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"Lombardia, la locomotiva arranca", di Giuseppe Vespo

Al Pirellone c’è un dossier riservato sulle più grosse crisi industriali in Lombardia. Ci sono i nomi di una quarantina di grandi aziende e la situazione occupazionale di migliaia di lavoratori. Indesit, Ideal Standard, Nokia, Alcatel, Brasilia, Riello, solo per citare i marchi più conosciuti a livello nazionale. Ma si tratta della punta dell’iceberg. A luglio il 33esimo Rapporto della Fim-Cisl lombarda contava solo nel settore metalmeccanico 2.466 aziende in difficoltà per via della crisi economica, 2.356 lavoratori licenziati nei primi sei mesi del 2012 e 58.737 sospesi nel limbo della cassa integrazione, cresciuta in un anno del 67 per cento. Cifre che si aggiornano quotidianamente al rialzo e che rendono obsoleto lo stesso documento della Regione Lombardia, che non ha fatto in tempo a considerare la situazione della Franco Tosi, azienda legnanese, altro nome importante dell’industria italiana finito in brutte acque per via del grosso indebitamento. «I dati tracciano un quadro assolutamente drammatico», avvertiva prima della pausa estiva il segretario generale della Fim-Cisl regionale, Nicola Alberta. «Occorre tenere alta l’attenzione sui problemi dell’industria manifatturiera e del settore metalmeccanico: vanno affrontati in modo consapevole i nodi della debolezza industriale, senza attendere improbabili miglioramenti spontanei». E infatti nell’attendismo della politica, o forse perché al Pirellone c’è altro a cui pensare, la situazione sembra peggiorata: «Si sta modificando il tessuto industriale della Lombardia», sostiene oggi Mirco Rota, segretario regionale della Fiom-Cgil, che teme non più la semplice – si fa per dire – sparizione di singole aziende, ma addirittura la scomparsa «di interi settori industriali». La famosa locomotiva che perde i suoi vagoni. E anche i migliori, si potrebbe dire. Il sindacalista cita per esempio l’industria dell’elettrodomestico, che qui dava lavoro a migliaia di persone e adesso è a rischio estinzione. E in effetti la prima azienda nel dossier del Pirellone è la Indesit di Brembate, Bergamo. Qui è scomparsa anche la speranza: «Lavoratori coinvolti 416», l’intero organico finito in cassa integrazione straordinaria per cessazione totale. E poi c’è la Bessel del gruppo Candy, a Santa Maria Hoè, in provincia di Lecco. In questo caso la cessazione dell’attività è parziale ma i lavoratori coinvolti dal piano sono tutti: 204 persone. mobilitazione E poi il settore delle telecomunicazioni e dell’informatica, con Italtel, Nokia Network Alcatel Lucent, e le avanguardie in difficoltà come la Thales Alenia Space, che a Vimodrone si occupa di progettazione e produzione di sitemi aerospaziali (296 lavoratori). Come nel resto d’Italia soffre l’auto insieme al gruppo Fiat, che qui conta quattro grandi stabilimenti tra Milano, Brescia, Legnano e Mantova. La crisi degli stabilimenti del Lingotto in Lombardia «sta mettendo a dura prova tutto l’indotto – riprende Rota – che tra fonderie e accessori rappresenta una grossa realtà per la regione». Nel novembre scorso la Fiom ha scioperato per chiedere al Pirellone di occuparsi di crisi industriale e di creare tavoli di settore e di sviluppo. «La Regione non ha mai accolto le nostre richieste. Non escludiamo una nuova mobilitazione nei prossimi mesi – annuncia il segretario delle tute blu Cgil – In Lombardia non ci sono solo gli appalti e la sanità».

L’Unità 27.09.12