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Atenei in rivolta contro i tagli «Stop alla controriforma», di Maristella Iervasi

Esami saltati, studenti e ricercatori in protesta contro la forbice del duo Gelmini-Tremonti. Raccolta di firme a Salerno e lezioni a rischio aRoma come Milano, Cagliari e Firenze. È la protesta degli Atenei. Ovunque manifestazioni contro la controriforma Gelmini. All’unisono, a mezzogiorno, tutti i rettorati sono stati occupati, simbolicamente. Ma la mobilitazione contro i tagli che mette gli Atenei in ginocchio non cessa: oggi la protesta si sposta sotto il Senato, dove è in discussione il contestatissimo ddl di riforma che prevede pesanti misure sul trattamento economico, il reclutamento e la riorganizzazione della governance, voluti dalla ministra “unica” dell’Istruzione. Una«ribellione» generale di tutte le università organizzata da un ampio cartello di sindacati e associazioni della docenza (una ventina di sigle), studenti inclusi. SOLDI La spina nel fianco sono i soldi («mentre in Parlamento si discute, il malato muore: tanti atenei nei prossimi mesi rischiano il collasso finanziario e altri sono già dovuti ricorrere all’esercizio provvisorio» ha sintetizzato il segretario generale della Flc, Mimmo Pantaleo). Ma preoccupano parecchio anche le novità previste dal disegno di legge Gelmini. Un provvedimento che – a parere dei manifestanti – intende «scardinare il sistema nazionale dell’Università pubblica, concentrando le scarse risorse in pochi Atenei ritenuti eccellenti e ridimensionando il ruolo di tutti gli altri».Un dissenso che è arrivato alla ministra Gelmini, la quale come al solito, ripete la litania sul merito: «Bisogna avere il coraggio di cambiare…». All’Università di Tor Vergata l’assemblea con il segretario della Flc-Cgil Mimmo Pantaleo, poi l’occupazione del rettorato. «Una proiezione della conferenza dei rettori stima all’1 gennaio 2011 il momento di in sostenibilità finanziaria per gran parte degli atenei» – sottolinea il sindacato. A Roma Tre come alla Sapienza è stato proclamato per il prossimo ottobre «lo stato di agitazione e la mobilitazione generale dell’intera comunità universitaria ». Una mobilitazione che sarà messa in atto «attraverso il rifiuto degli incarichi didattici da parte dei precari e dei ricercatori, iniziative di lotta del personale tecnico amministrativo, con scioperi a scacchiera nei servizi, e mobilitazioni generali degli studenti».ATorino e Padova i ricercatori sono arrivati in bicicletta fino all’Università e hanno consegnato simbolicamente al rettore Giuseppe Zaccaria una “due ruote” per dire “siamo stanchi di pedalare”. Occupazione simbolica del rettorato a Firenze. L’assemblea ha approvato un documento in cui si chiede «la convocazione degli Stati generali dell’Università prima dell’approvazione definitiva del ddl Gelmini». Atenei in subbuglio, dunque. Sit-in degli universitari anche a Cagliari, poi l’incontro con il rettore Giovanni Melis, che dice: . «Non credo sia possibile riformare l’Università proponendo come unico strumento il taglio delle risorse».

L’Unità 19.05.10

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Lecce, assemblea infuocata: «Fermiamo tutto»

La proposta è provocatoria: niente lezioni a partire dal prossimo anno accademico. Aule chiuse, nessuna offerta formativa, blocco dell’università, non si parte. Ordinari e associati, solidali con i ricercatori, si asterranno dall’attività didattica come forma di protesta estrema contro il disegno di legge del ministro Gelmini. Applausi in aula. A lanciare l’idea Trifone Schettino, ordinario di Fisiologia generale, facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, nel corso dell’assemblea generale a margine dell’occupazione simbolica del Rettorato, «perché qualsiasi programmazione didattica non può fare a meno della ricerca», dice. L’ormai classico striscione all’ingresso – «Gelmini sarta subito» – allude ai tagli, pesanti per l’Università del Salento, 5 milioni di euro in meno per il 2010, un buco che penalizza ricerca e diritto allo studio. Qualcuno fa riferimento a Obama, che in The Audacity of Hope ha scritto: «Se vogliamo un’economia competitiva, dobbiamo investire sulla ricerca, formare nei prossimi cinque anni centomila scienziati e ingegneri in più…». Paragone altino, l’Italia non è l’America, e la Puglia non è mai stata la California. «Il problema non è solo la ricerca – dice Dino De Pascalis della Cgil – ma tutto il sistema universitario che vive una pericolosa china. Col taglio delle risorse questa Università si dequalifica, dimezza la sua offerta formativa, rischia di scomparire». Tiziano Margiotta della Uil propone lo stato di mobilitazione continua, e un confronto serrato con i ricercatori e gli studenti, che sono i più presenti e attivi sul fronte della protesta. La politica, altro tema che agita gli animi. «Sono i politici che aggrediscono l’università, quando dovrebbe essere l’università a fare le pulci ai politici», dice il professore Gino Santoro. «Provo disgusto – carica il professore Schettino – I politici locali hanno nelle vene sangue padano evidentemente, se tengono così poco alle sorti della nostra Università. Se non fosse per la Regione, che sta finanziando la ricerca, per il resto la politica si disinteressa». «Le manifestazioni di solidarietà da parte di tutti ci gratificano – dice il pro rettore Carmelo Pasimeni – La politica? Faccia quel che vuole. Si sforzi però di guardare senza pregiudizi a quello che questa Università sta facendo e ha fatto per sollevare le sorti del territorio».

Corriere della Sera 19.05.10

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I ricercatori contro il governo «Così si annulla una generazione»

A Verona hanno occupato le scale del rettorato, fino allo studio del Magnifico Alessandro Mazzucco. A Venezia, invece, si sono riuniti con megafoni e striscioni nel cortile di Ca’ Foscari. A Padova, infine, hanno consegnato simbolicamente decine di biciclette al rettore Giuseppe Zaccaria, «perché siamo stanchi di pedalare». Sono le migliaia di ricercatori delle università del Veneto, che ieri mattina hanno detto no al decreto Gelmini. No, cioè, alla riforma che farà sparire la figura del ricercatore a tempo indeterminato (ci sarà solo quello a tempo determinato, per un massimo di 6 anni) e che, sempre per i ricercatori, alzerà da 2 a 3 anni l’asticella degli scatti di stipendio.

In Veneto i ricercatori costituiscono una parte consistente degli atenei. A Padova quelli strutturati – cioè a tempo indeterminato – sono oltre 900; mentre i non strutturati – assegnisti, dottorandi, borsisti – superano quota 5200. A Verona, con diverse proporzioni, il trend è lo stesso: 364 gli strutturati, 1219 gli altri; a Venezia 181 i primi, 231 i secondi.

Attualmente per diventare ricercatore occorre superare un concorso e poi attendere tre anni per la conferma. Il primo stipendio? Milleduecento euro. E per arrivare a portare a casa 1900-2000 euro ci vogliono anni. Per molti, tuttavia, il problema non è neanche quello economico. «Gli stipendi sono dignitosi, il vero problema del ddl Gelmini è che di fatto bloccherà del tutto il turn over – ha raccontato a Ca’ Foscari la ricercatrice di fisica Romana Frattini -. I ricercatori non riusciranno mai più a diventare professori associati. Così gli aspetti gravi sono due: da un lato le attuali graduatorie dovranno andare a esaurimento (in pratica chi andrà in pensione non verrà sostituito) e dall’altro verrà istituita una nuova figura di ricercatore a tempo, con un margine massimo di sei anni per diventare professore associato». Una dead line di sei anni, insomma, oltre la quale i ricercatori saranno «o dentro o fuori», che darà il via a lotte intestine per accalappiarsi il posto, tra i ricercatori «riformati» e quelli vecchio stile.
A Padova, la truppa dei ricercatori, che si è piazzata numerosa davanti al Bo, ha ricevuto l’appoggio del rettore Giuseppe Zaccaria. Al quale, tra l’altro, sono state consegnate simbolicamente delle biciclette («perché siamo stufi di pedalare», hanno detto al Magnifico i ricercatori). Il professore ha raccolto e condiviso la loro preoccupazione: «Siamo di fronte a una partita assai difficile – ha detto il rettore dell’Università di Padova, che è sceso per strada insieme ai ricercatori e ha improvvisato una sorta di comizio -. Qui c’è in ballo un’intera generazione da salvare». E Zaccaria si è speso in proprio. «Assicuro che cercherò di sensibilizzare i parlamentari locali – ha detto il rettore -, affinché si spendano con il ministro Gelmini per ritirare questo decreto».

Anche a Verona non ci sono stati sconti nella protesta contro la riforma. Tanto che i ricercatori di cinque facoltà (Lettere e Filosofia, Lingue, Scienze della formazione, Scienze matematiche ed Economia) hanno minacciato di revocare la propria disponibilità a svolgere attività didattica a partire dal prossimo anno accademico. «Circa il 40 per cento dei corsi – hanno fatto sapere – è tenuto da ricercatori. Senza di noi si blocca tutto». La richiesta è quella di cancellare completamente la riforma Gelmini. «Questa riforma – ha affermato Sonia Giorietto della Flc Cgil di Verona – snatura completamente gli Atenei. Da un lato infatti prevede accorpamenti, dall’altro vuole trasformarli in fondazioni. Inoltre cancella l’autonomia universitaria perché ogni decisione, compreso il nome dei docenti e i corsi di laurea da attivare, dovrà essere approvata dai ministeri dell’Economia e dell’Istruzione».

Corriere della Sera Veneto 19.05.10

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Università, prende quota la protesta al ddl Gelmini
di A.G.

Alle occupazioni degli atenei del 18 maggio partecipano docenti, ricercatori, amministrativi e tecnici. Molto critici gli studenti: se passa la riforma per noi un danno sicuro. Per il Ministro a lamentarsi è solo una minoranza: il rinnovo del Cnsu parla chiaro. “Ma ha votato una percentuale ridicola”, ribattono le associazioni. Intanto la mobilitazione si sposta davanti al Senato.

Ha riscosso consensi oltre le aspettative e molto clamore la mobilitazione organizzata il 18 maggio dalle associazioni e dai sindacati universitari per protestare contro i tagli ai finanziamenti e l’ipotesi di approvazione del disegno di legge di riforma all’esame del Senato: mentre da viale Trastevere sono giunte conferme, attraverso dichiarazioni del ministro Mariastella Gelmini e del sottosegretario all’Istruzione Giuseppe Pizza, a proseguire nella riforma del sistema accademico, nei principali atenei italiani si è sviluppata la protesta sostenuta da un buon numero di docenti, ricercatori, amministrativi, tecnici e studenti.Come annunciato, la contestazione ha di fatto bloccato buona parte delle attività accademiche per dare spazio ad assemblee, sit-in ed occupazioni dei rettorati: le iniziative più corpose si sono svolte a Roma, Milano, Torino, Trieste, Napoli, Ancona, Pavia, Urbino, Lecce, Cosenza, Palermo, Padova, Catania, Modena e Reggio-Emilia, Potenza e Messina.

“Il nostro obiettivo è quello di fermare con tutte le forze l’approvazione del disegno di legge Gelmini, la cui attuazione significherebbe un vera minaccia per il nostro futuro ed i nostri diritti”, ha spiegato Giorgio Paterna, coordinatore dell’Unione degli universitari. Specificando che “se si somma alla riduzione delle risorse destinate alla formazione andrebbe infatti a costituire un sicuro danno per le nuove generazioni”. L’apice della protesta si toccherà però il 19 maggio, quando davanti al Senato (dove le commissioni di competenza stanno discutendo sulla bozza della riforma) alle 10 si terrà un sit-in nazionale contro il ddl Gelmini. L’evento sarà raccontato attraverso tutte le radio degli atenei pubblici.

Proprio il Ministro ha però ribadito la volontà di andare avanti sulla strada delle riforme. “La stragrande maggioranza degli studenti, come dimostrano le recenti elezioni universitarie, ha voglia di cambiare e non ha nessuna intenzione di seguire chi cerca di strumentalizzarli: bisogna avere il coraggio di cambiare, di guardare ad una università moderna. Non serve ripetere vecchi slogan. Le ideologie devono essere lasciate fuori dall’università, l’unico interesse – ha concluso Gelmini – deve essere quello dei ragazzi e del loro futuro”. Ragazzi che però, almeno in parte, non la pensano allo stesso modo: a Bari e Torino hanno deciso addirittura di occupare ad oltranza alcune Facoltà. Nel primo caso Scienze Politiche e Matematica; nel secondo il rettorato, Agraria e Veterinaria. E l’associazione studentesca Link ha contestato le dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Istruzione a proposito dei risultati provenienti delle elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale studentesco universitario: “la Gelmini – scrivono – dà i numeri. Citare a suo favore il risultato delle elezioni del Cnsu, in cui ha votato una percentuale ridicola degli studenti italiani, significa mentire spudoratamente”. Secondo l’associazione, che in occasione delle elezioni per il rinnovo del Cnsu della scorsa settimana ha invitato gli studenti a disertare le urne in segno di protesta per una rappresentanza priva di potere decisionale, “quello della ministra è un patetico tentativo di nascondere che la stragrande maggioranza degli studenti italiani è contraria al suo progetto di riforma dell’università che completa il processo di privatizzazione in atto da ormai un decennio”.

Tecnica della Scuola 19.05.10

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