economia, lavoro, politica italiana

"Scuola e pubblici: stipendi bloccati Prelievo del 10% oltre i 75mila euro", di Bianca Di Giovanni

Una mossa populista, tanto per depistare e guadagnarsi qualche titolo di giornale: un taglio del 10% sugli stipendi che superano i 75mila euro annui per la dirigenza pubblica. Questo con una mano. Con l’altra il governo si prepara a colpire anche chi guadagna appena 1.300 euro al mese. I tecnici del Tesoro, infatti, stanno studiando l’ipotesi di congelare le retribuzioni pubbliche ai livelli del 2009: nessuno potrà guadagnare di più. Niente scatti di anzianità (per le categorie che ancora ce l’hanno), niente rinnovi, niente progressioni di carriera.
DUE FACCE Per il pubblico impiego, scuola, Università, magistratura e militari si sta preparando una «cura» a due facce. La prima riguarderà i vertici:una platea di circa 20mila lavoratori. Una sparuta minoranza sui tre milioni e mezzo di statali, che però gode di emolumenti sostanziosi. Il taglio del 10%riguarderà la somma eccedente i 75mila euro lordi di reddito annuo. Dunque, un mini-prelievo. La soglia è ancora mobile: potrebbe anche assestarsi attorno agli 80mila. La franchigia include quasi tutti i magistrati, i professori universitari, i dirigenti pubblici di prima fascia e nel caso degli enti previdenziali e delle agenzie anche quelli di seconda fascia, i prefetti. Non si escludono deroghe per figure con funzioni particolari. In ogni caso questa platea subirà una sforbiciata progressiva: perderà di più chi si discosta molto dai 75mila euro. Da questa misurà, tuttavia, è improbabile che lo Stato riuscirà a incassare molto, visti i numeri ridotti della platea. La vera manovra si concentrerà su tutti gli altri dipendenti, che dovranno rinunciare a tutte le parti «mobili»: scatti e progressioni, oltre che i rinnovi contrattuali. Tra le categorie che ancora godono di scatti di anzianità c’è la scuola, con gradoni che scattano ogni 8 anni,.È un bacino molto popoloso: oltre un milione di lavoratori se si contano anche i supplenti annuali. Ad avere progressioni automatiche anche i magistrati. Ancora da decidere se le norme in questione riguarderanno anche i militari. La doppia operazione consentirà ai leghisti barricaderi di dire che si colpiscono i ricchi e a Renato Brunetta che non si taglia (si congela, ma in realtà è lo stesso). La verità è che a pagare davvero sarebbero i soliti noti, per cui salteranno tutte le regole contrattuali, mentre i furbi (gli evasori in primis) resterebbero al riparo. Certo, la manovra sui dipendenti delle pubbliche amministrazioni (incluse quelle decentrate, come ha chiesto ieri Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera) sarà solo una delle voci della «manovra-monstre» che sfiora i 28 miliardi. Queste le carte sui tavoli tecnici di Via Venti Settembre. Nel frattempo il dibattito politico si dipana sui soliti slogan. Brunetta assicura che «ci sono sprechi da tagliare, ma il governo non metterà le mani nelle tasche degli italiani». Sarà,mafinora gli sprechi sono rimasti e le tasche dei cittadini si sono svuotate. Il ministro garantisce che «non ci sarà nessun taglio agli stipendi pubblici ». Evidentemente per Brunetta eliminare uno scatto o bloccare il rinnovo significa non tagliare. Non la penseranno così i tre milioni di dipendenti pubblici. Oltre al capitolo dei pubblici, resta aperto quello previdenziale. Tra le ipotesi quella del taglio alle pensioni d’oro, su cui si valuta l’ipotesi di un prelievo di solidarietà. Una misura già adottata in passato: la Finanziaria 2004 aveva inserito un contributo del 3%e nel protocollo sul welfare, del 2007, si prevedeva per il 2008 il blocco della rivalutazione delle pensioni di circa 200mila pensionati con assegni superiori a 3.489,12 euro al mese, ovvero a otto volte il minimo.
L’Unità 18.05.10

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Tagli per 20mila dirigenti pubblici Insegnanti, stop agli scatti di anzianità

“Il governo studia riduzioni per chi guadagna più di 75mila euro lordi”, di Roberto Petrini

La maggioranza si difende “Le tutele restano immutate” .Brunetta frena: ci sono sprechi da tagliare, non toccheremo le tasche degli italiani. Drastico intervento sugli stipendi delle categorie più «ricche» della pubblica amministrazione. E´ questa l´ultima novità della manovra che viaggia verso i 28 miliardi per il biennio 2011-2012 e che sarà varata per decreto tra fine mese e i primi giorni di giugno. Nel mirino ci sono tutti coloro che guadagnano più di 75-80 mila euro lordi annui: si tratta di magistrati, professori universitari, dirigenti di prima fascia, dirigenti di seconda fascia delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, diplomatici e prefetti. Complessivamente una platea di 15-20 mila dirigenti dello Stato che dovranno subire un prelievo pari al 10 per cento di quanto eccede i 75-80 mila euro annui.
Alla misura ha fatto riferimento ieri il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli: «Ho parlato di alti papaveri. tanto più cercheremo tagliare le aree di privilegio, tanto più tranquilli potranno stare i cittadini». Parole dal tenore più esplicito sono giunte da Bossi per il quale bisogna tagliare gli stipendi ai «parlamentari e ai magistrati». «Il governo – ha aggiunto il Senatur – in particolare il ministro Tremonti dovrà tenere conto della volontà dell´Europa. E noi non possiamo perdere anche l´euro: è l´ultima moneta di scambio che abbiamo».
Il menù della manovra tuttavia resta indirizzato verso la chiusura delle finestre pensionistiche per anzianità e vecchiaia per il 2011 (opzione B, già dal luglio di quest´anno), la stretta sulle invalidità, il congelamento degli stipendi pubblici al livello del 2009 e il blocco del rinnovo dei contratti. In particolare si sta lavorando anche sul congelamento degli automatismi e degli scatti di anzianità per il personale docente della scuola (circa 1,1 milioni di dipendenti).
Sul piano politico il piano messo a punto dal Tesoro, per recuperare l´1,6 per cento del Pil in due anni, è sembrato già blindato e questo rischia di alimentare le polemiche nel governo. Tant´è che domenica Tremonti ha emesso una nota per far sapere che nulla è deciso che, in buona sostanza, il decreto è ancora aperto ai contributi di tutti. Ieri Renato Brunetta, ministro della Funzione pubblica, che aveva confermato le indiscrezioni sul blocco delle «finestre» di uscita verso la pensione ieri ha dato un colpo si freno sulle ipotesi di intervento sul pubblico impiego e ha rassicurato: «Ci sono sprechi da tagliare, ma il governo non metterà le mani nelle tasche degli italiani. Non ci sarà nessun taglio agli stipendi dei dipendenti pubblici, non stiamo come la Grecia».
I pilastri del piano del governo per recuperare i 27-28 miliardi sembrano tuttavia già impostati: non sono esclusi nuovi dettagli e nuovi interventi ma dopo l´Ecofin una accelerazione viene ritenuta inevitabile. Di questo sono convinte le opposizioni che partono all´attacco del governo: «Per due anni ci hanno detto che non c´erano problemi, adesso ci propongono una manovra consistente: questo vuol dire che l´equilibrio nella finanza pubblica che ci hanno raccontato non c´è stato. Con la Grecia questa manovra non c´entra niente, anzi per gli interessi sul debito il governo quest´anno ha risparmiato», ha detto il segretario del Pd Pierluigi Bersani il quale ha ammonito il governo a non tentare di «indorare la pillola con operazioni demagogiche».
La Repubblica 18.05.10

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“Statali, è il blocco dei contratti a far perdere 40 euro al mese”, di Diodato Pirone
La manovra in arrivo col decreto di fine mese rischia di costare – nel 2011 – una quarantina di euro lordi al mese, tredicesima compresa, per ognuno dei 3,5 milioni di dipendenti pubblici italiani. A questa cifra – ovviamente media – si arriverebbe se il governo decidesse di bloccare il rinnovo del contratto scaduto all’inizio del 2010 e di rinviare al 2012 il grosso dell’aumento dovuto per l’inflazione (sia pure depurata degli effetti dovuti all’altalena del prezzo del petrolio come prevede il nuovo modello contrattuale). Non si tratterebbe di una novità assoluta poiché già nel ’92 fu preso un provvedimento simile.

In pratica il blocco del contratto si tradurrebbe in una parziale quanto spinosa perdita di potere d’acquisto dei lavoratori pubblici. Parziale perché nell’aprile scorso il governo ha riconosciuto un mini-incremento dello 0,3% (meno di 10 euro lordi, sempre in media) causato dalla cosiddetta ”vacanza contrattuale”, ovvero dal mancato rinnovo del contratto scaduto, come detto, all’inizio del 2010.

Tuttavia è ancora presto per fasciarsi la testa. Ieri lo stesso ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è intervenuto con una nota per sottolineare che nulla è stato ancora deciso. «Tutte le voci in questi giorni in circolazione sulla manovra sono tanto confuse quanto confusionarie – ha spiegato il Tesoro – nessuna decisione è stata presa e le decisioni prese saranno comunicate nelle forme appropriate».

Insomma la fotografia degli interventi allo studio è ancora mossa. E poi non è detto che il blocco dei contratti si tradurrà in uno stop totale agli aumenti dei dipendenti pubblici. «La riforma della contrattazione del pubblico impiego prevede che ai dipendenti possano essere distribuite le risorse ottenute dall’eliminazione di sprechi e dal blocco del turn over», spiega Antonio Naddeo, capo del Dipartimento Funzione Pubblica e commissario straordinario dell’Aran. «Senza contare – prosegue Naddeo – che il ministro Brunetta ha sempre sottolineato l’importanza di destinare il 30% delle risorse disponibili ai dipendenti più bravi». Premi al merito che, però, rischiano di essere decurtati da un’altro possibile intervento allo studio: l’eliminazione della tassazione speciale del 10% sugli aumenti dovuti alla produttività. Su altri versanti della manovra anche ieri si sono rafforzate le voci di un drastico rallentamento degli investimenti pubblici sia sul versante delle opere pubbliche (a partire dal Ponte sullo Stretto) che su quello della Difesa.

Secondo il ministro dell’Amministrazione Pubblica, Renato Brunetta, che ha parlato dai microfoni di Rtl, la manovra sarà fatta di due pilastri: «Lotta all’evasione fiscale e tagli agli sprechi». Dopo aver confermato che si stanno studiando slittamenti nell’accesso ai pensionamenti d’anzianità, il ministro ha detto che: «Serve un’altra messa in sicurezza dei conti pubblici, un rafforzamento della blindatura, a partire dal 2011 e che vada oltre, alla luce di quello che è successo in Grecia e per questo si interverrà soprattutto su tutte le grandi voci negative della spesa corrente, e ce ne sono tante. Far funzionare la baracca costa quasi 300 miliardi di euro l’anno di spesa corrente. Le categorie che saranno toccate protesteranno – ha aggiunto – ma sono sicuro che gli italiani capiranno».

Di tutt’altro avviso il segretario del Pd, Pierluigi Bersani: «Sta arrivando la controprova di due anni di politica economica sbagliata ed ingiusta – accusa Bersani – Per due anni ci ha detto che la crisi non c’era e che stavamo meglio di altri. Adesso non ci vengano a dire che dobbiamo fare la manovra perché c’è la Grecia. Il governo non usa il linguaggio della verità». Secondo Bersani, invece, occorre «rimettere al centro il tema del diritto al lavoro: non è solo una questione di civiltà, ma anche una ricetta economica. Servono un po’ di crescita e di lavoro, altrimenti neanche i conti pubblici stanno in piedi».

Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, infine, affida il suo messaggio al governo ad una intervista al Tg3. «La manovra deve partire dagli sprechi veri, da chi ha di più – dice Epifani – deve essere un provvedimento nel segno dell’equità e anche dello sviluppo per non deprimere investimenti e consumi». Per Epifani: «Se il governo davanti ad un problema occupazionale come quello attuale decidesse di aprire il turn over, per esempio nel mondo della scuola, noi saremmo pronti a armonizzare i costi dei contratti». Epifani sottolinea la necessità di un confronto e di essere «pronti, se chiamati, a discutere» ma avverte, rispondendo sulla possibilità che si possa

Il Messaggero 18.05.10

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