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"Autonomia? No, lungo parcheggio", di Giovanni Scancarello

In Italia più che la scuola dell’autonomia sta riuscendo il suo esatto contrario, la scuola parcheggio. É quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Ocse «Education at a Glance 2012». In primo luogo, gli studenti italiani passano a scuola più tempo dei loro colleghi stranieri e il tentativo del ministro Francesco Profumo di accorciare di un anno il percorso scolastico è solo l’ultimo di una lunga serie di sfumati progetti di legge. Quando alla durata del tempo scuola (anche dopo le riduzioni orarie della riforma Gelmini) si aggiunge il centralismo del sistema scolastico registrato dall’Ocse, soprattutto in fatto di trasferimento dei fondi, allora è chiaro come esista un problema di identità dell’autonomia scolastica. La scuola italiana si piazza al sesto posto della classifica del tempo scuola più lungo. In proposito va detto che per l’Italia la lunga scolarizzazione di massa, a partire dalla scuola dell’infanzia, ha assecondato la trasformazione della società e della struttura organizzativa della famiglia, la quale ha cercato sempre di più nella scuola anche una sponda assistenziale ed educativa. Ma adesso che la scuola ha soprattutto una funzione orientativa del giovane verso il mondo del lavoro e dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, l’importante è diversificare l’offerta formativa in modo da intercettare gli interessi e le vocazioni delle persone e di corrispondere ai cambiamenti dei loro bisogni formativi. Diversificare quindi il curricolo in funzione dell’età degli studenti è strategico ai fini del suo inserimento nella società. L’Italia in questo senso fa parte dei Paesi che presentano una struttura più indistinta dell’offerta formativa. Per esempio i tempi dedicati alla scrittura, lettura, letteratura degli studenti di 12 – 14 anni è una volta e mezza di più di quelli riservati agli alunni di 9 – 11 anni in Paesi come Austria, Portogallo, Messico e Francia. In Inghilterra la differenza di tempi didattici per queste attività è del 6%. In Italia non c’è differenza è la persona che deve adeguarsi al curricolo e non viceversa. Un curricolo obbligatorio flessibile per il primo ciclo c’è ovunque tranne che in Italia. Sta di fatto che l’Ocse conta 3933 ore di scuola ad alunno nel primo ciclo a fronte di una media Ocse di 3414 ore, a cui vanno però aggiunte 913 ore dei programmi di personalizzazione per orientare al meglio gli studenti verso il secondo ciclo, offerta di cui, anche stavolta, l’Italia non dispone. Ma non è finita qui.

L’autonomia scolastica, nata come costola del decentramento amministrativo e della riforma in senso federalista dello Stato, alla fine è rimasta incastrata in un sistema che più centralista non si può. Tralasciando la querelle tra Stato e Regioni sulle competenze in materia di istruzione che tengono la Suprema Corte impegnata ormai a ritmo quasi stagionale, l’autonomia scolastica come strumento del sistema territoriale integrato dell’istruzione forse non è mai veramente decollata. Se prendiamo ancora una volta il confronto con la Finlandia, vediamo che il 47% dei fondi per l’istruzione è in mano allo Stato e il 57% ai comuni, mentre da noi rispettivamente l’85,5% allo Stato, l’8,5 alle Regioni e l’11% ai Comuni. In Australia solo 3,3% dei finanziamenti vengono erogati dallo Stato contro il 96,7% dei finanziamenti erogati dalle regioni.

Alla fine come ogni anno, anche stavolta si rinnova il miracolo dell’apertura delle scuole, solo che i docenti italiani hanno ritrovato le proprie classi sempre più piene di studenti, che sembrano attenderli, quando va bene, già parcheggiati in doppia fila.

da ItaliaOggi 18.08.12