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“Né lavoro, né pensione, in 70mila appesi a governo e Parlamento”, di Bianca Di Giovanni

Poche ore per salvare migliaia di persone dal vuoto assoluto: né lavoro, né pensione. Scade martedì il termine per presentare gli emendamenti al Milleproroghe in Senato, dove la norma «salva-esodati» inserita dal Pd alla Camera è stata ridimensionata dallo stop sulle coperture imposto dal ministro Elsa Fornero. Oggi il testo – peraltro molto ambiguo nella formulazione – concede un anticipo della pensione in caso di «effettiva risoluzione del rapporto di lavoro». Inoltre si includono gli accordi di esodo siglati entro il 31 dicembre 2011, ma non è affatto chiaro se questa disposizione è da attribuire a tutti gli accordi. Insomma, il combinato disposto della risoluzione dei rapporti e dell’opacità sulla platea mette a rischio migliaia di famiglie. Difficile fornire il numero preciso: sarebbero almeno 70mila i lavoratori che stanno godendo di ammortizzatori (mobilità in uscita o cassa integrazione).Ma molti altri, soprattutto nelle microaziende, restano esclusi da qualsiasi censimento. «Dai primi elenchi parziali si comprende la drammaticità della situazione – dichiara Vera Lamonica segretaria confederale Cgil – Il sindacato sosterrà la discussione degli emendamenti in Senato per salvare migliaia di famiglie ». LE CIFRE Tra le aziende metalmeccaniche spicca Fincantieri, con 1.240 lavoratori a rischio. Maè allarme rosso anche a Termini Imerese (640 unità), Alenia (747), Agile/Eutelia (386 esuberi), Selex Elsag (230), Whirpool (495). Non va meglio nel settore edile, uno dei comparti più colpiti dalla crisi economica. Si tratta di un settore dove la maggior parte delle aziende sono medio- piccole, ma tra le grandi la Rdb conta 137 lavoratori in uscita e senza garanzie per il futuro, e l’Unical una cinquantina. Ma i numeri più pesanti sono nei colossi dei servizi, già passati per diverse ristrutturazioni aziendali. In Poste italiane 2.000 dipendenti rischiano di restare nel «limbo», cioè senza alcun reddito. Quanto alle linee aeree, tra Alitalia, Meridiana e altre compagnie minori, si arriva a 5mila unità che hanno siglato un’intesa nel 2008 per 4 anni di cassa integrazione e 3 di mobilità. Infine, ci sono molte procedure ancora aperte, come ad esempio l’Alcoa con un migliaio di lavoratori coinvolti. «Abbiamo conquistato il risultato che la Camera riaprisse la discussione- continua Lamonica-Ma le modifiche non sono sufficienti. Bisogna garantire tutte le fattispecie, aumentare le risorse previste, e far riferimento non più alla risoluzione del rapporto ma alla data di sottoscrizione dell’accordo». Naturalmente spostare i «paletti» vuol dire ampliare la platea, con maggiori spese. Proprio sulle coperture alla Camera ci fu lo stop della ministra del lavoro, che non accettò la proposta Pd di aumentare l’aliquota contributiva degli autonomi. Così si sostituì la voce con l’accise sui tabacchi, provocando anche la reazione dei tabaccai. «Studieremo tutte le soluzioni possibili – dichiara il senatore Tiziano Treu (Pd) – anche quella di utilizzare i risparmi del sistema pensionistico. Su questo punto tutto il partito è in prima linea ». IMPEGNI «Le criticità sociali che derivano dalla riforma delle pensioni sono davanti ai nostri occhi – aggiunge Cesare Damiano – Non dimentichiamo quello che disse Mario Monti nella conferenza stampa di fine anno: nessun lavoratore può essere messo nella condizione di rimanere per lunghi anni senza uno stipendio o una pensione. Queste situazioni purtroppo esistono e sono il frutto delle contraddizioni che la riforma previdenziale ha prodotto e alle quali va posto riparo». «Infatti – conclude Lamonica – questo è il risultato di una riforma violenta quanto immotivata. Risultati pesanti, a cui va posto rimedio immediatamente». Il tema è in agenda anche al tavolo sul mercato del lavoro, dove le organizzazioni sindacali hanno presentato un documento unitario che affronta i temi dei lavoratori con accordi di mobilità, gli esodati e i sovrannumerari, oltre a quelli oggetto di licenziamenti individuali.

L’Unità 05.02.12