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“I partiti devono rinnovarsi altrimenti non c´è democrazia non possiamo fermarci a Monti”, di Goffredo De Marchis

Atteggiamenti acritici, Monti o non Monti, non sono consoni alla democrazia che è un regime critico. Il Parlamento è delegittimato. Sarebbe buona cosa avere comunque un voto popolare per la riforma. Il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, firma, a nome di tutta l´associazione Libertà e Giustizia, il primo manifesto del dopo-Berlusconi. Un modo per celebrare i dieci anni di vita di L&g e «per progettare l´avvenire».
Nel suo documento, professore, lei sembra non accodarsi alla Monti-mania. Perché?
«Perché l´atteggiamento acritico è in ogni caso, Monti e non Monti, non consono alla democrazia che è un regime per definizione critico, dove tutti pensano con la propria testa ed è escluso il culto della personalità. Tempo fa in un librettino, trattando del processo di Gesù – uno scandalo della democrazia – si è contrapposta la democrazia dogmatica e la democrazia populista alla democrazia critica. Quest´ultima è la versione liberale della democrazia. Quindi, con tutto il rispetto per le fatiche del governo tecnico e con la speranza che si ripone nell´operazione Monti, la rinuncia alla politica, alla lunga, mi pare un pericolo».
Siamo alla democrazia sospesa?
«Il governo tecnico di Mario Monti è probabilmente il meglio che il tempo presente ci può offrire. Ma occorre riportare in onore la politica. Certo, i partiti attuali offrono un pessimo spettacolo. L´esecutivo deve fronteggiare altri interlocutori: lobby, associazioni, sindacati. Le forze politiche sono ridotte al mugugno o al mugolio. La ripresa della democrazia e della politica però ha bisogno di partiti rinnovati. Sono l´unico strumento che conosciamo per unificare la società e tenerla insieme».
Sbaglia allora chi a destra e a sinistra invoca Monti a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni del 2013?
«Assistiamo a due fenomeni contemporaneamente. Da una parte al tentativo di impadronirsi del fenomeno Monti; dall´altra al desiderio di nascondere dietro ai tecnici la propria impotenza politica. Ma questo è un problema. In generale, siamo di fronte ad eventi che devono farci riflettere. Le istituzioni europee, mesi fa, hanno imposto alla Grecia di non fare un referendum e ora sembra che vogliano imporre a quel paese di non votare ad aprile. In Italia sento ipotesi di rinvio delle elezioni amministrative. E nessuno osa dire che a qualcuno piacerebbe rinviare pure le politiche del 2013. Siamo tutti impazziti?».
Vede per noi un rischio Grecia non solo economico ma anche democratico?
«Non vedo, ma temo. Consideriamo che l´articolo 11 della Costituzione, su cui si basa la nostra adesione alla Ue, consente rinunce alla nostra sovranità solo in condizioni di parità con gli altri Stati e solo a favore di istituzioni sovranazionali che operino per la giustizia tra le nazioni, non per favorire le operazioni di investitori – spesso speculatori – che operano sui mercati finanziari. Limitazioni della sovranità sì ma non a occhi chiusi. L´arduo doppio compito del governo è salvarci dalla bancarotta e salvare la sovranità nazionale. Per questa seconda parte la tecnica non basta: occorre la politica».
Perché Leg non vuole che questo Parlamento faccia le riforme costituzionali? La riduzione del numero dei parlamentari come si realizza?
«Prima si deve andare a votare, poi si mette mano alle riforme istituzionali con un Parlamento nuovo. Quella per la riduzione del numero dei parlamentari è una battaglia giusta ma tutto sommato marginale. Come si diceva una volta? I problemi sono ben altri. Aggiungo: la revisione della Costituzione, quando è autoriforma della politica, risulta molto difficile. Un antico testo anonimo firmato “il vecchio oligarca” – “La costituzione degli ateniesi” – sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi. È come il barone di Munchausen che cade nelle sabbie mobili e vuole tirarsi fuori aggrappandosi ai codini della parrucca. Tragicamente quel testo dice che alla fine la democrazia può solo essere abbattuta. Ho ritegno a dirlo. Allora diciamo così: la sfida della nostra classe politica è dimostrare che il vecchio oligarca aveva torto».
E il Porcellum con quale formula va spazzato via?
«Esistono tante idee di giustizia elettorale, come la chiamo io. È giusto il proporzionale, lo è il sistema uninominale dove si elegge il migliore, lo è anche il maggioritario che premia il più forte per permettergli di governare. Sono tutti sistemi che hanno una logica chiara. L´elettore sa come viene usato il suo voto. L´unica cosa che i partiti non dovrebbero fare sono i pasticci cioè mescolare sistemi eterogenei solo per soddisfare il loro interesse».
Voi proponete di sottoporre comunque a referendum eventuali riforme istituzionali. Anche se il Parlamento le approva con la maggioranza di due terzi. Ma è contro la Costituzione.
«La nostra richiesta nasce in un contesto di democrazia rappresentativa debole e delegittimata. All´assemblea costituente si disse: se c´è una maggioranza tanto ampia non c´è bisogno di interpellare i cittadini. Ma la premessa qual era? Che quei partiti rappresentassero davvero il popolo italiano. Oggi viviamo una crisi della rappresentanza. Quel presupposto è diventato fragile. Sarebbe buona cosa avere comunque un voto popolare. Che o tolga di mezzo la riforma o la legittimi in maniera solenne».
Come se la caverà Libertà e giustizia senza Berlusconi?
«Possiamo riempire due armadi con l´attività svolta in dieci anni. L´armadio di Berlusconi resta aperto per quel che si dice essere il “berlusconismo”, qualcosa di più pervasivo del suo fondatore. Ci sono decine di leggi ad personam che andrebbero riviste. E non solo: la condanna della Corte di Strasburgo per la politica anti-immigrati non dice niente? Il secondo armadio è il futuro della politica. Ci dicono: cosa proponete oltre a manifestare esigenze e bisogni? Ma, diciamo noi, la risposta tocca alla classe dirigente proporre, è lì per questo. Noi manifestiamo esigenze. Una proposta che ci pare fondamentale, però l´abbiamo: la politica si apra alla società civile. Che non è il salotto buono, ma sono cittadini di ogni età, ceto sociale, professione che dedicano tempo, competenza, denaro ad attività d´interesse pubblico per pura dedizione al bene comune. Abbiamo bisogno di altre facce, d´altre energie, d´altri carismi. Soprattutto, di parole nuove. Non vede che quelle di oggi sono solo ripetizioni?»