attualità, politica italiana

“Il Cav non fermerà il cambiamento”, di Claudio Sardo

Le primarie del centrosinistra hanno posto al centro del dibattito pubblico il tema del cambiamento – politico, di classi dirigenti, di indirizzo economico e sociale. Tanti italiani si sono appassionati al confronto, hanno apprezzato il coraggio della sfida aperta e i suoi contenuti, hanno premiato Bersani nel voto e il Pd nei sondaggi, hanno incoraggiato Renzi soprattutto per la radicalità della sua domanda di innovazione. Sembrava l’inizio di una nuova stagione: nulla sarebbe rimasto come prima e la spinta al rinnovamento avrebbe presto contagiato tutti gli attori politici. Pochi giorni dopo, però, è tornato Berlusconi. Non è più il Berlusconi del ’94, né quello del 2001, né quello del Predellino. Oggi pare uno spettro. Lo spettro dell’Italia imprigionata nella Seconda Repubblica, del declino economico, del populismo anti-europeo. Non poteva esserci contrapposizione più netta tra il tentativo di rispondere alla necessità del cambiamento – che scaturisce proprio dalla profondità della crisi, dallo «smottamento» del ceto medio, dall’impoverimento delle famiglie, dall’impotenza dei governi di fronte ai poteri finanziari – e la blindatura del Cavaliere sconfitto. Anche perché la chiusura «padronale» colpisce gli stessi propositi di evoluzione democratica della destra.
Checché ne dica Berlusconi il suo obiettivo non è più vincere, ma bloccare. Non è lanciare un nuovo progetto, ma impedire che gli sfugga la proprietà del partito. Berlusconi scommette sulla sconfitta dell’Italia, sul fallimento futuro e per questo vuole presentarsi nel prossimo Parlamento con un drappello di fedelissimi. Poco importa quanti sono, purché il circuito di selezione sia bloccato. Poco importa il danno che verrà prodotto all’Italia da una campagna elettorale regressiva, che si spingerà fino a ipotizzare l’uscita dall’euro. Il proposito berlusconiano è colpire Monti e il suo possibile successore, scaricando su di essi le colpe gravissime che invece sono a carico dei suoi governi, i peggiori dell’Italia repubblicana.
Ma Berlusconi non può fermare il cambiamento. Anche se cerca sponde in quella borghesia che diffida della sinistra perché detesta i partiti e la politica, anche se cerca alleati nelle corporazioni, anche se confida nel sovversivismo di certe oligarchie che presidiano l’immutabilità degli equilibri di potere. Il cambiamento non si fermerà. Perché lo impone il tempo nuovo. Perché dalla crisi non si uscirà ripristinando il vecchio modello sociale. Perché gli squilibri e le disuguaglianze attuali non garantiscono più la coesione civile. Perché l’Europa, o è capace di un rilancio unitario oppure è destinata all’emarginazione politica, culturale, e quindi economica. Perché c’è bisogno di uno sviluppo nuovo, di un nuovo compromesso fondato sul lavoro, di una democrazia capace di riscattare la servitù nei confronti dei mercati.
La responsabilità del centrosinistra è grande. Come la nostra speranza. Berlusconi non fermerà il tempo ma la direzione del cambiamento non è scontata. Siamo a un cambio d’epoca e dobbiamo decidere quale strada imboccare, con quale lingua parlare, quale ragione dare alla nostra vita di comunità. Il destino è nelle nostre mani. Nelle ormai imminenti elezioni. Ma non solo. Il coraggio mostrato dal Pd nelle primarie ha bisogno di repliche. A partire dalla scelta dei candidati per il Parlamento: nella sciagurata, ma purtroppo probabile, ipotesi che il Porcellum resti immutato, si dovranno riaprire le porte dei circoli per condividere la selezione con il più ampio numero di elettori. Se Berlusconi si blinda, se Grillo fa primarie-farsa, se nessun partito ha il coraggio di chiamarsi partito, tanto più il Pd deve mettere il proprio circuito democratico a servizio di una nuova idea di politica.
Non è la presunzione di fare da soli, di bastare a se stessi. Al contrario, è una prova di umiltà dopo che la rappresentazione della politica e l’incapacità di autoriforma hanno meritato il discredito. Non si governerà il cambiamento con il settarismo e l’autosufficienza. La ricostruzione di un tessuto istituzionale condiviso, oltre che di un tessuto sociale ed economico in grado di far ripartire la crescita, è la missione di un partito con un forte senso della nazione. Un partito aperto. Innovatore ma capace di includere. Le alleanze in Parlamento verranno dopo. Ma il nuovo centrosinistra dovrà cominciare dall’alleanza per il lavoro, con i giovani che lo cercano e con gli imprenditori che scommettono sullo sviluppo delle loro imprese. Il nuovo centrosinistra dovrà allearsi con i progressisti e i democratici che intendono cambiare la politica economica dell’Europa: la svolta a sinistra possibile ha una dimensione europea. Il nuovo centrosinistra dovrà allearsi inoltre con tutte quelle forze sociali che nel trentennio liberista sono state penalizzate, indebolite, scoraggiate, e che invece vogliono battere l’individualismo in nome della solidarietà e dell’integrità della persona. Il cittadino solo è più debole e lo Stato è più povero, se non riconosce il valore dei corpi intermedi, il civismo di chi lotta per diritti universali, le ragioni profonde, anche spirituali, di chi si dedica agli altri con gratuità.
Speriamo che andremo alle elezioni senza ulteriori, inutili strappi. I cittadini italiani sceglieranno. Destra e sinistra non sono uguali. La speranza di un cambiamento europeo non è la stessa cosa del populismo anti-europeo. Speriamo che il professor Monti venga risparmiato dalla convulsione berlusconiana. Ha preso l’Italia che era sull’orlo del baratro e gli ha restituito dignità internazionale, anche se non abbiamo condiviso alcune scelte sociali. Non merita Monti di finire nel tritacarne di una confusa guerriglia parlamentare, organizzata dal Pdl a scopi meramente propagandistici. Il centrosinistra dovrà andare oltre Monti. Ma non può accettare che Monti venga ridotto a una parentesi da un Berlusconi ormai privo di bussola. Il cambiamento è diventato possibile proprio quando il Cavaliere ha lasciato, finalmente, Palazzo Chigi. Ora è il momento di fare un salto in avanti.
L’Unità 09.12.12

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