Mese: Settembre 2012

"Università, al via i test di ammissione. A Milano in 4.000 per 500 posti", di Valentina Santarpia

Quando c’è stato il test di ammissione a Medicina alla Cattolica, ad aprile, sull’Aurelia a Roma c’erano 22 km di coda per le auto che si dirigevano verso la sede dell’esame. La scorsa settimana, alle prove del Campus biomedico, i candidati erano così tanti che i quiz sono stat spostati alla Fiera di Roma perché l’ateneo non aveva abbastanza aule disponibili. E all’università di Palermo, in vista della sfida a suon di crocette di martedì prossimo, hanno già predisposto «speciali misure di sicurezza». Bastano questi tre esempi per avere un’idea della massa di studenti che anche quest’anno sta cercando disperatamente di indossare un camice bianco e intraprendere un corso di laurea in Medicina e chirurgia. Secondo le stime di Angelo Mastrillo, docente dell’università di Bologna e membro dell’Osservatorio conferenza nazionale dei corsi di laurea Facoltà di medicina e chirurgia, saranno 77 mila i diplomati che martedì 4 settembre sosterranno gli esami per cercare di accaparrarsi uno degli 11 mila posti disponibili (10.173 per Medicina e chirurgia e 931 per Odontoiatria) a cui vanno aggiunti i …

"Così l'industria sarda ha smarrito il suo orizzonte", di Giacomo Mameli

In tour elettorale per le regionali Silvio Berlusconi lascia Palazzo Chigi e piomba nel Sud dell’isola che ribolle di rabbia. Il polo metallurgico di Portovesme è in agonia, Iglesias non sa più che cosa sia il lavoro produttivo, Carbonia è in apnea. Buio pesto per Ila e Rockwall, Alcoa in stand by, l’Eurallumina passata ai russi della Rusal sta per chiudere i cancelli. Agli operai B. promette il “massimo impegno” perché “chiamo subito il mio amico Putin e la fabbrica incrementerà i volumi di produzione e avrete il lavoro”. I sardi credono alla patacca. Ricompensano B. dandogli un carrettata di voti. Ma da Mosca arriva un niet grande quanto gli Urali. Oggi, dopo quattro anni di governo di centrodestra sostenuto da sedicenti sardisti, la Sardegna è in coma. Ha perso 42 mila posti di lavoro, “18mila nella sola industria”, come rimarca il leader della Cgil Enzo Costa. Dal Golfo degli Angeli all’Asinara si assiste sgomenti alla necrosi del tessuto produttivo, quello che aveva fatto uscire la Sardegna dal Medioevo. E si mette una pietra tombale …

"Così l'industria sarda ha smarrito il suo orizzonte", di Giacomo Mameli

In tour elettorale per le regionali Silvio Berlusconi lascia Palazzo Chigi e piomba nel Sud dell’isola che ribolle di rabbia. Il polo metallurgico di Portovesme è in agonia, Iglesias non sa più che cosa sia il lavoro produttivo, Carbonia è in apnea. Buio pesto per Ila e Rockwall, Alcoa in stand by, l’Eurallumina passata ai russi della Rusal sta per chiudere i cancelli. Agli operai B. promette il “massimo impegno” perché “chiamo subito il mio amico Putin e la fabbrica incrementerà i volumi di produzione e avrete il lavoro”. I sardi credono alla patacca. Ricompensano B. dandogli un carrettata di voti. Ma da Mosca arriva un niet grande quanto gli Urali. Oggi, dopo quattro anni di governo di centrodestra sostenuto da sedicenti sardisti, la Sardegna è in coma. Ha perso 42 mila posti di lavoro, “18mila nella sola industria”, come rimarca il leader della Cgil Enzo Costa. Dal Golfo degli Angeli all’Asinara si assiste sgomenti alla necrosi del tessuto produttivo, quello che aveva fatto uscire la Sardegna dal Medioevo. E si mette una pietra tombale …

"Quirinale, le ragioni di un privilegio", di Ugo De Siervo

Le polemiche sempre più sgradevoli e sfilacciate, che si sono prodotte a causa dell’ascolto e dell’inopinata conservazione da parte della Procura di Palermo di alcune intercettazioni «casuali ed indirette» di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica possono contribuire a spiegare i motivi istituzionali del particolare privilegio che è attribuito al Presidente dalla nostra Costituzione. Ciò appare opportuno, anche perché la sentenza della Corte Costituzionale sul conflitto sollevato dalla presidenza della Repubblica non potrà giungere prima del prossimo dicembre, pur con tutte le opportune accelerazioni del caso (mentre l’udienza del 19 settembre prossimo riguarda la mera ammissibilità del conflitto, che peraltro appare scontata). Fino ad allora purtroppo si continuerà a operare in un contesto nel quale chiunque potrà cercare di trarre qualche vantaggio dalla irresponsabile asserzione dell’uno o dell’altro contenuto delle conversazioni intercettate ed i pochi – si spera – che quelle conversazioni davvero hanno ascoltato disporranno di un potere del tutto improprio e saranno sottoposti a molteplici pressioni per rivelarle o comunque farle conoscere. In un contesto pre-elettorale in cui alcuni soggetti sembrano disposti, in …

"Quirinale, le ragioni di un privilegio", di Ugo De Siervo

Le polemiche sempre più sgradevoli e sfilacciate, che si sono prodotte a causa dell’ascolto e dell’inopinata conservazione da parte della Procura di Palermo di alcune intercettazioni «casuali ed indirette» di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica possono contribuire a spiegare i motivi istituzionali del particolare privilegio che è attribuito al Presidente dalla nostra Costituzione. Ciò appare opportuno, anche perché la sentenza della Corte Costituzionale sul conflitto sollevato dalla presidenza della Repubblica non potrà giungere prima del prossimo dicembre, pur con tutte le opportune accelerazioni del caso (mentre l’udienza del 19 settembre prossimo riguarda la mera ammissibilità del conflitto, che peraltro appare scontata). Fino ad allora purtroppo si continuerà a operare in un contesto nel quale chiunque potrà cercare di trarre qualche vantaggio dalla irresponsabile asserzione dell’uno o dell’altro contenuto delle conversazioni intercettate ed i pochi – si spera – che quelle conversazioni davvero hanno ascoltato disporranno di un potere del tutto improprio e saranno sottoposti a molteplici pressioni per rivelarle o comunque farle conoscere. In un contesto pre-elettorale in cui alcuni soggetti sembrano disposti, in …

"Mali antichi insidiano il nostro fragile paese", di Eugenio Scalfari

Ho ancora nel mio cuore e nei miei pensieri l’immagine di Carlo Maria Martini mentre il popolo sfila davanti al suo feretro e gremisce il Duomo e la grande piazza di Milano dove per tanti anni esercitò la sua missione di Vescovo. Se n’è andato un padre che poteva anche essere un Papa alla guida della Chiesa in tempi così procellosi? No, non poteva essere un Papa e non era un padre. È stata una presenza ancora più toccante e inquietante: è stato un riformatore che si era posto il problema dell’incontro tra la Chiesa e la modernità, tra il dogma e la libertà, tra la fede e la conoscenza. «Non sono i peccatori che debbono riaccostarsi alla Chiesa ma è il pastore che deve cercare e ritrovare la pecora smarrita». Così diceva e così faceva. È morto nel pomeriggio di venerdì, i medici l’avevano già sedato, ma la mattina di giovedì aveva ancora celebrato la messa e mormorato dentro di sé il Vangelo perché la voce era del tutto scomparsa, le mani non reggevano …

"Mali antichi insidiano il nostro fragile paese", di Eugenio Scalfari

Ho ancora nel mio cuore e nei miei pensieri l’immagine di Carlo Maria Martini mentre il popolo sfila davanti al suo feretro e gremisce il Duomo e la grande piazza di Milano dove per tanti anni esercitò la sua missione di Vescovo. Se n’è andato un padre che poteva anche essere un Papa alla guida della Chiesa in tempi così procellosi? No, non poteva essere un Papa e non era un padre. È stata una presenza ancora più toccante e inquietante: è stato un riformatore che si era posto il problema dell’incontro tra la Chiesa e la modernità, tra il dogma e la libertà, tra la fede e la conoscenza. «Non sono i peccatori che debbono riaccostarsi alla Chiesa ma è il pastore che deve cercare e ritrovare la pecora smarrita». Così diceva e così faceva. È morto nel pomeriggio di venerdì, i medici l’avevano già sedato, ma la mattina di giovedì aveva ancora celebrato la messa e mormorato dentro di sé il Vangelo perché la voce era del tutto scomparsa, le mani non reggevano …