smetterà di parlare con la stampa? «Se un giornalista mi chiama e mi chiede cosa succede alla mia scuola coi tagli, è corretto che io lo dica. Se sono stati tagliati drasticamente i collaboratori scolastici, io non posso non denunciare che in questo modo incorreremo in gravi problemi di sicurezza, ci metteremo nei guai seri. Dico la verità. Altra cosa sono le strumentalizzazioni: è evidente che chi fa montature si comporta in modo scorretto. Ma non mi pare che sia mai successo. Io continuerò a dire quello che penso».

L’Unità/Bologna 25.05.10

******

“Costituzione, Statuto o bavaglio per tutti?”, di Pippo Frisone
La sortita del dr.Limina, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna, non è un incidente di percorso né la sua è una circolare dal sen fuggita.

A dimostrarlo sono le prese di posizione di tutto il centro-destra, da quello bolognese ai maggiorenti nazionali del pdl , ministro Gelmini in testa.

Contro gli insegnanti e i dirigenti scolastici che osano esprimere un pensiero critico sui tagli o sulle riforme in atto, si minacciano dure sanzioni disciplinari.

E la ministra Gelmini, nel dare ragione al Direttore Limina, aggiunge che quanti vogliono far politica nella scuola, invece di strumentalizzare le istituzioni, si candidino alle elezioni oppure stiano zitti e non parlino coi giornali.

Ma vediamo come stanno effettivamente le cose . Il codice di comportamento dei pubblici dipendenti vieta di rilasciare autonomamente interviste ai giornali o di esprimersi criticamente rispetto all’amministrazione di appartenenza.

La Costituzione italiana parla chiaro: gli articoli 9 – 21 – 33 tutelano la libertà di espressione e di pensiero senza se e senza ma.

Anche la Carta Europea agli artt. 70 e 71 non lascia dubbi.

Libertà di pensiero e libertà di espressione sono riconosciuti senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche.

A quarant’anni dalla Legge n.300/70 –Statuto dei Lavoratori- va ricordato che ci son voluti vent’anni perché con il diritto e la libertà di espressione e di pensiero la Costituzione entrasse in tutti i luoghi di lavoro anche nelle Amministrazioni Pubbliche, scuole comprese.

Lo Statuto nelle scuole è una conquista che risale agli anni novanta.

I primi limiti arrivano con il Dlgs.n.165/01 e il nuovo Codice di comportamento dei pubblici dipendenti, da allora in poi allegato a tutti i contratti di lavoro del pubblico impiego.

Mentre il decreto riconosce al lavoratore pubblico il diritto di qualificarsi agli occhi del pubblico, d’interagire nella comunicazione e nei rapporti coi cittadini, il codice di comportamento all’art.11, comma 2 pone un limite invalicabile all’integrità dell’immagine dell’Amministrazione.

“Salvo il diritto di esprimere valutazioni e di diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’Amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa.”

E il decreto Brunetta prevede pesanti sanzioni disciplinari per quanti procurano danni all’immagine della pubblica amministrazione, con pensieri, parole ed opere e non solo.

In buona sostanza, il docente o il dirigente scolastico possono solo parlar bene dell’amministrazione dalla quale dipendono. In quanto pubblici dipendenti devono astenersi da critiche o dichiarazioni pubbliche che ledono l’immagine dell’amministrazione. Se vogliono parlare con gli organi di stampa devono preventivamente informare i propri superiori.

Questo è quanto contenuto nel codice di comportamento di nove anni fa.

E allora perché tanto clamore proprio ora ? Perché è cambiato il clima e l’intolleranza verso chi dissente o manifesta un pensiero critico è diventata l’ossessione principale di chi ci governa, di questo governo in particolare.( Fini docet ).

La contrapposizione di idee e convincimenti, la manifestazione di giudizi sull’operato e i comportamenti del governo,non dettati da animosità o avversione preconcetta, sono il sale della democrazia. Limitarli vuol dire fare un salto nel buio, rinnegare a 40 anni dalla nascita proprio quello Statuto dei lavoratori che ha portato le libertà e i diritti fondamentali dei cittadini sanciti dalla nostra Costituzione in ogni luogo di lavoro, comprese le scuole assieme a tutto il pubblico impiego.

Mettere il bavaglio all’informazione, limitare il potere dei giudici, impedire a insegnanti e dirigenti scolastici di poter esprimere critiche sull’operato del governo, sono il segno preoccupante d’una pericolosa involuzione : il passaggio della nostra democrazia da parlamentare a democrazia autoritaria.

A noi tutto ciò non piace e ci preoccupa fortemente.

Continueremo da questo giornale a manifestare il nostro dissenso e a rivendicare il nostro diritto di critica sulle cose che non ci piacciono, magari con un po’ d’ironia , mai con disprezzo o dileggio e rispettando sempre i nostri avversari.

Credo che sia questo il modo migliore di ricordare i 40 anni dello Statuto e ancor più il modo migliore di difendere e praticare quei principi di libertà e democrazia sanciti dalla nostra Costituzione repubblicana.

Da ScuolaOggi 25.05.10