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"Scuola, il paradosso di internet. 3800 istituti 'staccati' dal web", di Alessandra Longo

Connessione interrotta dal 20 ottobre per tutte le sedi scolastiche agganciate alla rete pubblica statale Spc. Se vogliono proseguire dovranno farlo con i propri fondi. Mentre il Ministero annuncia l’investimento di 40 milioni per la scuola digitale. Il piano Scuola digitale procede a zig zag: così, mentre il ministro del Miur Francesco Profumo annuncia 40 milioni per inondare le classi di strumenti digitali, arriva la doccia fredda per mezzo di una nota della Direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi dello stesso Ministero: dal 20 ottobre per mancanza di fondi finisce il progetto Spc scuole con la conseguenza di tagliare la connessione da 3.8000 istituti. Sembra un paradosso, ma la spiegazione è semplice: la connessione al Sistema Pubblico di Connettività aveva permesso a tutte queste scuole di essere connesse con un operatore banda larga a spese dello Stato. Ma i fondi, appunto, sono finiti. La connessione verrà staccata a meno che le scuole non la confermino a priìoprie spese.

“Negli anni gli stanziamenti finanziari necessari a garantire la gestione e lo sviluppo dell’intero sistema informativo oltre che della rete dati- spiega la nota- hanno subito forti riduzioni mettendo in seria difficoltà questa Direzione la quale, suo malgrado, si trova costretta a perseguire un’opera di razionalizzazione per evitare l’aggravarsi di un’esposizione debitoria già pesante nei confronti del fornitore”.

Le contraddizioni e le difficoltà nel percorso della digitalizzazione delle scuole sono molte: internet è la materia prima del progetto Scuola digitale, portato avanti da Profumo. Già a dicembre 2011 ha lanciato “La scuola in chiaro” rendendo disponibili i recapiti e le caratteristiche principali

di 11 mila scuole italiane. Il Miur ha già stabilito che da quest’anno scolastico le iscrizioni si devono poter fare via internet; al via, non senza difficoltà, anche il registro in formato elettronico. Secondo il decreto Digitalia, previsto nel prossimo Consiglio dei ministri, “a decorrere dall’anno scolastico 2014-2015”, inoltre, “il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri nella versione digitale o mista, costituita da un testo in formato elettronico o cartaceo e da contenuti digitali integrativi, accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto” (si legge nell’ultima bozza). Ma secondo lo stesso ufficio statistico del Miur solo il 33 per cento delle classi è connessa a internet. Il 73 per cento delle scuole lo è, ma magari solo in un punto (biblioteca, segreteria) e quindi non potrebbe svolgere tutte le mansioni digitali previste.

“Lo sappiamo che ci sono scuole senza internet. Ma rimedieremo con il decreto Digitalia, con un piano di cablatura”, promette Giovanni Biondi, il responsabile del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del Miur. È anche il responsabile di questi temi per la Cabina di regia che sta dando vita all’Agenda digitale italiana. “Il cablaggio di scuole e uffici pubblici deve essere la priorità assoluta”, dice il professore dell’Università Bicocca Paolo Ferri ad Agendadigitale.eu, consulente per l’innovazione del Miur. L’approccio di Profumo, “che si è trovato senza soldi e al cospetto di una situazione a macchia di leopardo, è da considerarsi positivo in termini di attenzione al tema e in un contesto in cui non si assiste a un intervento strutturale da 12 anni”, continua.

Passi avanti, a riguardo, potrebbero arrivare grazie a un accordo di 40 milioni di euro tra Miur e le Regioni, annunciato questa settimana. Risorse che permetteranno di mettere computer e internet in classe, dare un tablet a ogni insegnante e in certi casi a ogni alunno, lavagne interattive e predisporre contenuti didattici digitali. Ma solo in alcune regioni italiane e non in tutte le loro scuole.
L’idea che si sta affermando, per il progetto Scuola digitale come per altri temi dell’Agenda, è che a obiettivi così alti rischiano di non corrispondere adeguate risorse. Così si avanzerà a macchia di leopardo e con progetti parziali, cominciando dalle Regioni che hanno più risorse da dedicare a questi temi.

da repubblica.it