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"Il primo voto verrà dallo spread", di Isabella Bufacchi

La luna di miele tra i mercati e la politica italiana rischia di chiudersi bruscamente. Quando il capo dello Stato Napolitano ha fatto riferimento ieri alle «posizioni inconciliabili» dei partiti, a conferma dell’impossibilità di formare un governo, l’illusione di chi – in maggioranza sui mercati – aveva scommesso su un Monti-bis o pseudo-Monti-bis è andata in frantumi. Sulla novità dell’istituzione dei gruppi dei saggi, per portare avanti proposte programmatiche anche sul fronte economico, i mercati ripongono ora la speranza di un’Italia che anche senza un nuovo governo nell’immediato sarà capace di mantenere il passo sul fronte delle riforme strutturali, unica garanzia per poter tornare a una crescita potenziale duratura e sostenibile nel medio-termine per contenere lo straripante debito pubblico. Sorvegliata speciale resta la legge elettorale: andrà cambiata per convincere i mercati che, nel caso di ritorno alle urne in tempi rapidi, il pericolo di un Parlamento appeso (hung Parliament) non si riproporrà. Da martedì, la tenuta del rischio-Italia sarà meno scontata e dovrà essere meritata sul campo. Il BTp a dieci anni è rimasto finora sotto il 5%, dunque poco scosso dalla turbolenza provocata dall’esito elettorale. Le maxi-aste del Tesoro italiano hanno continuato ad essere assegnate a tassi ragionevoli, e per importi al top della forchetta o poco sotto, negli ultimi due mesi nonostante l’instabilità profonda del quadro politico. Questo è avvenuto per motivi tecnici e sostanziali. La liquidità in eccesso, il programma delle OMTs della Bce pronta a fare “whatever it takes” per difendere l’euro, la caccia all’alto rendimento, la quota dei titoli di Stato in mano agli stranieri molto ridimensionata rispetto al 2011 hanno assicurato un sostegno tecnico. In quanto alla variabile politica, i mercati, in sostanza, si erano convinti che l’Italia avrebbe tirato fuori il coniglio dal cilindro, la grande coalizione, avrebbe superato l’impasse rimettendo alla guida del Paese un Governo tecnico sostenuto dal centrosinistra e dal centrodestra, per almeno un anno: per portare avanti riforme strutturali per la crescita e la riforma elettorale per assicurare un governo solido alle prossime elezioni. Questa tranquillità, questa tolleranza, quest’indulgenza bonaria con la quale i mercati hanno reagito allo scontro recente senza esclusione di colpi tra Bersani, Berlusconi e Grillo è ora destinata a trasformarsi in un nervosismo ruvido e intransigente, l’Italia verrà seguita da ora in avanti senza distrazioni e senza accondiscendenza. Complice la crisi di Cipro, tutt’altro che risolta per le sue implicazioni fortemente negative per l’euro, e la portata destabilizzante delle elezioni a settembre in Germania: «Lo stallo politico italiano acuito dal fallimento delle consultazioni di Napolitano ha un pessimo tempismo – ha commentato ieri uno strategist londinese – perché arriva nel momento in cui la crisi cipriota ha ricordato ai mercati il peso della condizionalità e delle perdite inflitte ai privati nei salvataggi europei». Il modo in cui Cipro verrà aiutata, inoltre, ha portato alla luce la rigidità pre-elettorale tedesca nei confronti degli Stati europei in difficoltà: nei prossimi mesi l’Italia dovrà fare l’impossibile per non perdere la fiducia dei mercati, per tenere, spread, aste e rendimenti dei BTp sotto controllo. «Abbiamo organizzato la scorsa settimana una conference con la nostra clientela istituzionale internazionale, tra i più grandi portafogli americani, asiatici ed europei – ha commentato lo strategist di una grande banca giapponese –. Quando abbiamo parlato di Italia ci siamo resi conto che nessuno dei nostri clienti, tutti estremamente rilassati, aveva la minima idea di cosa stesse realmente succedendo in Italia». Da martedì, l’Italia non verrà persa di vista. «Per tranquillizzare i mercati, in questa situazione di stallo politico, l’Italia dovrebbe trovare il modo di continuare il processo delle riforme strutturali avviato con il governo Monti, senza rinviarlo troppo a lungo – ha commentato ieri Fabio Fois, Southern European economist di Barclays capital – Riaprire il prima possibile l’agenda delle riforme, indispensabile per aumentare la crescita potenziale del Paese, sarebbe infatti molto importante». Secondo Fois, «è altrettanto importante che, nel caso nuove elezioni dovessero essere annunciate, il Parlamento attuale approvi una riforma della legge elettorale che riduca il più possibile il rischio che una paralisi politica si possa ripresentare. Per i mercati il rischio peggiore è quello dell’ingovernabilità perché blocca il cammino intrapreso delle riforme strutturali».
L’Italia si trova da martedì a un bivio: anche senza un nuovo governo, e in attesa di una risoluzione della paralisi politica, può comunque coltivare e alimentare la fiducia dei mercati, lanciando già da domani e nelle prossime settimane – o anche mesi – il segnale che non vi saranno deviazioni o retromarce dalla disciplina di bilancio e dall’implementazione di tutte le riforme strutturali necessarie per rilanciare la crescita e per assicurare la governabilità alle prossime elezioni. Se invece i mercati dovessero convincersi che alla fine di questa turbolenza politica l’Italia, dopo una nuova tornata elettorale o sotto la guida di un governo temporaneo, ripiomberà nell’ingovernabilità oppure cancellerà i progressi e gli obiettivi del rigore di bilancio e delle riforme per la crescita, il BTp sfonderà il muro del 5% per poi testare nuove soglie e soprattutto la rete di sicurezza dell’Esm e della Bce. Proprio per questo il prossimo giovedì gli occhi dei mercati saranno tutti per il presidente della Bce Mario Draghi, alla ricerca di conferme tangibili che la Bce, dopo Cipro e per l’Italia, è pronta ad agire.

Il Sole 24 Ore 31.03.13