attualità, economia, politica italiana

“Occasione da non perdere”, di Stefano Lepri

La recessione in cui l’economia italiana si trova non durerà a lungo: le parole del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco a Parma non annunciano nuove avversità, temperano invece il forte pessimismo con cui il 2012 era iniziato. Meno di un mese fa, il Fondo monetario internazionale aveva pronosticato al nostro Paese due anni di arretramento, e più grave nelle cifre.

Nel frattempo sui mercati i rendimenti dei titoli del Tesoro sono scesi. Al momento, ci spiega la Banca d’Italia, ci troviamo fuori pericolo: la nostra finanza pubblica «è comunque su un sentiero sostenibile». Ciò non toglie che si debba fare di tutto per attenuare le difficoltà a cui andremo incontro in questa prima metà dell’anno. In questo momento, è cruciale il ruolo delle banche; più di quanto non appaia.

Lo strumento principale con cui l’area dell’euro è stata tenuta insieme, e a parte la Grecia prende a rinsaldarsi, è l’operazione con cui la Banca centrale europea ha rifinanziato le banche per tre anni al tasso dell’1%, nelle cifre da loro desiderate.

Secondo estremisti e populisti di varie tendenze è stato un regalo immeritato a chi aveva già causato gravi danni; secondo i tedeschi più ostili verso l’Europa del Sud, invece, un trucco per aggirare il divieto di finanziare gli Stati.

Nella visione della Bce e della Banca d’Italia si è trattato di una misura necessaria per fronteggiare il cattivo funzionamento dei mercati. Tuttavia sui banchieri ricade una grande responsabilità: usare bene di questo vantaggio nell’interesse di tutti, e non soltanto nel loro. Ignazio Visco li ha difesi dalle accuse più spicce e demagogiche; però non è stato tenero. Quel denaro a buon mercato non dovrà essere usato per nascondere inefficienze, evitare innovazioni utili, foraggiare equilibri di potere superati; tanto meno, per speculare su mercati lontani.

In breve, la prima operazione di rifinanziamento a tre anni è servita in gran parte a fronteggiare la mancanza di liquidità causata dal panico dei mercati a fine 2011. Non è giusto, secondo il governatore, accusare i banchieri di aver occultato quei soldi chissà dove. Però la seconda operazione dello stesso tipo, in programma per la fine del mese, dovrà poter fornire credito al sistema produttivo.

È esagerato affermare, come qualcuno ha fatto, che gli italiani abbiano all’improvviso smesso di risparmiare. Risparmiano meno, ma non c’è stato nessun crollo. Le nostre banche sono state messe in difficoltà dai mercati internazionali, dove non riuscivano più a finanziarsi. Sono venute in evidenza loro debolezze di lunga data: altro che profittare della crisi, hanno guadagnato poco nel 2011, e poco guadagneranno, continuando così, anche quest’anno.
Resta la tentazione di restringere le banche pur di conservare il potere dei vecchi gruppi dirigenti, pur se la scelta del Monte dei Paschi di aprirsi è una novità importante.

L’esperienza della crisi mostra che non è tanto importante crescere di dimensione, quanto oltrepassare le frontiere, per alleggerire il circolo vizioso fra affidabilità di un Paese dell’area euro ed affidabilità delle sue aziende di credito.

In questi giorni i banchieri ribattono di essere prudenti nel concedere prestiti proprio perché c’è la recessione e cresce il rischio di non riavere i soldi indietro. Ignazio Visco li esorta a uno sforzo in più di iniziativa e di intelligenza: andare a cercare le imprese promettenti, capaci di crescere.

Resa inevitabile dalle incapacità dei governi, la scelta di sostenere l’euro attraverso le banche richiede che i banchieri se ne mostrino all’altezza. Altrimenti dovremo concludere che il moral hazard – il rischio di incentivare comportamenti sbagliati – tolto ai politici, è solo spostato altrove.

La Stampa 19.02.12

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“L´Italia è in recessione Pil giù dell´1,5% nel 2012 le banche evitino la stretta”, di Elena Polidori

Il governatore: bene la legge sullo stop agli incarichi incrociati nei cda degli istituti. “Con lo spread a 300 e un avanzo del 5% riduzione debito superiore alle regole Ue”. Una certezza e una speranza. «Il 2012 sarà un anno di recessione», con una flessione media del Pil dell´1,5%, annuncia Ignazio Visco. Ma «bisogna guardare avanti» per poter tornare ad una espansione del reddito nel 2013. E´ «possibile» stabilizzare l´attività produttiva già nella seconda metà di quest´anno.
IL PRIMO APPUNTAMENTO PUBBLICO
Al suo primo appuntamento pubblico, davanti ai cambisti del Forex, il nuovo governatore della Banca d´Italia individua le due condizioni-chiave per tornare a crescere. La prima riguarda la politica economica: «Vanno decise rapidamente e rese operative le riforme volte a rendere l´assetto normativo e amministrativo favorevole e non ostile allo sviluppo economico». La seconda riguarda le banche: «Dovranno dimostrare di saper svolgere bene la loro funzione di allocazione del credito». Significa che devono tornare a finanziare famiglie e imprese. I prestiti alle aziende sono scesi di 20 miliardi a dicembre – un record nel confronto storico – e sono calati pure a gennaio: «E´ cruciale» che l´economia non entri «in asfissia creditizia, deperendo e trascinando con sé anche le prospettive del sistema bancario».
In queste ultime settimane, Visco è stato in stretto contatto con il premier Mario Monti, alle prese con manovra, liberalizzazioni e riforma del lavoro: anche lui, per le faccende di sua competenza, ha «fatto sistema», come ripetono a via Nazionale. Così adesso, davanti ad una platea di banchieri, tecnici dei cambi e specialisti degli spread, dà atto alla politica economica del governo di aver compiuto «in questi mesi progressi prima ritenuti impensabili in direzione della sostenibilità finanziaria». Con uno spread a 300 e un avanzo primario (al netto degli interessi) del 5% come atteso nel 2013, ci sarà una riduzione del debito-Pil superiore alle regole Ue.
I FRONTI DECISIVI
Ma attenzione: «Progressi altrettanto coraggiosi» sono attesi su altri fronti «decisivi»: l´efficienza del sistema tributario e la lotta all´evasione; una «sistematica rivisitazione di tutte le voci della spesa pubblica»; la «razionalizzazione» di norme, istituzioni e prassi che «tengono imbrigliate le energie del paese, comprimono la competitività delle imprese, mortificano le attese dei giovani». Ancora più nel dettaglio: perché si crei quell´ambiente «favorevole e non ostile allo sviluppo» vanno liberalizzati i servizi e semplificati gli atti amministrativi. Deve funzionare meglio il mercato del lavoro con «attenzione al capitale umano e all´innovazione». Occorre rendere più rapide le risposte del sistema giudiziario. E bisogna far presto: rispetto ai livelli del 2007, prima della crisi, il Pil è ancora inferiore di 5 punti percentuali, il reddito disponibile reale procapite delle famiglie di 7 punti, la produzione industriale di un quinto. Perciò, il paese «deve essere rimesso in grado di crescere stabilmente a tassi sostenuti».
IL MONDO CREDITIZIO
Fondamentale è il ruolo delle banche. Evitato il rischio di un «credit crunch» grazie alla liquidità della Bce di Mario Draghi, il suo predecessore, Visco sprona gli istituti. Dice che i criteri dell´Authority Eba sul rafforzamento del patrimonio possono essere soddisfatti senza contrarre le risorse all´economia perché un irrobustimento del capitale «è alla loro portata». Riconosce che le banche «sono solide», ma le sollecita a fare «interventi incisivi sui costi», semplificando «gli assetti di governo societario». Annuncia così un «tavolo tecnico» con il Tesoro per vietare il cumulo degli incarichi nei consigli di amministrazione e l´arrivo di «indicazioni» su dividendi e remunerazioni dei manager.
Come sempre al Forex, che per la Banca d´Italia è l´occasione più importante dopo le Considerazioni Finali, il governatore ripercorre i fatti dell´economia. Ricorda che «le inquietudini degli investitori sui titoli di stato italiano sono oggi attenuate ma non dissipate». Avverte che le tensioni sui mercati «restano alte», anche per via del caso Grecia, da risolvere in fretta. In compenso, oltre alla Bce e al rigore nei bilanci, gioca in positivo l´intesa Ue sul cosiddetto «fiscal compact», cui va data «rapida attuazione . Visco critica le agenzie di rating che «non sempre» hanno svolto «adeguatamente» la valutazione dei rischi sovrani.

La Repubblica 19.02.12

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Ma le imprese attaccano i banchieri “Soldi con il contagocce e troppo cari”, di Valentina Conte

I tassi per i prestiti alle Pmi sono saliti al 4,98% contro il 4,29% della media Ue. Le aziende lamentano criteri sempre più stringenti sui fidi come ai tempi del crac Lehman
Asfissia o schiacciamento del credito, come lo definisce Bankitalia, è la traduzione italiana di credit crunch. Meno soldi all´economia. E dunque meno consumi, scarsi investimenti, più recessione. La spirale del 2008 torna ad agganciarsi alla nostra economia. Siamo sulla stessa barca, si difendono le banche. Pochi soldi e carissimi, attaccano le imprese, ormai a secco di liquidità e dentro un nuovo anno di recessione. La linfa ha smesso di circolare. Quasi come nel 2008. Allora fu la finanza scriteriata “made in Usa” a contagiare il mondo con la peste dei subprime e dei titoli salsiccia. Ora la crisi europea dei debiti sovrani e il default (minacciato) di paesi e moneta unica. Il risultato è simile. Credit crunch, rubinetti chiusi, meno soldi per tutti. Le banche sono sotto pressione. Si fidano poco le une delle altre, costrette a pensare ai propri bilanci, prima e più che ad irrorare l´economia. Le imprese, non ancora fallite, faticano ad ottenere fidi per investire. Le coppie, anche quelle con le garanzie giuste (il posto fisso, ad esempio), rinunciano all´avventura del mutuo, nonostante i tassi ufficiali molto bassi. Allo sportello, si sa, è tutta un´altra storia. Niente mattone, si erodono addirittura i risparmi, un record per un Paese “formica”(crollo dell´80% dei nuovi depositi nel 2011, da 130 a 24 miliardi). Così, l´economia in apnea si avvita. Meno soldi erogati, meno richiesti. Giù: consumi, investimenti, redditi. Su: recessione.

AZIENDE A SECCO
Il grido è sempre più alto. Le imprese italiane, già vessate da 70-80 miliardi di crediti verso la Pubblica amministrazione non ancora rientrati, denunciano la stretta: criteri sempre più stringenti dalle banche per prestiti e nuove linee di credito negli ultimi tre mesi del 2011, come nell´ultimo trimestre del 2008, all´indomani del crac Lehman. Bce e Bankitalia confermano. Avvertendo, come fa l´istituto europeo nell´ultima indagine presso le banche centrali dell´Eurozona (il Bank Lending Survey), che le condizioni per le grandi aziende sono peggiori di quelle applicate alle piccole. L´ultimo bollettino di via Nazionale segnalava già in dicembre la frenata nello stock di prestiti alle imprese non finanziarie: 894 miliardi di euro dai 915 del mese precedente. Due giorni fa la stessa Abi (l´associazione delle banche italiane) ha definito il quadro di gennaio dei prestiti a famiglie e imprese, cresciuti dell´1,6% sull´anno, a fronte del tendenziale di dicembre pari al 3,6%. Una scivolata non da poco. Se si considerano anche i prestiti ad assicurazioni, fondi pensione, finanziarie l´aumento è un pallido 0,6%. Nel quinquennio 2003-2008 si viaggiava a un ritmo dell´8,6% l´anno. Vero è che anche le richieste di prestiti per investimenti delle imprese sono crollate del 50% nell´ultimo trimestre del 2011. Resistono solo quelle per ristrutturazioni e consolidamento del debito. Un segnale allarmante.

LA DIFESA DELLE BANCHE
«Banche e imprese sono sulla stessa barca», spiega il presidente dell´Abi Mussari. La barca della recessione, della crisi europea, della Grecia sull´orlo del crac. Ma anche dell´Eba (l´autorità europea delle banche) che, dopo l´ennesima (e inefficace) tornata di stress test, pretende patrimoni più robusti e dunque nuove ricapitalizzazioni in capo alle banche, anche italiane. La posizione dell´Abi è chiara: non si tratta di credit crunch, ma di una domanda minore. Si chiedono (e dunque si ottengono) meno soldi. Le sofferenze, poi, esplodono (sopra i 100 miliardi) e la prudenza nell´erogare fidi, prestiti, mutui, crediti è d´obbligo. Quando poi i cordoni si allargano, il denaro costa di più, perché la sua raccolta è meno facile e dunque cara. I tassi applicati alle Pmi sui nuovi prestiti fino a un milione di euro salgono dal 4,62% di novembre al 4,98% di dicembre, sopra la media Ue (dal 4,34 al 4,29%). A cosa è servito – si chiedono però imprese e famiglie – il generoso maxi-prestito all´1% da 500 miliardi della Bce alle banche europee? Dove sono finiti quei soldi? Come sono stati utilizzati? Perché non arrivano all´economia reale? E cosa ne sarà dell´altra iniezione che a breve la Bce somministrerà ancora all´Europa malata? L´Abi non esclude, intanto, una nuova moratoria sui debiti delle imprese. «Quella del 2008 ci è costata 15 miliardi», ricorda.

La Repubblica 19.02.12