partito democratico, politica italiana

"Bersani: la Lega fa chiacchere. Il Pd è il partito delle autonomie", di Laura Matteucci

«Il partito delle autonomie siamo noi». Pierluigi Bersani rivendica per il Pd il ruolo finora preso in ostaggio dalla Lega, che invece sostiene solo un «federalismo delle chiacchiere», «strumentalizzato e tradito alla prova dei fatti». L’affondo al Carroccio non può che partire dal nord: da Milano prima, da Bologna poi, Bersani l’accusa di ideologismo, mentre parla ai sindaci del centrosinistra in difesa degli Enti locali (e il Pd ha promosso iniziative analoghe in 14 regioni), perchè «nessuno come i Comuni tocca con mano gli effetti della crisi sulle persone», e perchè è anche «a partire dal loro ruolo che si può invertire la politica nazionale». La crisi e la manovra, dunque, sulla quale «è ora che noi, uno dei più grandi partiti progressisti d’Europa, diciamo la nostra», annuncia Bersani riferendosi all’assemblea del Pd di sabato, in cui «non si parlerà di statuti, questo è chiaro». Piuttosto, di controproposte ad una manovra che arriva dopo anni di negazione della crisi e che si profila come «il coronamento di una politica economica fatta senza equità e senza crescita». «Una vergogna che non ci sia un minimo di flusso di risorse dalle rendite, dalle grandi ricchezze». D’accordo nel tagliare gli stipendi ai parlamentari (operazione che peraltro alcuni sindaci del centrosinistra hanno già fatto da tempo, per evitare che coi tagli del governo a rimetterci fossero solo i cittadini), ma il leader del Pd se la prende anche con chi tiene insieme tre poltrone, da deputato, presidente di Provincia e sottosegretario (il riferimento è a Daniele Molgora, deputato leghista, sottosegretario all’Economia e presidente della Provincia di Brescia).

GOVERNO D’EMERGENZA Perché, adesso, il compito dei democratici è quello di fare un’opposizione senza sconti. Un messaggio consegnato anche a Dario Franceschini, che ha lanciato la proposta di un governo di emergenza senza Berlusconi: «Siamo pronti – risponde Bersani – Senza Berlusconi si aprono orizzonti di ogni genere. Il problema è che lui c’è, quindi non possiamo distrarci ma fare opposizione forte». A partire dalle «balle che ci hanno raccontato sull’equilibrio dei conti. Sono venditori di paccottiglie propagandistiche. Due volte la destra ci aveva caricato sul traghetto verso la Grecia, due volte noi l’abbiamo fatta tornare indietro perdendoci anche le elezioni». Non stiamo meglio degli altri, come il ministro Tremonti ci racconta ogni giorno, e di sicuro «senza l’euro saremmo in mezzo al Mediterraneo con tanti pezzi di carta straccia in mano»: perchè in due anni il pil nazionale è crollato del 6%, molto più che in altri paesi, mentre abbiamo 1 milione e 300mila persone passate in un anno dal lavoro alla cassa integrazione, e già solo questo significa 3-4 miliardi l’anno di riduzione del reddito spendibile. Il tasso di disoccupazione giovanile è drammatico, solo in Sardegna è arrivato al 44%.

MALATTIE E MEDICINE Alla base della politica economica di Tremonti, un equivoco: ritenere che l’obiettivo sia il rigore dei conti, e non, come dovrebbe, la crescita e una migliore equità sociale. Vale per il bilancio nazionale, vale per gli 8mila comuni italiani messi in croce, oltre che da trasferimenti statali sempre più esangui, da un Patto di stabilità che non permette di spendere nemmeno i soldi disponibili. Il Pd chiama il territorio, dunque. In risposta all’accusa di essere affetto dalla sindrome da torre d’avorio, riparte dalle piazze, per chiedere «ossigeno per gli enti locali» e per dire al governo che «i Comuni, di fronte a questa crisi, non sono la malattia, ma la medicina». Invece, è proprio su di loro che la politica punitiva del governo si è accanita, a partire dall’eliminazione dell’Ici, l’unica imposta locale, all’ultima proposta di federalismo demaniale, con cui in realtà verrebbero trasferiti agli Enti locali solo le proprietà onerose (una pineta, un’area vincolata), quelle insomma per cui c’è solo da spendere e niente da guadagnare. Il federalismo delle chiacchiere, appunto. Quello per il quale adesso Bossi chiede un’accelerazione, ma che costa miliardi difficilmente reperibili. «La Lega – riprende Bersani – non ha inventato niente, tranne le ronde. Loro hanno dato i soldi a Catania e a Palermo, loro hanno accettato che i soldi venissero investiti per le grandi opere come il Ponte sullo Stretto, invece che per le piccole opere sui territori».

L’Unità 18.05.10

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