attualità, lavoro

"Pagare di più i contratti a tempo. Fornero incalza le aziende", di Giusy Franzese

Il lavoro flessibile costerà di più. Mentre continuano le polemiche per le frasi pronunciate l’altro giorno dalle ministre Fornero e Cancellieri sul posto fisso, il negoziato sulla riforma del lavoro va avanti a ritmi serrati. Agli incontri tecnici tra Cgil, Cisl e Uil, ieri si è aggiunto quello tra il ministro del Welfare e Rete Imprese (l’associazione che raggruppa le varie associazioni datoriali). Ed è proprio durante questa riunione che la Fornero, nonostante la contrarietà delle aziende, ha ribadito l’intenzione del governo di far costare di più i contratti a tempo determinato. Oggi nuova girandola di vertici tra le parti sociali, prima con riunioni separate e poi in serata tra i leader di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confindustria.
Il nodo da sciogliere resta quello di sempre: come e se modificare le norme sui licenziamenti individuali e in particolare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Sul tavolo negli ultimi giorni si è aggiunta la proposta-apertura della Cisl: estendere le procedure e le conseguenti tutele (mobilità per due anni) previste dalla legge 223 che regola i licenziamenti collettivi per crisi aziendali e giustificazioni economiche, anche ai licenziamenti individuali. Di fronte a motivazioni economiche, quindi, le aziende (si parla sempre di quelle che hanno più di 15 dipendenti) potrebbero sciogliere un rapporto di lavoro senza temere eventuali sentenze di reintegro. «Non è la soppressione dell’articolo 18» ha spiegato ieri il leader Cisl, Raffaele Bonanni. «Un conto è la vicenda economica ed un conto è la discriminazione e l’abuso nei confronti di persone. Quindi noi diciamo no alla soppressione dell’articolo 18; siamo d’accordo a rivedere i tempi del giudizio ed alcuni aspetti che riguardano il giudizio» ha poi concluso.
La Cgil per ora non cambia idea: «L’articolo 18 non è il tema di cui parlare. Il problema è il lavoro e non i licenziamenti» ribadisce Susanna Camusso, negli studi televisivi di Matrix. La trattativa comunque va avanti: «Quando c’è un confronto in corso, l’obiettivo di tutti è provare a fare un’intesa» spiega la leader di Cgil. Una frase per niente ovvia, visti gli argomenti in campo e «la continuità di esternazioni da parte del governo sul posto fisso» che la Camusso definisce «fuori luogo». Tra l’altro, secondo la leader Cgil, si straparla attorno «a una cosa di vent’anni fa. Il tema – rimarca – non è mai stato il posto fisso, il tema è il lavoro tutelato come risposta a due generazioni che non sanno cosa è il lavoro stabile». Sulle posizioni della Cgil si schiera, a sorpresa, anche un’industriale di peso. «La mobilità in uscita c’è già. Spero che il ministro Fornero e il governo Monti cambino idea sull’articolo 18» dice l’editore Carlo De Benedetti.
Che le battute sul posto fisso non aiutino la trattativa ma creino solo grande can can, pare stia diventando una consapevolezza anche del governo. «Ho usato una frase infelice che è suonata come una mancanza di rispetto. Non era mia intenzione. Ma c’è una cultura che ha difficoltà ad allontanarsi da casa. Sì, ci sono ragazzi pronti ad andare ovunque. Ma altri restano fermi a modelli antichi che non esistono più» è la mezza retromarcia, affidata a un’intervista all’Unità, del ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Il capo del Viminale si dice dispiaciuta del fatto che «intorno al lavoro c’è molta ideologia. Alla fine tuteliamo chi è nel recinto e non chi è fuori dal recinto. È un’ingiustizia colossale». A difendere le parole di Fornero («è un’illusione») e della Cancellieri, si schiera il Pdl. «Al di là degli aggettivi usati stanno dicendo cose insieme realistiche e ragionevoli» osserva il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto. Più cauto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «L’articolo 18 è sacrosanto e solo in fondo se ne può parlare ma in testa bisogna parlare di come creare posti di lavoro, servono due o tre misure forti».

Il Messaggero 08.02.12

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“Lo dice l’Ocse: non serve modificare l’articolo 18”, di Giuseppe Caruso

«L’articolo18 non è il punto fondamentale della riforma del lavoro». Miguel Angel Gurria, segretario generale dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ndr) non ha dubbi riguardo alla riforma del lavoro che il gioverno Monti vuole portare avanti ed in una intervista spiega: «La riforma parlerà soprattutto di flessibilità ma anche di reti di protezione per chi oggi non ce l’ha, e di reinserimento nel mercato del lavoro». «Sono convinto» ha continuato il segretario dell’Ocse « che l’Italia stia vivendo un momento storico di grande importanza. Consideriamo Monti l’uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto». Un dibattito, quello sull’articolo 18, che ormai ha superato i confini nazionali. L’ulteriore conferma arriva dal Wall Street Journal, il quotidiano economico americano, di proprietà di Rupert Murdoch, che ieri si è schierato in favore di Monti definendo l’articolo 18 come «una reliquia del passato che perversamente, causa ciò che cerca di impedire: la disoccupazione». Tornando all’Italia, oggi è previsto l’incontro tra Confindustria ed i sindacati proprio per parlare di riforma del mondo del lavoro e (inevitabilmente) anche dell’articolo più controverso dello Statuto dei lavoratori. Sull’argomento ieri è intervenuto anche Massimo D’Alema. Il presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica ndr) ha dichiarato che «il governo deve cercare un’intesa con il sindacato. Sull’articolo 18 comunque non vedo offensive, quindi sono ottimista». Noi dobbiamo sostenere il governo Monti» ha continuato D’Alema «e lo dobbiamo fare, come ha detto bene Bersani, con le nostre idee. Siamo un grande partito che vuole il lavoro e non i licenziamenti. Ci batteremo affinché nella riforma del mercato del lavoro prevalga l’ispirazione giusta e cioè che il governo cerchi l’intesa con i sindacati .Ma sostenere il governo è la scelta giusta: va fatto con il coraggio delle nostre opinioni e rappresentando ciò che noi rappresentiamo. Ora sono in missione in Medio Oriente e spesso sono all’estero. Osservo che l’attuale governo ha restituito prestigio e credibilità all’Italia dopo il disastro di Berlusconi, e questo non è poco».
«NO A SCALPI IN EUROPA» Giorgio Airaudo, segretario nazionale e responsabile del settore auto della Fiom, ha voluto ricordare come «l’articolo 18 o c’è o non c’è, non è possibile spezzettarlo. È uno strumento di deterrenza che serve a tutelare i lavoratori dagli abusi. Non si può toglierlo per problemi economici, non si è mai visto qualcuno che licenzia dicendo “hai un brutto carattere, sei omosessuale o donna”. Se si toglie quel vincolo si toglie l’ articolo 18. Quello è un diritto che o c’è o non c’è, non si può spezzettare ». Il capogruppo Pd in commissione Lavoro, Cesare Damiano, ha invitato il governo a non «cercare scalpi da portare in Europa perché con atti unilaterali in Parlamento si creerebbe una situazione difficilmente gestibile. Non è vero che in Italia non si possa licenziare: con le leggi esistenti e attraverso la contrattazione si sono gestiti imponenti processi di ristrutturazione con le conseguenti diminuzioni dei livelli occupazionali e senza particolari conflitti sociali». «È fondamentale» ha concluso Damiano «trovare un accordo al tavolo di confronto tra governo e parti sociali perché divisioni o atti unilaterali produrrebbero una situazione difficilmente gestibile». Intanto ieri la Lega Nord ha presentato ,come annunciato,una risoluzione che impegna il governo a non toccare l’articolo18 dello Statuto dei lavoratori. Il testo è stato però dichiarato inammissibile perché presentato in Aula sulla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli incidenti sul lavoro.

L’Unità 08.02.12

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“Lavoro, si cerca l´accordo tra sindacati e Confindustria”, di Luisa Grion

Il dibattito sull´articolo 18 è un caso internazionale. Interviene l´Ocse, interviene il Wall Street Journal: tutti molto interessati agli incontri che sindacati, parti sociali e governo organizzano – insieme o separatamente – per decidere se modificare o meno la regola dello Statuto dei lavoratori che prevede il reintegro del dipendente licenziato senza giusta causa o giustificato motivo.
La questione sarà messa a fuoco stasera, in un vertice fra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria preceduto da un appuntamento informale fra i leader sindacali Camusso, Bonanni e Angeletti. E se l´incontro di ieri fra le tre sigle non ha affrontato direttamente il punto – ma solo la piattaforma comune per la riforma del lavoro – è chiaro che oggi si arriverà al dunque. Va discussa la proposta della Cisl (allargare la legge 233 sui licenziamenti collettivi anche a quelli individuali in modo da eliminare i possibili ricorsi giudiziari attraverso l´articolo 18); va trovata – se possibile – una linea comune da portare a Palazzo Chigi nell´imminente incontro con il governo (forse fissato per domani stesso).
Resta da decidere se le modifiche all´articolo 18 siano o meno questione di fondamentale importanza nel rilancio del Paese, ma par di capire che il fronte del «no», quello di chi pensa che il gioco non valga la candela, si stia allargando. La pensa così l´Ocse, che dopo aver tessuto le lodi del premier italiano, ha precisato che la norma dello Statuto dei lavoratori non è centrale. «Consideriamo Monti l´uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto» ha detto il segretario generale Miguel Angel Gurria. I mercati gli hanno dato ragione visto che ieri lo spread fra Btp e Bund ha chiuso a 363 punti, il livello minimo da quando si è insediato il nuovo governo. I titoli decennali italiani sono stati poi gli unici in Europa a portare a casa un rendimento in calo (5,95 per cento). Ma tutto questo all´Ocse non sembra così strettamente legato a futuro della norma sui licenziamenti: «Non è il punto fondamentale della riforma del lavoro allo studio» ha specificato Gurria e anche fra gli industriali italiani c´è chi ridimensiona la portata della questione. «Sull´articolo 18 mi auguro che il ministro Fornero e il governo Monti cambino idea» ha detto Carlo De Benedetti, presidente onorario di Cir. «Si spaccia per mobilità quelle che sono solo ideologie. Il gruppo Espresso in tre anni ha mandato a casa 800 persone su 3 mila, con l´articolo 18: non venite a menarla che l´America non investe in Italia perché c´è l´articolo 18, sono fandonie». Di parere opposto è invece il Wall Street Journal che in un editoriale ha affermato che «la più grande minaccia della crescita economica in Italia non è il debito pubblico».
Intanto si alza anche il tono della protesta: la Fiom, le tute blu della Cgil, mettono in conto per sabato 18 febbraio una manifestazione a Roma che tratta la questione Fiat, ma anche la norma dello Statuto dei Lavoratori. Sempre in tema di diritti, 205 donne degli stabilimenti automobilistici hanno scritto una lettera al ministro Fornero per denunciare come il nuovo contratto Fiat contenga «norme gravemente discriminatorie nei confronti di padri e madri». Per il 2102 si stabilisce infatti l´erogazione di un premio di 600 euro lordi per chi ha lavorato almeno 870 ore. Ma dal conteggio, dicono le donne della Fiom «è esclusa ogni assenza-mancata prestazione lavorativa retribuita e non retribuita a qualsiasi titolo, comprese le assenze la cui copertura è per legge e per contratto parificata alla prestazione lavorativa». In sostanza, sostiene il sindacato, in Fiat maternità, congedo obbligatorio o parentale, malattie dei figli e permessi per legge 104 farebbero perdere il diritto al premio. La Fornero oltre che del Lavoro è ministro per le Pari Opportunità: le tute blu chiedono un incontro.

La Repubblica 08.02.12