attualità, politica italiana

"Il legittimo impedimento rischia lo stop", di Liana Milella

Consulta, domani l´udienza pubblica. Gli avvocati del premier cercano la mediazione. Incostituzionale, o parzialmente incostituzionale, perché pone gli impegni del premier e dei ministri al di sopra di qualsiasi altro interesse garantito dalla Carta, compreso quello dei giudici a celebrare un processo. Incostituzionale, o parzialmente incostituzionale, perché lega le mani alle toghe e toglie loro il diritto di operare un bilanciamento tra le esigenze del processo e quelle della politica. Diritto che, proprio usando l´espressione «bilanciamento», la Corte aveva già individuato e delineato nel 2005 quando le capitò per le mani il caso di Cesare Previti, l´ex avvocato del premier entrato in rotta di collisione col gip milanese Alessandro Rossatto, per via delle presenze negate a un´infinita udienza preliminare adducendo i contemporanei “doveri” di Montecitorio.
Alla vigilia dell´udienza pubblica alla Consulta sul legittimo impedimento – domattina alle 9 e 30 al secondo piano del palazzo che fronteggia il Quirinale – queste sono le ultime indiscrezioni sul destino della legge. O bocciata del tutto. O bocciata in una sua parte fondamentale e sostanziale, quella che sta a cuore al Cavaliere, perché tiene congelati, dalla primavera del 2010, i processi Mills, Mediaset, Mediatrade. I 15 alti giudici rientrano oggi a Roma. E nel pomeriggio già si vedranno per una camera di consiglio ordinaria, nella quale leggeranno le sentenze scritte sui casi discussi prima di Natale. Non è prevista alcuna riunione ufficiale o incontro informale per parlare del legittimo impedimento. Ma è questo, assieme ai referendum sull´acqua, sul nucleare e sulla stessa legge ponte al mai nato lodo Alfano costituzionale, l´argomento clou su cui riflettere. Se ne parlerà in conversari privati prima del dibattito pubblico con gli avvocati di domattina e prima, soprattutto, della decisione di giovedì. Ad accogliere i componenti della Corte ci sarà anche la sorpresa del Popolo viola che, dalle 17 e 30 di oggi, ha deciso di “illuminare” chi deve pronunciarsi sulla legge con un presidio a lume di candela. Gianfranco Mascia ha anche avviato sul suo blog una petizione di solidarietà.
Ma tra le alte toghe l´orientamento sembra ormai solidificarsi sempre più. La legge ideata dall´Udc, da Pier Ferdinando Casini e Michele Vietti (oggi vice presidente del Csm), per bloccare il ddl sul processo breve che, se approvato per fulminare quelli del premier, avrebbe comportato la moria di centinaia di processi, non ce la farà a ottenere il crisma di costituzionalità dalla Corte. Troppe, e troppo evidenti, le anomalie che determinano una manifesta sproporzione di trattamento tra il “cittadino” Berlusconi, pur in veste di premier, e tutti gli altri cittadini. Troppo smaccata l´impossibilità, di fatto, di celebrare i processi che si configura, a tutti gli effetti, come una vera e propria sospensione. Giusto quella «sospensione» che la medesima Consulta, vagliando e poi bocciando, il lodo Alfano nell´ottobre 2009, decise che si poteva fare sì, ma solo a patto di utilizzare una legge costituzionale. E il legittimo impedimento non lo è.
Appare fiacca, a detta dei giudici, l´argomentazione degli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, che insistono sul diritto del presidente del Consiglio, costituzionale anch´esso, di governare e quindi di non poter essere “angosciato” dalle udienze. Sarà pure, «ma è mai possibile che questo presidente non trovi neppure un minuto in un intero anno per fare il suo processo?». O non si è esagerato quando, nella stesura della legge, le Camere hanno previsto una copertura estesa, come un grande lenzuolo, su ogni possibile attività del premier, pure su quelle «preparatorie e consequenziali, e comunque coessenziali»?
Dalla Corte i boatos che paiono annunciare la bocciatura arrivano anche nel quartiere berlusconiano. Dove già ci si prepara a dividersi. Di più o di meno a seconda di quanto sarà pesante la stessa bocciatura. Se fosse totale, apparirebbe come una piena sconfitta dei due legali Ghedini e Longo che hanno dato il via libera al testo. Se lo stop fosse parziale – la legge resta in piedi, ma è ampliata la sindacabilità del giudice e ogni impedimento è valutato caso per caso – i due si appresterebbero a parlare di una mezza sconfitta. Che appare invece, ad altri piediellini, come un débacle totale in quanto il Cavaliere, essi dicono, tornerebbe ostaggio dei giudici.

La Repubblica 10.01.11

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Per il Cavaliere una «settimana di passione», di Ninni Andriolo

Una «settimana di passione», perché «la sconfitta di Fini» non ha risolto quasi nulla e il Cavaliere è costretto a uno«slalom» dagli esiti incerti. Vorrebbe ultimare la legislatura con l’attuale governo, debitamente «rimpastato» con i cosiddetti «responsabili» (quando e se arriveranno), ma sa che gli scogli sono molti e cerca di guadagnare tempo. Per il momento ha convinto Bossi a rinviare il voto già promesso per marzo.

«Proviamo ad andare avanti – ha proposto al Senatur – se non dovessimo riuscirci avremo il tempo di chiedere al Quirinale le urne a maggio, politiche e amministrative nello stesso giorno». Tra i fedelissimi, però, c’è chi giudica «vitale» che il governo tiri a campare almeno fino alla primavera 2012. Anche per evitare il cosiddetto «ingorgo istituzionale » dell’anno successivo con le elezione del presidente della Repubblica. Il Cavaliere non perde occasione per ripetere che non tiene al Colle. Ma i suoi spiegano che il patto elettorale con Casini – «Oggi si fa corteggiare invano ma domani sarà costretto a scendere dal pulpito» – potrebbe contemplare lo scambio «allettante» tra Palazzo Chigi e Quirinale.Ma Berlusconi, per il momento, tiene le carte coperte.

Non si fida quasi di nessuno e torna a barricarsi nel bunker circondato dagli spettri che ricompaiono all’orizzonte dopo la «vittoria di Pirro» del 14 dicembre. Il Cavaliere aveva immaginato la pausa di fine anno come occasione per «allargare la maggioranza». Ha lavorato per raccogliere alla spicciolata «parlamentari responsabili» dai diversi gruppi della Camera. Guadagnando «l’autosufficienza» – questo il disegno – potrebbe stringere accordi con Casini che gli consentano – «con il gioco delle astensioni e delle assenze dall’aula, ma anche dei voti favorevoli sui singoli provvedimenti » – di navigare tra scogli e iceberg. La «terza gamba», però, non sembra in grado di mettere in cammino una maggioranza che ha bisogno ossigeno immediato per andare avanti.

Casini e il Terzo polo, d’altra parte, si tengono «le mani libere». Prova ne è la spada di Damocle sospesa sul collo di Sandro Bondi, con l’Udc che non scioglie il rebus sulla mozione di sfiducia Pd al ministro. Bondi potrebbe decidere di dimettersi in anticipo per evitare «grane al governo». Per il Cavaliere sarebbe uno smacco. «Vedrete – così rincuora i suoi – Casini non ha alcun interesse a far precipitare la situazione verso il voto anticipato». Il premier che inietta dosi massicce di ottimismo, però, è lo stesso che torna a sbirciare, dietro le mosse di Bersani e del leader dell’Udc – e di Tremonti – lo spettro del governo tecnico. Ed è lo stesso che diffida perfino del Colle, perché le ultime esternazioni di Napolitano metterebbero «in difficoltà il governo ».

Anche il responso della Consulta sul legittimo impedimento servirà al Cavaliere per valutare le intenzioni quirinalizie. Perché – non c’è verso – Silvio è più che mai convinto che «autonomia» è una parola vuota, anche nel caso dei giudici costituzionali che giovedì dovranno rendere nota la loro sentenza. Se la legge venisse dichiarata illegittima continuerebbe a governare,mapromette fuoco e fiamme contro i giudici di Milano, contro quelli della Consulta e, c’è da immaginarlo, contro il Colle. Settimana decisiva quella che si apre oggi. Perché il clima politico della legislatura sarà più o meno infuocato sulla base del pronunciamentosullo «scudo».

Anche la variabile delle elezioni anticipate potrebbe dipendere dal verdetto della Suprema corte. In queste ore, tra l’altro, si parla di messaggi Pdl indirizzati alla magistratura per uno scambio tra riforme soft della giustizia e “nonbocciatura” del legittimo impedimento che farebbe ripartire i processi Mills, Mediaset e Mediatrade. Nontranquillizza il Cavaliere, tra l’altro, l’ipotesi di una sentenza «interpretativa di rigetto» che lascerebbe al giudice la facoltà di verificare la sussistenza dell’impedimento del premier.«Pme giudici di Milano metterebbero bastoni tra le ruote costringendo Berlusconi a dividersi tra Tribunale e Palazzo Chigi – spiegano i fedelissimi del premier – Altro che attività di governo». Se ad Arcore si alternano pessimismo e speranza, a Roma si scrutano possibili strade per una «terza via». L’illegittimità dello «scudo» potrebbe riguardare solo «le attività preparatorie e conseguenti» e non l’attività vera e propria di governo (consiglio dei ministri, vertici internazionali, ecc.) che verrebbe sottratta al controllo di merito dei giudici del processo.Unosnodo decisivo quello di giovedì prossimo.

Come quello sul federalismo fiscale che la Lega considera un banco di prova dei numeri parlamentari garantiti da Silvio. I leghisti puntano a una trattativa con l’opposizione che il Cavaliere vede come fumo negli occhi perché «è la maggioranza e non la Lega che dovrà aprire questo fronte». La tensione con il Carroccio c’è e viaggia sotto traccia.Adispetto deinumeri, il premier assicura ai suoi che «il voto non ci sarà e la seconda parte della legislatura sarà costituente». I sondaggi in calo nonlo tranquillizzano. E Silvio medita di rompere l’accerchiamento con un «colpo a effetto », chiamando a raccolta il suo popolo intorno a un nome e un simbolo di partito nuovi di zecca. Basterà un lifting per uscire dallo stallo?

L’Unità 10.01.11