attualità, partito democratico

"Meglio se uniti", di Cesare Damiano e Giorgio Merlo

Il dibattito sempre più infuocato, attorno e dentro al Pd, rischia di avere effetti imprevedibili. Il linciaggio verbale, singolare e curioso, contro il gruppo dirigente, non aiuta a far emergere con chiarezza il nostro progetto per il paese. Il bombardamento mediatico in atto da parte di molti settori dell’informazione, che ha l’obiettivo di mettere in discussione il nostro profilo di governo, confonde il ruolo e il messaggio politico del partito. Per questo motivo si tratta di chiarire alcuni aspetti essenziali che caratterizzano la nostra proposta e la nostra stessa mission.
Innanzitutto il sistema elettorale. Il Pd, quasi tutto, su questo versante ha mantenuto, da sempre, una posizione chiara ed univoca. Certo, i compromessi vanno fatti anche perché non abbiamo la maggioranza alla camera e al senato e la ricerca di un punto di equilibrio è indispensabile. Ma la definizione delle alleanze, il premio di maggioranza alla coalizione (che impedisca che dal voto emerga una posizione di stallo che porterebbe alla riedizione di una improponibile “larga coalizione”) ed il ripristino del rapporto tra gli eletti e gli elettori, sono e restano i punti costitutivi del progetto democratico. Chi ci accusa di voler conservare il Porcellum attraverso la nostra proposta, dice una cosa falsa e priva di fondamento.
In secondo luogo il capitolo delle alleanze. Noi siamo contrari alla riedizione dell’Unione per dar vita a coalizioni potenzialmente vincenti, ma quasi scientificamente ingovernabili. La proposta del Pd, anche su questo aspetto, è molto semplice: un’alleanza di governo tra l’area progressista e l’area moderata senza scivolamenti trasformistici e condizionamenti massimalisti. Dopo la lunga e grigia stagione berlusconiana è doveroso che, a cominciare dal più grande partito riformista e democratico del paese, parta una proposta di governo seria, credibile e realmente percorribile. Non c’è alternativa a questa impostazione. Sostenere che è anacronistico coltivare un’alleanza tra partiti perché si dovrebbe favorire una indistinta ed anomala “alleanza con i cittadini”, è semplicemente ridicolo e pericoloso perché nasconde una deriva trasformistica e di puro potere, al di fuori di qualsiasi coerenza politica, culturale e programmatica.
In terzo luogo l’unità del partito. È abbastanza evidente che c’è il concreto rischio di un possibile dissolvimento dell’esperienza originaria del Pd se non viene salvaguardata e preservata l’unità politica del partito. Cosí come è evidente che molto si gioca attorno alla gestione delle primarie e a come vengono regolamentate.
C’è un obiettivo politico abbastanza evidente, quello di indebolire il Partito democratico ed il suo segretario, che accomuna svariati organi di stampa e, com’è ovvio, i nostri avversari politici. La domanda è molto semplice: il Pd può essere complice, seppur passivo, di questa strategia? O meglio, alcuni settori del Pd possono assecondare questo istinto auto dissolutorio? La domanda non è né retorica né peregrina perché i nostri principali avversari e detrattori osservano compiaciuti questo spettacolo.
Ecco perché la riscoperta dell’unità e la ricerca della sintesi sono, oggi, la precondizione essenziale per garantire il ruolo, la prospettiva e la credibilità del Partito democratico. In questo non si può transigere né sono ammessi equivoci più o meno interessati.
da Europa Quotidiano 14.09.12