attualità, politica italiana

"Liberalizzazioni, lobby all´assalto", di Massimo Giannini

Come il sonno della ragione, l´incrocio tra governo «strano» e Parlamento sovrano genera mostri. Duemilaquattrocento emendamenti presentati al Senato sul decreto legge per le liberalizzazioni sono un´offesa al buon senso e al buon gusto. Tradiscono un´idea malintesa, che allontana sempre di più gli eletti dagli elettori. Non si vuole difendere la sovranità del potere legislativo. Si vuole proteggere l´intangibilità del sistema corporativo. La «lenzuolata» appena varata da Monti e Passera non ha la stessa forza di quelle introdotte da Prodi e Bersani nel 1998 e nel 2006. Come conferma il rapporto della Commissione europea anticipato ieri da «Repubblica», è ancora troppo timida. Non affonda la lama della concorrenza nel ventre molle della rendita, in aree strategiche come le banche e le reti, le assicurazioni e le professioni. Ma rappresenta comunque un enorme salto di qualità, rispetto alla palude di statalismo e di immobilismo della legislatura berlusconiana. Non farà risparmiare 1.800 euro l´anno ad ogni famiglia italiana, né farà crescere il Pil dell´1,4%, l´occupazione dell´8% e i salari reali del 12%, come spera il governo. Ma è sicuramente la prima, salutare scossa a un´economia paralizzata, a una società bloccata.
Un Parlamento responsabile, invece di partorire i suoi Frankenstein, avrebbe il dovere di convertire in fretta il decreto. E se proprio volesse rifiutare la logica del prendere o lasciare, dovrebbe apportare poche modifiche, e solo migliorative, nell´unica direzione possibile: quella dell´ulteriore apertura al mercato nei troppi settori ancora troppo protetti.
Per esempio, facendo scattare da subito lo scorporo dall´Eni della rete di trasporto del gas della Snam. Accelerando la separazione della rete ferroviaria da Trenitalia. Scardinando definitivamente il diritto di esclusiva per i gestori delle pompe di benzina. Imponendo l´immediata riduzione delle commissioni bancarie a carico degli esercenti per l´utilizzo delle carte di credito. Aprendo definitivamente a tutti i più giovani le porte d´accesso alle professioni. Rimuovendo i vincoli agli agenti monomandatari delle compagnie d´assicurazione riunite nell´indifendibile cartello della Rc-auto. Estendendo il meccanismo del price cap per le tariffe autostradali anche alle concessioni in essere (compresa quella di Autostrade) e non solo a quelle future. Moltiplicando le licenze dei taxi. Ripristinando la libera vendita dei farmaci di fascia C nelle para-farmacie.
L´elenco potrebbe continuare. Con una decina di emendamenti di questo tenore, il pacchetto Monti-Passera diventerebbe davvero la «rivoluzione liberale» di cui c´è bisogno, nell´Italia delle mille corporazioni e dei cento forconi. Invece a Palazzo Madama è partito il vecchio, caro assalto alla diligenza. Duemilaquattrocento proposte di modifica. Una sparuta minoranza, per lo più firmata da esponenti del centrosinistra, introduce alcuni effettivi rafforzamenti al testo. Ma per il resto la quasi totalità degli emendamenti, 700 firmati da senatori del solo centrodestra, recepiscono altrettante richieste delle solite lobb in guerra permanente contro qualunque cambiamento: avvocati, farmacisti e tassisti. Il presidente del Consiglio lo aveva previsto, giusto una settimana fa, durante il videoforum su «Repubblica Tv». «Sono preoccupato, ma non molleremo», aveva detto. Forse neanche lui aveva immaginato una reazione così abnorme delle «caste» che purtroppo trovano ascolto in Parlamento.
È un pessimo segnale. Non bastano le buone intenzioni bipartisan dei relatori, che in vista del dibattito in aula sperano di sfoltire questa selva ingestibile di emendamenti. Il governo sarà comunque obbligato a porre la fiducia, se non vuole che la lenzuolata del decreto Cresci-Italia finisca in mille pezzi, com´è già in parte successo con il decreto Salva-Italia. Sarebbe la quinta fiducia in tre mesi e mezzo, con un bottino di voti in calo costante: dai 556 sì all´insediamento dell´esecutivo tecnico, il 18 novembre, ai 420 sì al decreto svuota-carceri del 9 febbraio. Anche questo è un modo per logorare un governo che toglie ossigeno politico a un agguerrito e disperato drappello di «riluttanti» della ex maggioranza. Pur di sabotare il manovratore, cavalcano qualunque rivolta delle categorie. Se ha davvero l´ambizione di «cambiare il modo di vivere degli italiani», come ha annunciato da Washington, Monti non può e non deve cedere a questa destra sudamericana, che agonizza tra le macerie del berlusconismo. Ne va della modernizzazione del Paese.

La Repubblica 11.02.12