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"Sondaggio sulle primarie: no ai voti del centrodestra", di Virginia Lori

I primi risultati del sondaggio su www.unita.it: il 78 per cento chiede che la consultazione sia aperta agli elettori di centrosinistra e a chi si impegna moralmente a votare il vincitore alle politiche. Ma alle primarie del centrosinistra può votare la destra? E si può far appello al voto trasversale? L’Unità ha fatto un sondaggio tra i suoi lettori e i visitatori del sito web (www.unita.it) chiedendo direttamente a loro cosa ne pensano. In due giorni sono già migliaia le risposte cliccate. Alla domanda «a chi aprire le primarie del centrosinistra» il 78% (4.478 utenti) risponde senza dubbio: soltanto a coloro che si impegnano moralmente a votare il vincitore delle primarie anche alle elezioni politiche. Soltanto per il 12% dovrebbero essere aperte a chiunque voglia partecipare, dunque anche ad elettori che non si sentono impegnati con il centrosinistra, mentre il restante 11% ritiene che possano votare alle primarie sia gli elettori di centrosinistra sia i «non schierati».
«Se lo scopo delle primarie è allargare quanto più possibile la nostra base di consenso ha scritto Ivan Scalfarotto (che appoggia Matteo Renzi) in questo particolare momento storico e vincere, allora bisogna favorire la più ampia partecipazione». Di parere opposto Tommaso Giuntella, del comitato pro-Bersani: «Non è una questione normativa, è una questione etica, ma ancora prima una questione di buon senso. Viviamo un tempo di estrema confusione nel quale siamo arrivati a immaginare un controsenso logico quale la contrapposizione tra società civile e società politica».
Sempre su queste pagine Michele Prospero descrive quanto sta accadendo nel centrodestra: «A destra ora c’è chi reclama il diritto (sic!) di votare alle primarie con l’avvertenza che però, se Renzi non dovesse spuntarla nei gazebo, alle urne del 2013 tornerà all’ovile e quindi non sosterrà mai Bersani. Parrebbe uno stralunato episodio della commedia all’italiana e invece è una tragedia che rivela la corruzione ideale di oggi».
Stefano Ceccanti la vede da un altro punto di vista: «La scelta delle primarie chiuse concentra il massimo delle controindicazioni: priva il partito o la coalizione dell’apertura di massa delle primarie dirette, allontanando le caratteristiche dell’elettorato delle primarie da quello delle secondarie, e lo priva anche dell’apertura mentale delle leadership interessate a vincere. Mette invece la scelta per intero nelle mani di minoranze ideologizzate, più interessate a confermare la propria identità che a conquistare consensi nuovi».
Ma intanto, in vista dell’Assemblea del sei ottobre, che dovrà stabilire le norme di “ingresso” e cambiare quella dello Statuto che individua nel segretario il candidato alle primarie di coalizione, gli sherpa di Pd, Sel e Psi (Migliavacca, Ferrara e Di Lello), che stanno lavorando all’organizzazione dei gazebo, provano a fissare dei punti fermi: se nessun candidato raggiungerà il 50 più uno dei consensi al primo turno si andrà al ballottaggio tra i primi due.
Le possibili date: il primo turno si terrebbe domenica 25 novembre, l’eventuale secondo turno domenica 2 dicembre. Chi parteciperà alle primarie, inoltre, dovrà iscriversi in un apposito elenco. Si presume pubblico, come è accaduto per quelle per il sindaco di Firenze.
E proprio il sindaco fiorentino ieri mattina è tornato sulla questione delle regole. Vuole «le stesse usate per Prodi, Veltroni e Bersani». E a tal fine, assicura di fidarsi di quelle «che sceglie il segretario del mio partito. Penso sia bene mantenere le consultazioni aperte». Quanto all’ipotesi di candidarsi come segretario del Pd, in caso di sconfitta per la premiership, la risposta in dialetto napoletano, con accento fiorentino, sgombra il campo da dubbi: «Manco pa’ capa!». Quello che gli passa per la testa, invece, è un timore: che sulle primarie scatti l’«effetto Napoli», riferendosi a quanto accaduto con Cozzolino. «So bene cosa è accaduto qui: un’esperienza utile… Nel senso che non deve più succedere, occorre fare il contrario». Spiega: «Mio figlio ha 11 anni e si dichiara bersaniano perché non vorrebbe il padre in giro per tre mesi. Temo che cambino le regole in corsa ma non credo che faranno votare pure i bambini». Pier Luigi Bersani, a cui viene chiesto di replicare a Renzi, risponde: «Devo dire, sinceramente, che sto utilizzando più tempo sulla vicenda esodati che sulle primarie».
L’Unità 28.09.12