attualità, economia, lavoro, politica italiana

"Decreto Poletti perché dico sì", di Cesare Damiano

Le correzioni al Decreto lavoro votate dalla Camera restano confermate. I cambiamenti introdotti dal Senato, anche se presentano alcune criticità, non stravolgono le modifiche volute dal PD. In alcune parti il testo risulta migliorato, come nel caso della formazione per gli apprendisti. Restano confermate le proroghe dei contratti a termine che da 8 passano a 5 e che sono complessive nell’arco dei 36 mesi e non collegate ai rinnovi; resta la sanzione, nel caso di superamento del tetto del 20% di contratti a termine, non prevista nel decreto iniziale, che diventa pecuniaria (su questo cambiamento avvenuto al Senato avevamo già dato la nostra disponibilità al ministro Poletti nella riunione di «maggioranza» tenutasi il giorno della prima fiducia alla Camera: mediazione rifiutata all’epoca dal Ncd); il fatto che il calcolo del 20% sia esclusivamente correlato ai dipendenti a tempo indeterminato (non includendo quindi tipologie come il lavoro a progetto, l’interinale o altre forme di assunzione flessibili), riduce il numero di contratti a termine utilizzabili dalle imprese; resta il diritto di precedenza che verrà richiamato in forma scritta nel contratto di assunzione a termine e la norma che prevede che il congedo di maternità concorra a determinare il medesimo diritto, oltre che nel caso di assunzioni a tempo indeterminato, anche in quelle a tempo determinato (questo punto è stato fortemente voluto dalle parlamentari del Pd); è confermato, per l’apprendistato, l’obbligo della formazione da parte delle Regioni e on the job (in forma scritta e sintetica) che il decreto aveva cancellato e scompare, positivamente, l’assolvimento del datore di lavoro dall’obbligo formativo nel caso in cui la Regione non provveda entro 45 giorni dall’assunzione; rimane la sperimentazione, da tempo sostenuta dal Pd, dei contratti di apprendistato per giovani che frequentino il secondo biennio della secondaria superiore, nella logica dell’alternanza scuola-lavoro; resta confermata la stabilizzazione del 20% degli apprendisti, anche se le imprese che dovranno applicare la norma debbono avere almeno 50 dipendenti e non 30 come avevamo indicato alla Camera: questo rimane un punto di critica nei confronti della mediazione del governo.

Il tentativo della destra di rimettere in discussione il testo (l’argomento più volte usato è stato quello di riportarlo alle origini) è dunque fallito di fronte alla tenuta unitaria del Partito democratico alla Camera ed al Senato. Il governo ha presentato otto emendamenti, di cui due maggiormente problematici. Il primo si riferisce alla sanzione, già ricordata, sui contratti a termine che è il punto di maggiore critica dei sindacati (Cgil, Cisl e Ugl, mentre la Uil non ha sollevato obiezioni su questo argomento). Occorre rilevare che nella prima versione del decreto, come abbia- mo già detto in precedenza, la sanzione non veniva indicata: l’abbiamo fatta inserire co- me Pd, prevedendo, in caso di superamento del 20% del tetto dei contratti a termine, l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore. La richiesta del cambiamento da parte di Scelta Civica e Ncd aveva indotto il ministro del Lavoro a proporre come mediazione una sanzione pecuniaria per chiudere definitivamente il testo del decreto, sulla quale il Pd aveva dato il suo consenso. Il secondo cambiamento riguarda l’innalzamento da 30 a 50 dipendenti del tetto a partire dal quale scatta l’obbligo di stabilizzare almeno il 20% degli apprendisti già al lavoro nel caso di nuove assunzioni. Per noi si tratta di una correzione sbagliata. Le altre sei modifiche sono condivisibili e alcune di restyling: nel preambolo al decreto si fa riferimento, positivamente, al contratto di inserimento a tempo indeterminato contenuto nella delega governativa; si certifica il diritto di precedenza che deve essere espressamente richiamato nell’atto scritto dell’assunzione a termine; si precisa che sono esclusi dal limite percentuale i contratti a termine stipulati da istituti pubblici e privati di ricerca per attività scientifica o tecnologica e che i medesimi contratti debbano avere una durata che coincide con quella del progetto: modifica che condividiamo; si chiarisce il ruolo della formazione regionale, con comunicazione di sedi e calendari di attività, che può anche avvalersi delle imprese che si sono dichiarate disponibili e delle loro associazioni, ai sensi delle linee guida del governo Letta del febbraio 2014: si tratta di un miglioramento che rafforza l’obbligatorietà della formazione; si prevede a livello regionale e per le province autonome di Trento e Bolzano, l’apprendistato stagionale nel caso di giovani in alternanza scuola-lavoro; si perfeziona il regime transitorio nel passaggio dalla vecchia all’attuale normativa. Come si vede si tratta di correzioni che non intervengono sulla sostanza del provvedimento, alcune delle quali richieste dal Pd.

Il decreto, nella sua versione definitiva con le correzioni di Camera e Senato, dovrà trovare una sua rapida conversione. La discussione in Aula alla Camera è prevista da oggi. Il testo è stato licenziato dalla Commissione Lavoro della Camera venerdì scorso e ha visto le opposizioni abbandonare la votazione degli emendamenti con l’accusa al governo di avere «blindato» il testo. È molto probabile che venga posta una nuova fiducia per evitare una sua decadenza: l’ultimo giorno utile per la conversione è il 19 maggio. Il monitoraggio dopo 12 mesi dall’approvazione, richiesto ed ottenuto dal Pd, ci dirà se questo decreto produrrà, come auspica il governo, un incremento delle assunzioni a tempo indeterminato ed un ridimensionamento dell’utilizzo delle forme di assunzione più precarie: a quel punto potremo fare un bilancio oggettivo. Quello che è chiaro è che l’occupazione tornerà a crescere soltanto se il governo saprà creare un contesto di robusto e convinto sostegno allo sviluppo, all’incremento dei consumi ed alla diminuzione della pressione fiscale a carico delle imprese.

L’Unità 12.05.14

L’Unità 12.05.14