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"Gli strani «tecnici» del ministro Ornaghi", di Vittorio Emiliani

Se possedeste un castello o un quadro antico, per restaurarlo, interpellereste uno psicologo esperto in marketing o magari un politologo? In entrambi i casi i vostri congiunti telefonerebbero allarmati al medico di fiducia e, nel caso insisteste, al 113. È invece proprio quello che accadrà al patrimonio storico-artistico-paesaggistico della Nazione (art. 9 della Costituzione) dopo le nomine effettuate dal ministro «competente» Lorenzo Ornaghi per il Consiglio Superiore: come «vice» esecutivo, un filosofo del diritto, Francesco De Sanctis (prima di lui, Salvatore Settis e Andrea Carandini), quali consiglieri, una docente di Scienze Politiche (Gloria Pirzio Ammassari), uno storico contemporaneo (Enrico Decleva, Rettore della Statale a Milano, dove Ornaghi lo è della Cattolica), il preside della facoltà di Psicologia, e dàgli, della Cattolica (Albino Claudio Bosio) e finalmente uno storico dell’arte, Antonio Paolucci, peraltro direttore dei Musei Vaticani e quindi dipendente di quello Stato. Col che il tasso di «pietas religiosa» (almeno quello) è alto e garantito.
Del resto, dal CdA del Teatro alla Scala il medesimo Ornaghi aveva lasciato fuori, fra vibrate proteste, un esperto di musica e di bilanci, Francesco Micheli, per infilarci il suo segretario. Viva la meritocrazia. Nel Devoto-Oli «tecnico» vuol dire «persona esperta e competente nella parte pratica e strumentale di un’arte, scienza o disciplina». Nella già desolata landa dei beni culturali, con l’arrivo dell’Ornaghi, di tennico (come dicono a Milano) non c’è più nemmeno l’ombra. Insomma, da rimpiangere Galan e Bondi. Un vero incubo.
Pochi giorni fa l’accetta della spending review è calata sui comitati tecnico-scientifici dei Ministeri e quindi su quelli del MiBAC: eliminati gli esperti, i detentori di saperi tecnici effettivi, incaricati di istruire, nell’interesse generale, pratiche complesse da esaminare poi in Consiglio Superiore. Decisione tanto meccanica quanto imbecille che ha tirato giù un altro pezzo del Ministero che Spadolini aveva pensato «diverso», composto da tecnici. Un organo che, pur consultivo, faceva da contrappeso alla burocrazia calcificatasi, specie negli ultimi anni, al Collegio Romano. Oltre tutto, organismo poco costoso. Non si sarebbe risparmiato di più eliminando la quanto mai discussa Direzione Generale per la Valorizzazione creata per Mario Resca traslocato all’Acqua Marcia antica e pia e cominciare così a ridurre le 9 (con la Segretaria generale) Direzioni generali centrali? Sì, ma Ornaghi vi ha nominato una laureata in pedagogia che di marketing deve saperne moltissimo, con l’alto stipendio, pensiamo, di Resca (più il costo della sua struttura). Non si sarebbe risparmiato di più riportando (per adesso) a ruoli di mero coordinamento le Direzioni generali regionali che hanno elevato a 26 il totale delle Direzioni generali di un Ministero che anni fa ne aveva soltanto 4?
Con la sparizione dei Comitati tecnici di settore, con un Consiglio Superiore composto di psicologi, politologi, storici contemporanei, ecc. e, diciamolo, con un ministro che non ne azzecca mezza, prevarrà la burocrazia centrale, spesso collocata lì per ragioni «politiche», estranee al merito, dove da anni non figura uno storico dell’arte. Una imbalsamazione burosaurica. Bondi è stato il demolitore del Ministero? Ornaghi ne sarà il necroforo. Così ci togliamo pure il pensiero dell’arte. Se ne occuperanno i privati. Come a Brera. «Disgraceful and disastrous», vergognoso e disastroso, ha commentato una famosa storica dell’arte inglese.
Chi può darle torto?
l’Unità 20.09.12