Marino Lanfranchi è piegato sul motore di una Panda rossa. È il penultimo giorno dell’anno, ma non si fanno ponti in Val Seriana, là dove si concentrano i piccoli e grandi imprenditori della provincia di Bergamo. Ha 55 anni, ne aveva tredici quando ha cominciato a riparare auto, venti quando si è messo in proprio. Ha aperto l’officina sotto la villetta di famiglia, a Gandino, l’anno in cui è nato Giordano, il figlio 24enne che ha rischiato di perdere in un terribile incidente stradale. Era la notte del 7 settembre scorso. Dalla Mercedes in fiamme, che per un sabato sera gli aveva concesso di guidare, lo hanno salvato due ragazzi della zona, passati per caso in quel momento. Jacopo Caccia, 18 anni, era stato il primo a lanciarsi verso l’auto, seguito poco dopo da Nicola Bertasa, 20 anni.
Marino Lanfranchi si alza dalla Panda, il cortile straripa d’auto, i suoi guanti sono neri e dal lato opposto dell’officina sbuca Jacopo, il giovane che ha tirato fuori dall’auto in fiamme suo figlio e che adesso è diventato un suo dipendente. Gli aveva promesso riconoscenza eterna, il pomeriggio dopo lo schianto. Ora gli ha dato un posto di lavoro. Il padre del salvato salva il salvatore. Jacopo, faccia sveglia e poche parole, l’estate scorsa, dopo il diploma come perito meccanico, era riuscito in tre giorni a procurarsi un posto in una grossa azienda della valle. Nulla di fisso, però, né di troppo promettente. Lo pagavano con i voucher e due mesi fa è stato lasciato a piedi. Nel frattempo, Lanfranchi si è ritrovato da solo a mandare avanti la carrozzeria, perché Giordano, che dal papà ha ereditato la passione per i motori e prima dell’incidente lo affiancava nell’attività, l’ha scampata, ma ci vorrà pazienza. I medici dicono che serviranno almeno sei mesi perché si riprenda del tutto. Per alcune ore la sua vita è rimasta appesa a un filo. Anche lui adesso è in officina con la tuta da lavoro, ma per spostarsi deve ancora usare una stampella e ha problemi alla vista. «I primi venti giorni — racconta — non ricordavo nulla di quello che era successo e fino a un paio di mesi fa non ero in grado di reggermi in piedi. È faticoso perché ogni giorno devo fare riabilitazione a quasi un’ora di strada da casa, ma sono stato fortunato».
Insomma, Marino, a un certo punto, era sommerso dalle macchine. «Non riuscivo più a stare dietro ai clienti — spiega —, così, quando un amico mi ha riferito che Jacopo aveva un diploma in meccanica e che era a casa senza lavoro, ho pensato che fosse giusto per riconoscenza chiedere a lui, prima che ad altri». Jacopo ha accettato «ed è pure bravo — prosegue Lanfranchi —. Non è facile, sa? Sono 35 anni che faccio questo mestiere e ho avuto dieci ragazzi a lavorare con me, ma si sono fermati tutti. Nessuno ha aperto un’officina o ha continuato questa strada. A Jacopo, per ora, ho fatto fare un periodo di prova, poi passeremo al contratto».
Come può cambiare la vita delle persone in un sabato sera. «Mio figlio poteva morire — dice ancora Lanfranchi — e la nostra famiglia ne sarebbe uscita distrutta, invece, nella disgrazia, è andata bene». E a diciotto anni Jacopo è già pluripremiato per il suo coraggio. Con Nicola, ha ricevuto il 17 settembre il riconoscimento del Consiglio regionale della Lombardia, poi, a novembre, lo Scudo d’argento a Firenze. È stato contattato da trasmissioni televisive e giornalisti di mezza Italia, ma più di tanto non si scompone. Eroe della normalità fino in fondo. «Sono contento, il lavoro mi piace», le poche parole che gli riesci a scucire dietro a un mezzo sorriso.
Quel 7 settembre, erano le 23.30 quando con il suo motorino si è imbattuto nella Slk cabrio di Giordano, che si era appena capottata contro la recinzione di una villa, a poche centinaia di metri da casa. I due si conoscevano soltanto di vista. Non appena l’automobile ha preso fuoco, Jacopo ha capito che il ragazzo e la sua fidanzata, Stefania Pacchiana, 22 anni, si trovavano ancora nell’abitacolo e non ha esitato. Si è buttato. La Mercedes era su un lato. Prima ha trascinato al sicuro la giovane, poi è tornato a liberare Giordano, che era svenuto sul fondo della macchina. Con l’aiuto di Nicola, intervenuto nonostante molti per la paura gli urlassero di non avvicinarsi, è riuscito a portarlo in salvo. Un minuto dopo l’auto era un pezzo di carbone.
Il Corriere della Sera 31.12.13