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“Mediaset, affari d’oro con gli spot la pubblicità va sulle tv del premier”, di Ettore Livini

La Rai vince sugli ascolti ma perde rispetto alle reti del Biscione
investimenti ridotti solo sui canali Rai e sulla carta stampata

MILANO – L’effetto Palazzo Chigi regala per la seconda volta un paracadute anticrisi a Mediaset. Era già successo a fine 2001, nei primi mesi del governo Berlusconi bis, quando il Biscione aveva visto le sue entrate pubblicitarie rimanere stabili mentre quelle Rai (13,6%) erano andate a picco. L’attrazione fatale dei grandi investitori per le tv del premier è andata in onda in fotocopia nel 2009: la recessione, come ovvio, ha falcidiato i conti del settore. Ma Publitalia (-10,53% nei primi quattro mesi dell’anno secondo Nielsen) ha retto molto meglio della Sipra, la concessionaria della tv pubblica, che ha archiviato il quadrimestre con un pesantissimo -20,4% rispetto a inizio 2008, quando primo ministro era ancora Romano Prodi. La forbice non si
spiega con l’audience. Anzi. La Rai nel periodo si è cavata qualche
soddisfazione in più di Mediaset. Non solo: dove il traino “politico” del
Cavaliere non funziona, come in Spagna, le cose vanno peggio per Cologno: i ricavi pubblicitari di Telecinco sono calati nei primi tre mesi 2009 del 37%, a fronte del -28% delle tv iberiche.

I dati non sono una sorpresa. E non solo per il precedente di otto anni fa. La linea l’aveva dettata lo stesso premier lo scorso ottobre, quando in un incontro a Villa Madama con gli imprenditori – secondo i resoconti – aveva tuonato contro i programmi Rai, rei di diffondere “panico e sfiducia”, domandandosi che senso avesse per un industriale comprare spot in queste trasmissioni. Le aziende hanno preso buona nota dei consigli per gli acquisti del premier-editore. E molte di loro, pur tagliando drasticamente i propri investimenti promozionali, hanno provveduto a premiare l’ottimismo delle reti
Mediaset.

I grandi gruppi delle tlc, ad esempio, hanno sforbiciato di diversi milioni
di euro le proprie spese promozionali. Ma la bolletta è andata tutta a carico della Rai (che ha visto i loro investimenti calare di 7 milioni in tre mesi) e della carta stampata (-2,5, malgrado i segni positivi di Wind e Fastweb) mentre Publitalia ha incassato dai re dei telefonini oltre 5 milioni in più. Stesso discorso per le case automobilistiche – attivissime in tv dopo gli incentivi alla rottamazione del governo – che hanno dirottato in maggioranza i loro budget verso le reti del Biscione, dando un bel colpo di forbice (altri 7 milioni in meno) agli stanziamenti per Viale Mazzini. Salvo Fiat che ha equamente distribuito un aumento di oltre 2 milioni tra pubblico e privato.

La Rai – in un paese dove i confini tra interessi privati e interessi pubblici sono molto labili – non può contare nemmeno sui parenti più stretti. Non solo il governo ha aumentato vertiginosamente gli spot “istituzionali” sui network controllati dal premier. Ma ci sono pure aziende pubbliche che hanno garantito a Cologno ritocchi dei propri investimenti pubblicitari superiori a quelli girati ai “cugini” della tv statale. Tutte scelte aziendali perfettamente lecite, va da sé. Ma che lasciano la sgradevole impressione che nessuno voglia mettersi contro un premier che – come ha fatto quattro giorni fa dal palco dei giovani di Confindustria – brandisce gli spot come un’arma politica. Anche questa, volendo, non è una novità in assoluto. “Quando è stata fondata Forza Italia sono stato chiamato da Silvio Berlusconi ad Arcore e concordammo di utilizzare il canale della pubblicità per
finanziare in maniera occulta il partito – ha detto durante gli interrogatori ai magistrati Calisto Tanzi dopo il fallimento della Parmalat – in sostanza trasferimmo quote di pubblicità da Rai a Publitalia”. Forse i tempi non sono troppo cambiati.

(la Repubblica del 17 giugno 2009)

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