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«La vera malattia è il rifiuto E noi siamo un Paese egoista», intervista a Stefano Zamagni di Claudio Visani

Il professor Stefano Zamagni, economista cattolico, grande esperto di scienze sociali e noprofit, presidente dell’Agenzia delle Onlus e uno dei principali collaboratori di Papa Benedetto XVI per l’Enciclica «Caritas in veritate », non si stupisce più di tanto di quel che è accaduto a Bologna: «A forza di seminare egoismo e individualismo…». Poi va subito al centro della questione: «Se ci intestardiamo a mantenere questa cultura dei servizi sociali capaci di dare solo risposte burocratiche ai bisogni drammatici di queste persone, di tragedie così ne vedremo sempre di più», dice.
Il Commissario prefettizio di Bologna ha detto che il Comune conosceva
quella situazione ma la famiglia ha rifiutato l’aiuto. Che ne pensa? «Ma sono discorsi da fare, questi? Provi lei a voler dare da mangiare a un anoressico. La malattia in questi casi è il rifiuto, lo sanno tutti. Come si fa a dire: siccome rifiutano l’aiuto, li lasciamo al loro destino?».
E qui il professore torna professore. «Negli Stati Uniti c’è stata una donna, Ayn Rand, che nella prima metà del secolo scorso ha avuto grandissima influenza. Nel 1957 scrisse un libro dal titolo significativo, “la virtù dell’egoismo”, che diede origine alla corrente dell’Oggettivismo.
Quel movimento filosofico teorizzava che la società per progredire deve fondarsi sull’individualismo e sull’egoismo razionale. Se vedi uno che chiede l’elemosina non solo non gliela devi dare, lo devi denunciare, perchè la sua è una cultura da combattere. Alla morte della Rand, all’inizio degli anni Ottanta, il leader di quella corrente divenne Alan Greenspan, che sarebbe stato, per 18 anni, capo della Federal Reserve, quindi l’autorità chiave e il principale attore della politica economica USA. Anche lui convinto che l’unico valore sia il libertalismo, il lasciar fare anche a costo della vita».
Che c’azzecca questo con il caso di
Bologna? «Ne deriva che se oggi una di queste povertà estreme rifiuta l’aiuto e si prende per buono quel rifiuto, si sposa di fatto la posizione libertalista.
È una contraddizione di termini dire in questi casi “volevamo aiutare ma hanno rifiutato l’aiuto”».
È una dura critica ai Servizi sociali italiani e bolognesi di oggi…
«Queste persone in grande difficoltà hanno perso l’autostima e non vogliono aiuti perchè non vogliono sentirsi ulteriormente umiliati.
Quindi, se li si vuole aiutare, occorre adottare una strategia tale da indurre la domanda di aiuto. Le modalità ci sono, sono note».

Cosa dovrebbero fare, quindi, i servizi sociali. Come dovrebbe cambiare l’approccio, la cultura? «Se si vuole evitare la deriva e dire basta ai danni del libertalismo bisogna riformare il sistema, perchè i servizi di oggi non sono in grado di dare una risposta adeguata. Per dare risposte efficaci, non burocratiche ai bisogni di queste povertà serve una grande alleanza tra l’Ente pubblico e il Terzo settore. Nel Terzo settore c’è questa sensibilità e capacità di avvicinarsi alle persone in difficoltà non in modo burocratico, senza ledere la dignità e suscitare il rifiuto. Se questa alleanza ci fosse stata, a Bologna questa disgrazia non sarebbe accaduta».

L’Unità 11.01.11