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"Opporsi alla deriva", di Antonio Valentino

Ha ragione Tiriticco. L’avvio di quest’anno scolastico si prospetta come uno tra i più travagliati di questi ultimi anni, che pure sono stati segnati da gravissimi problemi e da difficoltà enormi. La deriva di cui parla Tiriticco nella sua ultima riflessione è ormai sotto gli occhi di tutti.
Non sto a parlare di questo pasticcio del concorsone che ha gettato nel panico i tanti insegnanti titolati – ma in una situazione di precarietà – che si sono fatte le ossa in questi anni difficili e in molti casi hanno assecondato progetti di innovazione e buon funzionamento nelle nostre scuole. Né della vergogna degli ultimi concorsi gestiti con superficialità e pressappochismo, né del disastro delle reggenze che continua e si aggrava paurosamente anche quest’anno o delle questioni irrisolte del dimensionamento.

Quest’anno per gli istituti superiori comincia la riforma del triennio: nuove linee guida per i curricoli, più centrate indicazioni metodologiche su competenze, laborialità, comitati tecnico-scientifici aperti al contributo di figure territoriali della cultura, del lavoro, dell’amministrazione pubblica.

Se chiedete in giro, anche agli insegnanti più attenti e forse anche a qualche dirigente, la risposta che vi arriva è che “ sì, se ne è parlato forse in qualche collegio. Ma non siamo in grado di partire perché non siamo preparati”.

Entrano anche in vigore le Nuove Indicazioni per il primo ciclo. Ma non si sente parlare di corsi di aggiornamento e formazione.

Di fronte a questo stato di cose (e c’è dell’altro, come richiama Tiriticco), credo che siano in tanti quelli che nelle nostre scuole cominciano a non poterne più di questo stato di cose che non li fa vivere bene e che alimenta delusione e frustrazione.

Ci rendiamo sempre più conto che il Ministero, anche nelle sue articolazioni territoriali, non è in grado di lavorare alle condizioni soltanto minime per assicurare fattibilità alle riforme che, disattese ormai per quanto riguarda gli aspetti innovativi, si stanno rivelando, almeno per le scuole del secondo ciclo, per quello che una classe politica miope e senza visione aveva forse messo nel conto come il vero obiettivo: tagliare risorse linearmente e ferocemente, vendendo tagli i indiscriminati e spesso insensati come misure per risparmi doverosi e necessari.

Si sono mostrati soggetti finora inconcludenti anche le Regioni e gli Enti Locali (le eccezioni, anche in questi caso, confermano la regola). Per non parlare delle Università. Le ragioni possono essere molteplici. Comunque è mancata la volontà politica di farsi carico dei problemi e avviarli a soluzione, per quanto di competenza.

Nessun progetto, nessuna volontà evidente di pensare alla scuola come risorsa per la cittadinanza e lo sviluppo. Una ignavia diffusa e spesso disperante. Per quanto non manchino singole situazioni, come ho incidentalmente annotato, che stanno invece a dimostrare che una ripartenza è possibile.

Comunque …

Va comunque detto che la scuola è, nonostante tutto, una delle istituzioni che, almeno nella percezione dei più, ha ancora credito. Questo ci dicono inchieste anche recenti.

E questo grazie soprattutto – è facile riconoscerlo – a insegnanti e dirigenti (non tantissimi, ma comunque ce n’è) che, all’interno delle singole scuole, con generosità e competenza lasciano aperta la speranza per una risalita.

Continuo a pensare che sono proprio nelle scuole le risorse più importanti e su cui far leva per arginare una condizione sempre più pesante, e lanciare messaggi del rinnovamento possibile.

Va aggiunto che altri soggetti, in questa fase, fanno sentire la propria voce, non solo per denunciare, ma anche per costruire. Penso a una risorsa che ha ben funzionato negli ultimi anni: quella delle Associazioni professionali e non (penso alle Associazioni dei Genitori), legate al mondo della scuola.

Anche i siti ‘scolastici’ telematici sono stati in questi anni strumenti importanti di sviluppo della consapevolezza e di socializzazione di esperienze innovative.

Creare movimento per la ricostruzione, puntando sul protagonismo delle scuole

– meglio: di quanti, nelle scuole, e non sono pochi, e purtroppo neanche tanti, lavorano con passione e professionalità, al di là dei loro doveri professionali, per il buon funzionamento del loro Istituto, cercando di coinvolgere anche gli altri): è questa forse la parola d’ordine su cui, in questa fase, sviluppare impegno e progetti e recuperare credibilità. Anche correndo il rischio di sentirsi tacciare di essere fuori dalla realtà.

Ovviamente questo impegno, vissuto con la consapevolezza della posta in gioco, non può significare rinuncia alle opportune rivendicazioni, perché si inverta nella politica e nelle scelte governative lo sfacelo dell’attuale situazione. Il messaggio dovrebbe essere quello che la scuola non può accettare una situazione che degrada un servizio pubblico fondamentale. E per contrastare tale situazione rilancia obiettivi di rinnovamento e miglioramento.

Qualche esemplificazione per provarci

Urgenze e sollecitazioni – da mettere al centro di questo più consapevole impegno e tra le quali selezionare – sono tante e qualificanti, come ben sanno docenti e dirigenti. A partire dagli stessi provvedimenti e regolamenti normativi recenti, che, se continuasse questo stato di cose, continuerebbero a restare lettera morta.

E così, dare il giusto rilievo alle Linee guida (LG), che da quest’anno cominceranno a interessare anche il triennio degli Istituti Tecnici e Professionali, potrebbe permettere di recuperare un’ottica nuova che per molti può significare un modo diverso di approcciare l’insegnamento disciplinare.

E non tanto per l’elenco, in ciascuna scheda delle LG, degli argomenti disciplinari (da assumere comunque, credo, come trama concettuale nella quale i vari argomenti avranno peso e collocazione diversi in rapporto alle finalità che si tenderà a privilegiare e alla tipologia di studenti), ma anche per le correlazioni con saperi e competenze con altre discipline della stessa area che si vorranno programmare all’interno di progetti comuni di corso o di classi parallele.

Un discorso analogo penso si possa fare con le Indicazioni Nazionali per il primo ciclo.

D’altra parte, parlare di una didattica per competenze obbliga in qualche modo a fare i conti anche con le metodologie di insegnamento in cui si intrecciano operatività e riflessività e con l’idea di laboratorio come spazio dell’apprendere in autonomia, guidata attraverso il fare .

Che dire inoltre della necessità di mettere definitivamente in crisi il modello che fa dell’insegnamento frontale e trasmissivo la modalità più largamente diffusa nelle nostre aule – e finanche nei laboratori -? Potrebbe ben essere questa una parola d’ordine quasi rivoluzionaria, se ad essa si legassero pratiche sperimentali tendenzialmente cooperative.

Altro terreno di impegno non più rinviabile (ovviamente lo si dice da sempre): la valutazione degli apprendimenti; certamente fondamentale se venisse assunto – come dovrebbe essere – come strumento per conoscere, stimolare, gratificare; e perdesse definitivamente la natura, ancora prevalente, di strumento di potere e sanzionatorio che mal si concilia con la formatività del fare scuola. E se, con riferimento al discorso delle competenze, si puntasse sulla centratura non tanto su quello che si sa, quanto, piuttosto, su quello che si sa fare con quello che si sa.

E ancora: dare dignità all’operazione di certificazione delle competenze che ora fa acqua da tutte le parti: il riferimento è a quella di fine primo ciclo e del primo biennio; ma, sensatamente, la questione va riproposta anche per la conclusione degli studi del secondo ciclo.

Infine (si fa per dire): a due anni dall’entrata in vigore del decreto attuativo del rioridino, le sperimentazioni del CTS (in prima battuta come luoghi dell’autonalisi e/o di autovalutazione di Istituto e di collaborazioni, ove possibile, con il territorio) e dei Dipartimenti (come spazio di recupero di un sapere tendenzialmente unitario) non sarebbe il caso che diventino meno episodiche e più diffuse?

Anche senza voler ‘strafare’ (anche qui si fa per dire), un uso intelligente e pieno delle 80 ore previste dal Contratto di categoria, potrebbe – anch’esso – rappresentare uno strumento utile per rilanciare la ricerca e l’autoformazione nelle varie articolazione del collegio, per pensare e progettare sperimentazioni in un’ottica sana di autonomia, per aprirsi ad altre esperienze e stimoli (Di autoreferenzialità si muore).

Esemplificazioni così, a caldo.

L’importante è comunque – credo – rimettersi in moto e ridarsi fiducia per dare fiducia a studenti e famiglie; e non solo.

Segnalo qui l’utile contributo al riguardo di Stefano Stefanel (“Un orizzonte possibile”) del maggio scorso che, su questa stessa rivista, prospetta e argomenta su terreni di impegno possibile, con l’obiettivo di ridare senso e dignità al lavoro nelle scuole e chance per un futuro meno rassegnato e grigio.

Ma altri stimoli vengono, come già detto, anche dalle diverse riviste telematiche (penso soprattutto a quella dell’ADI o a Education 2.0, se non altro per la ricchezza dei contributi proposti) che sono fiorite in questi anni.

La rassegnazione non paga

Una seconda parola d’ordine da declinare con maggiore frequenza è che “non si parte mai da zero” e che la valorizzaione delle esperienze pregresse è linfa straordinaria per pensare ad un futuro meno ingarbugliato e più soddisfacente.

Rassegnarsi alla deriva – mettiamola così – non è neanche conveniente; se non altro perché ci rende tutti più rassegnati o frustrati.

Certamente per tutto questo occorrerebbe una regia o più regie coordinate e democratiche.

Penso comunque che i DS dovrebbero, in questa fase, porsi come soggetti motore in possibili azioni di promozione e coinvolgimento, a partire dalle proprie scuole.

Come pure andrebbero consolidate e socializzate esperienze di coordinamento e promozione di quegli enti locali che si sono spesi su questi terreni.

Su tali questione appare urgente anche una riflessione su quale funzione, oggi, debba ricoprire il sindacalismo confederale, che mi piace sempre pensare come soggetto imprescindibile per un discorso sul rinnovamento della scuola in questa fase. Solo che ci fossero più coraggio e meno contraddizioni. O no?

Comunque, darsi – dovunque è possibile e come è possibile – un progetto per una ripartenza sensata, è una idea che la scuola militante e l’universo interessato che gli sta intorno non possono continuare a rinviare ad altra stagione. La stagione è questa. Diversamente non si parte mai. E continueremmo a macerarci nelle nostre rabbie e insoddisfazioni.

E saremmo punto e a capo. Saremmo.

da scuolaoggi.org

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“Cari amici! Una riflessione a tutto campo!”, di Maurizio Tiriticco

Confesso che ho difficoltà a seguire le tappe di questa deriva, che si succedono giorno dopo giorno. Lo spappolamento progressivo è così veloce e inarrestabile che – vi assicuro – rimango basito! Come quei poveretti che nelle sale macchine del Titanic tentavano invano di tappare le falle che si aprivano una dopo l’altra! E ciò che mi addolora è anche il fatto che i “poveri” insegnanti, costretti a seguire il particulare, purtroppo, non hanno né forza né voglia né tempo di dare un’occhiata, almeno, all’universale. So anche di questi “esami di riparazione” – tutti li chiamano così – anche se non dovrebbero esserlo. In talune scuole non si riparano materie, ma parti soltanto: nella “contrattazione” docente/alunno si decide che in un pezzo di materia che riguarda il primo quadrimestre c’era la sufficienza, per cui “si porta” a settembre solo il secondo pezzo! Oppure: si deve riparare solo l’orale e non lo scritto, o viceversa! Studenti e genitori ormai contrattano con i prof promozioni, recuperi, voti! Altrimenti c’è il ricorso! Altro che sperequazioni! L’esito è che produrremo solo somari!!! E poi c’è un Miur che ha la faccia tosta di dire che tonnellate di item sono errati, che pubblica pure i nomi dei responsabili, e nessuno chiede scusa… nessuno è preso a pedate… tutto va ben madama la marchesa! Fino a qualche tempo fa il fronte di combattimento era più articolato: i punti deboli erano quelli, ma le retrovie ancora reggevano! Che bei tempi – solo qualche anno fa – quando il fronte era segnato dalle “formichine” delle prove Invalsi per i bambini della primaria!!! Ora mi sembra una Caporetto e tutto puzza – o profuma – di sonora sconfitta! Ci sarà una linea del Piave? Non lo so!

Ora con il con dl 953 disarticoleranno pure ciò che è rimasto del Miur: tutto andrà alle scuole cosiddette autonome, tutto alle Regioni, tutto a Checco e Nina! E, perché no? anche alle camarille di quartiere e al mafioso di turno! L’unità nazionale va a carte quarantotto! Tanto, una dopo l’altra chiuderanno tutte le fabbriche (penso alla Fiat di Marchionne, all’Ilva, al Sulcis, all’Alcoa) perché i prodotti cinesi, brasiliani, giapponesi, coreani ecc. saranno competitivi! Già lo sono! E diventeremo colonia!? I ricorsi storici! L’Europa stessa è in crisi! Speriamo che dopo i disperati delle carrette del mare vengano i nuovi padroni – o forse già ci sono e non ne abbiamo ancora la netta percezione! A dettare che cosa si deve chiudere e come si deve… esodare! Almeno ci sarà qualcuno che “metterà le cose a posto”! Quando penso che i nostri cosiddetti politici sono anni che non riescono a tirare fuori uno straccio di legge elettorale!!! Pare che il porcellum sia l’unico toccasana! E chiacchierano e chiacchierano! L’ignoranza la fa da padrona: Casini, Di Pietro, Giovanardi, Borghezio… e ora ci si mettono pure Salvini e Renzi: i rottamatori di destra e di sinistra! E dobbiamo anche ascoltarli!!! Non capiscono un’acca di economia o di finanza e hanno dovuto cedere il passo ai tecnici! In silenzio e con la coda tra le gambe! INAUDITOOO!!! Insomma, una intera “classe dirigente” – si chiama così? – che appena qualche mese fa ha alzato le mani, si è arresa al dictat di Napolitano, che oggi ha la faccia tosta di ripresentarsi tale e quale, chiacchierando a tutti i microfoni che frotte di giornalisti incollano alle loro bocche, pronta per le prossime elezioni! Per cominciare da capo, tra una chiacchiera e un’altra, un talk show ed un altro! E ci saranno pure le americanate delle primarie… che pena! Sarebbe questa la nuova democrazia? Non erano meglio i comitati centrali, i congressi PC? E le correnti DC?

Rottamiamo tutto, oggi! Ricordo che i nostri Padri Costituenti in meno di un anno ci hanno dato una Carta costituzionale che è tra le migliori del mondo, e la più chiara e semplice da leggere (ricordo l’analisi linguistica che ne fece De Mauro)! E nel bailamme dilagante c’è un Grillo che riscuote successo!!! E produrremo altri Grillo! L’Italia è il Paese dei grilli, dopo essere stato anche il paese delle cicale e delle cavallette, che da decenni ci hanno succhiato tutte le risorse e ci hanno indebitato! E nessuno sapeva niente? E dov’erano allora i “tecnici” che oggi pontificano? Qualcuno ci ha mai detto che ci stavamo indebitando? Che comprando la macchina nuova ieri avremmo perduto la pensione oggi? E dobbiamo, purtroppo, ringraziare Monti, che almeno due parole insieme le sa mettere e sa confrontarsi con i big europei! Dopo i cucù di Berlusconi e le ironie di Sarkozy e della Merkel! Che pena! Vi assicuro che comincio a vergognarmi un po’ di essere italiano! Però a volte mi faccio forte! Dante se la prendeva con la “serva Italia”, però scriveva la Commedia! Ci sarà un Dante nascosto che ancora non conosciamo??? Mah! E per tornare a noi, possiamo pensare che qualcuno al Miur si preoccupi del fatto che tra tre anni dovremo certificare le competenze dei 19enni e che occorrerà riformare l’esame di Stato? Un secondo e un infinito mah!!!

Io purtroppo non sono capace di essere un arringatore di folle! Ma di un Grillo nostro, parlante e pensante, abbiamo tutti bisogno! Io so soltanto buttare giù qualche rigo, come sapete! E’ certo che la situazione è brutta! Il PD di fatto non c’è! E’ un’altra cosa rispetto a un PD che avrebbe veramente dovuto incarnare quei tre filoni, cattolico popolare, socialista e comunista su cui e con cui abbiamo costruito la nostra Repubblica! Molti di voi sono piccoli, ma io ho vissuto quegli anni dell’antifascismo, della Resistenza, della Repubblica, della Ricostruzione, delle prime grandi lotte operaie e contadine! Quando Togliatti e Di Vittorio avevano le palle così! E ce l’aveva pure De Gasperi! Erano lotte dure! Eppure andavamo “avanti”! Ogni giorno che nasceva era migliore del precedente! Così è stato per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta! Le grandi lotte operaie, la riforma agraria, l’epopea di Di Vittorio e ci furono anche i morti perché la Celere di Scelba sparava. Oggi dei no-Tav avrebbe fatto polpette! Non è un caso che nel ’55 producemmo la Fiat 600! Fu l’avvio del “benessere”!!! Dell’usa e getta, dei frigoriferi e delle lavatrici… più tardi vennero le lavastoviglie!!! Fu una grande “liberazione” dal “lavoro/fatica” domestico! E poi l’automazione e la progressiva liberazione del “lavoro/fatica” in fabbrica! Nel ’62 innalzammo l’obbligo di istruzione! Nel ’67 Don Milani scrisse la sua lettera! E nel ’68 scoppiò il Sessantotto! E poi? E poi… un lento declino. A mio vedere il casino scoppia con la Bassanini del ’97 e con quella riscrittura del Titolo V 2001! Si doveva passare dal centralismo all’autonomia, ma… quale autonomia? Con quali criteri? Con quali finalità? Penso alla dappochezza di chi negli anni Novanta ha scritto cose lunghe e impasticciate che ci hanno creato un sacco di guai E poi la cerniera dell’amministrazione Berlinguer: luci e ombre su cui dovremmo riflettere! Subito dopo ebbe inizio il diluvio! Con il nuovo Millennio! Penso alla Moratti!! L’analisi che sto facendo è molto povera e lo so! E non mi accusate di qualunquismo! Comunque, sono alcuni spunti per pensare! Il fatto è che il PD non incarna nulla del filone migliore di questa nostra lunga storia, perché ne è stato anche coautore in negativo, purtroppo, dalla Bolognina in poi! Ma il discorso si fa difficile e non sono capace di farlo…

da scuolaoggi.org