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Silenzio, stampa!

Intercettazioni: la maggioranza introduce il carcere e un’ammenda da 464mila euro per gli editori che pubblichino notizie sui procedimenti giudiziari. E difende la privacy dei mafiosi!
In forse le misure contro i giornalisti. Orfini: “Sproporzione tra la pubblicazione degli atti e le sanzioni”. Zanda: “Cose del genere sono degne della Spagna franchista, disobbedienza democratica”.
Pesantissime limitazioni alla libertà di stampa, incluso il disegno di legge sulle intercettazioni, marciano ormai a tappe forzate in Parlamento. “Se dovessero diventare legge, l’unica risposta possibile sarà la disobbedienza. Fare questa affermazione ha per me un costo personale elevatissimo. Mai avrei pensato che mi sarebbe capitato d’essere costretto a parlare della necessità di disobbedire a una legge del mio Paese”. Sono parole pesantissime quelle del vicepresidente dei senatori
del PD, Luigi Zanda. Ma rendono bene l’idea del mostro giuridico e del bavaglio in piena regola che, giorno dopo giorno, anzi notte dopo notte, sta prendendo forma in commissione Giustizia. Il decreto sulle intercettazioni, in esame al Senato, da questa notte prevede dure misure per gli editori. Da 64mila fino a 464mila euro di sanzione per la pubblicazione di tutti gli atti di indagine fino al termine dell’inchiesta e all’avvio del processo. I media potranno comunicare solo se una persona è indagata e a dare conto delle eventuali ordinanze di custodia cautelare. E basta così, tutto il resto sarà, e dovrà essere, lontano dagli occhi del cittadino, definitivamente celato da una coltre di censura.

Matteo Orfini, responsabile Informazione e Cultura della segreteria nazionale del Pd evidenzia la bocciatura degli emendamenti del Pd “che cancellavano l’inasprimento delle sanzioni per giornalisti ed editori. E’ di una gravità inaudita. Ciò che colpisce sopra ogni altra cosa è la sproporzione evidente tra l’eventuale reato, la pubblicazione di atti di indagine o intercettazioni prima dell’udienza preliminare, e le sanzioni, che arrivano fino al carcere. Più che garantire la privacy, sembra proprio che l’obiettivo della maggioranza e del governo sia quello di colpire la libertà di informazione”.

Ma qualie mendamenti sono stati bocciati? ce lo spiega il capogruppo del Pd in Commissione Giustizia, Silvia Della Monica: “Il Pd ha presentato emendamenti soppressivi della previsione contro la stampa, ma sono stati tutti bocciati. Ha presentato poi un emendamento che, rispetto al testo entrato in Commissione, prevedeva una più ampia possibilità per la stampa di esercitare la propria funzione e di informare l’opinione pubblica sulle indagini in corso, riduceva di molto le sanzioni rispetto alla previsione del Governo. Emendamento che abbiamo ritirato di fronte alle modifiche introdotte dal Governo e dalla maggioranza in Commissione, che hanno sostanzialmente previsto il totale black out informativo sulle indagini con una norma liberticida”.

Sempre Zanda ricorda come “le pene e le sanzioni pecuniarie per giornali, giornalisti ed editori, approvate dai senatori del Pdl e della Lega su ordine di Berlusconi, sono di una gravità tale che nemmeno la Spagna franchista era arrivata a tanto”. E questo proprio quando la condizione dell’informazione in Italia si fa più drammatica. L’Italia è al 72° posto nelle classifiche internazionali sulla libertà di stampa, quasi tutte le tv sono controllate da Silvio Berlusconi e moltissime riviste entro pochi mesi saranno costrette a chiudere per l’aumento delle tariffe postali.

La maggioranza contava di apportare entro questa notte le modifiche al provvedimento, ma qualcosa è andato storto. È stata approvata la cosiddetta norma “D’Addario”: non si potranno più registrare conversazioni senza che ci sia il consenso di tutte le parti interessate. Stop anche alle riprese visive: chiunque verrà condannato per riprese e registrazioni fraudolente, rischia fino a quattro anni di reclusione. Ciononostante per il momento la commissione non è riuscita ad approvare, grazie all’intransigenza del Partito Democratico, le norme che prevedono l’arresto e l’ammenda per i singolo giornalista.

Tutto è giustificato in nome del diritto alla privacy, “peccato però che nel testo c’è scritto altro. – commenta la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro – Siamo assolutamente d’accordo che non possono andare sui giornali notizie che sono ancora coperte dal segreto e la cui fuga può depistare le indagini o le può indebolire; notizie che non hanno niente a che fare con il fatto o con gli indagati, o che attengano a sfere della vita degli indagati che non hanno nulla a che vedere con il reato compito. Il Partito Democratico già all’inizio della legislatura aveva presentato un testo che teneva conto di questi aspetti. Ma la verità è un’altra: il testo che sta approvando la maggioranza non corrisponde affatto alle cose che dice Gasparri, ma anzi colpisce la libertà di informazione e i diritti dei cittadini. Lo strumento delle intercettazioni telefoniche viene fortemente limitato, sui giornali non apparirà nulla degli atti d’indagine, neanche per cenno, neanche per contenuto o per riassunto fino all’udienza preliminare. Questo significa che per molti processi importanti i cittadini non sapranno assolutamente nulla. Inoltre, le pene previste per gli editori e i giornalisti penalizzano gravemente il diritto all’informazione, che va misurato rispetto alla norma liberticida per cui niente può essere pubblicato. Credo che i cittadini debbano riflettere sul valore del potere di conoscenza, di valutazione e di critica su come, ad esempio, viene usato il pubblico potere e su come vengono gestite le risorse pubbliche”.

“L’atteggiamento del governo e della maggioranza è vergognoso. Di fronte allo scandalo sulla cricca cosa fanno? Danno un’accelerazione al ddl per rendere più difficile l’utilizzo delle intercettazioni e mettere la mordacchia all’informazione. Si vuole proteggere dalle indagini la casta dei truffatori, degli imbroglioni, dei furbi. Così è in pericolo la sicurezza del Paese, non solo per quanto riguarda i reati comuni, ma anche per quelli di stampo mafioso”. Lo dichiara il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia, intervenendo sul ddl intercettazioni in discussione al Senato.

Norma che ha colpito anche l’Europa. David Sassoli, capodelegazione del Pd al Parlamento europeo annuncia che si farà “promotore in Europa di iniziative che consentano al nostro Paese di essere a un livello europeo”.

La prossima tappa della norma è prevista per lunedì prossimo, quando la maggioranza tenterà nuovamente di introdurre sanzioni pesanti a carico dei giornalisti e proporrà di vietare le intercettazioni anche per i familiari e i collaboratori dei parlamentari. Perché’ rinviare alla prossima settimana? Un motivo sono i dissapori che stanno prendendo corpo nella stessa maggioranza. Il finiano Granata spiega: “Sul bavaglio alla stampa c’è l’intenzione di frenare un po’. Credo che la norma non risulti graditissima anche al Quirinale. Bisogna evitare che il ddl metta a rischio il diritto di cronaca e la lotta alla mafia che vale più della privacy di qualche deputato. La Russa e Gasparri qualche anno fa la pensavano come noi…”, spiega il finiano Granata. Inoltre, molti nel Pdl, compreso il relatore Centaro, sono consapevoli di aver prodotto un mostro giuridico, anche dal punto di visto tecnico. Si sacrifica tutto: la semplificazione normativa, la libertà di stampa, i diritti più elementari. Tutto nel nome dell’arroganza e delle esigenze di chi comanda. Anche la dignità personale viene sacrificata sull’altare delle esigenze del premier, tanto che il senatore pidiellino Berselli, presidente della commissione Giustizia di palazzo Madama ieri si difendeva a stento dalla domande dei giornalisti appostati fuori dal Senato. A chi chiedeva chiarimenti sul giallo del carcere per i giornalisti rispondeva con un imbarazzato(e imbarazzante) “Solo per la pubblicazione di cose vietate…”.

La Santaché difende la privacy dei mafiosi.
Come se non bastasse Daniela Santanché, sottosegretario nel governo Berlusconi, su Canale 5 si è prodotta in una appassionata difesa della privacy dei mafiosi. «Che senso ha intercettare un mafioso mentre parla con la madre? È un abuso». Il Pd ne chiede le dimissioni e ha presentato un’interrogazione parlamentare urgente al presidente del consiglio e al ministro della Giustizia per sapere “se non reputano gravi le affermazioni della sottosegretario per l’attuazione del programma di Governo, Daniela Santanchè che nel corso di una trasmissione televisiva ha invocato un presunto diritto alla privacy per i boss mafiosi.

L’interrogazione, promossa da Doris Lo Moro e Sandra Zampa e sottoscritta da una lunga lista di deputate democratiche, chiede di spiegare come la tutela della privacy possa prevalere sul diritto alla libertá e alla sicurezza dei cittadini e sul diritto alla tutela della libertá e all’integritá fisica delle vittime di attivitá criminali.
Aspettiamo con curiosità una risposta.

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