"Un compromesso per la legge elettorale", di Michele Ainis
Doveva risuonare la voce d’un inglese, per raccontarci come siamo fatti noi italiani. Nell’editoriale pubblicato ieri dalla Stampa, Bill Emmott ce l’ha cantata chiara: lasciate perdere il maggioritario, dalle vostre parti non funziona. Ha generato coalizioni artificiali, governi instabili, e in conclusione zero riforme. Meglio per voi il proporzionale, anzi un proporzionale perfetto, all’irlandese. Così ogni idea, ogni opinione, ogni cultura potrà specchiarsi in Parlamento. Senza nessuna camicia di gesso, che tanto va poi regolarmente in pezzi al primo starnuto. La diagnosi di Emmott riecheggia una lezione che fu di Montesquieu: sono le leggi che devono adattarsi agli uomini, non gli uomini alle leggi. Sicché nessun vestito normativo è buono in assoluto, dipende dalla taglia del popolo che dovrà indossarlo. Anzi: secondo Montesquieu dipende anche dal clima, dal territorio, e naturalmente dalla storia. La nostra storia racconta un’Italia dei Comuni mai del tutto tramontata, tant’è che ne sopravvivono 8 mila, ciascuno rivale dell’altro. Ma se è per questo, sopravvive inoltre una congerie di corporazioni, lobby, sindacati, ordini professionali. E naturalmente di partiti, dentro e fuori …