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“Un concorso per pochi eletti”, di Alessandra Ricciardi e Mario D’Adamo

Da concorso di massa a concorso per pochi. Ieri alla prima tornata dei test preselettivi, oggi si terrà la seconda, si sono presentati in 136.289 candidati, si erano prenotati in 172.248. A superare il muro delle 50 domande in 50 minuti, tutto on line, sono stati in 45.787, ovvero il 33,6%. Se anche la seconda giornata confermerà l’andamento, le prove preselettive avranno fatto veramente selezione. Domande difficili? Oppure scarsa dimestichezza con i test on line? Al momento non è possibile neanche quantificare quanti siano stati i candidati che «ci hanno solo provato» ad agguantare uno degli 11 mila posti fissi da insegnante nella scuola, avendo magari un’abilitazione all’insegnamento che però negli anni è stata messa da parte per fare altro. Nessun disordine, nessun assalto alle sedi, che pure a viale Trastevere temevano, tanto da allertare le forze di sicurezza. Le prove si sono tenute in 2520 aule informatiche senza intralci, tutto è andato liscio. Tanto che in serata il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, commentava soddisfatto: «La pubblica amministrazione ha data una grande prova. L’Italia è pronta, ha bisogno soltanto di una leadership in grado di prendere con coraggio le decisioni capaci di rimettere il paese al passo con le nazioni più moderne. Torneremo un paese normale».
I candidati più bravi sono stati i toscani, con un tasso di ammessi del 44%, secondi i lombardi, a quota 41%, seguiti a stretto giro dai toscani e da friulani. I piazzamenti peggiori sono dei candidati molisani, al 20,7% di promossi, distanziati di poco dai calabresi, al 20,8%, e dai lucani (21,6%). Sardi e campani al 26%. Insomma, proporzionalmente alla crescita della disoccupazione sul territorio, è cresciuto il tasso di non ammessi, segnale forse di una maggiore presenza di candidati «per necessità». Le domande erano a carattere generale. Era necessario sapere, per esempio, cosa significano parole come «godet» e «martingala» «carter» e «home banking». I quesiti sono estratti da una banca dati, che è stata pubblicata sul sito del Miur il 23 novembre e sulla quale gli ammessi alla prova hanno avuto la possibilità di esercitarsi. I candidati hanno scaricato otto milioni e mezzo di moduli, cinquanta domande per modulo. Ma è altrettanto vero che in media ciascun candidato si è esercitato solo su ventotto moduli, meno della metà dei settanta che ciascuno avrebbe potuto teoricamente scaricare. Inoltre, quasi ventunomila candidati non hanno scaricato nemmeno uno dei settanta moduli. Le ragioni sono numerose: il poco tempo a disposizione dalla data di pubblicazione dei tremilacinquecento quesiti, il 23 novembre scorso; la ripetitività dei quesiti, spesso molto simili tra loro (appreso il meccanismo, diventa poi facile rispondere a quesiti nei quali varia solo il contenuto); la possibilità di accedere al simulatore senza digitare il proprio codice fiscale e senza quindi essere identificato come concorrente; il fatto che molti candidati hanno preferito utilizzare batterie di esercizi con le tutte risposte esatte, messe a disposizione spesso a pagamento da alcuni gestori di siti internet, come denunciano le organizzazioni sindacali.
Chi ieri ha superato la preselezione l’ha saputo immediatamente dopo la conclusione del tempo assegnato, cinquanta minuti, altrettanto accadrà oggi.
Entro stasera, quindi, si saprà quanti concorrenti sono stati ammessi a sostenere le prove scritte vere e proprie ma solo il 15 gennaio, leggendo la Gazzetta Ufficiale di quel giorno, si conosceranno le date di svolgimento. Non saranno prove tradizionali ma quesiti a risposta aperta che dovranno permettere alle commissioni di accertare e valutare la padronanza delle competenze professionali e delle discipline oggetto di insegnamento.
La Repubblica 18.12.12
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“Io, candidato al concorsone dei prof tra precari e quiz da settimana enigmistica”, di Michele Smargiassi
“TROVA l’intruso” (tra sacrosanto espressivo teledipendente e agrodolce), “Bersaglio di parole” (quale sostantivo porta da denaro a attenzione?), ma guarda, c’è finita anche una partita di Mastermind, con quella storia del numero giusto e ben piazzato e del giusto e mal piazzato che mi faceva sempre uscire dai gangheri.
Ma qui non si tratta di far venire l’ora del bagno, qui la posta è la vita, il mestiere della vita, il mestiere di insegnante che quelli, o meglio quelle (maschi, siamo solo tre) sedute sui banchi intorno a me forse stanno già facendo da anni, e magari bene, ma che adesso è appeso al filo di un puzzle logico. Se la vasca sta fra il lavabo e il bidè, e il bidè fra la doccia e la vasca, a cosa sta più vicina la doccia? La vasca separata dalla doccia, dev’essere un bagno bello grande… E l’insieme “proprietari di auto” può incrociare l’insieme “veneziani” o è una domanda trabocchetto? “Tutte le babysitter sono giovani, e tutti i giovani amano ballare, allora…”: alt, ma chi l’ha detto che tutte le babysitter sono giovani? La mia aveva sessant’anni. Si può svolgere una prova di logica partendo da una premessa illogica? Anzi, si possono contestare le domande? Sarebbe indice di capacità critica, una grande dote per un insegnante. Ma il tempo passa, sul monitor la barra grigia dei 50 minuti per 50 domande scende inesorabile verso la zona rossa, bisogna risolver tacendo. Che la prima dote richiesta al prof sia accettare per buono quel che passa il Ministero?
Mi sono presentato alle 17 al liceo Tassoni di Modena, ligio all’appuntamento elettronico. Sono uno dei 320 mila che offrono il petto alla decimazione. Solo uno su trenta alla fine ce la farà, è forse la più grande strage di menti della storia della scuola italiana. Dovrei essere tranquillo: non ne va del mio futuro, sono qui da ficcanaso, e invece ho l’ansia da prestazione. Imbarazzato, anche,
con i miei 55 anni suonati, nel corridoio dove aspettiamo l’inizio della prova. Quella ragazza, direi fresca di laurea, col pollice incollato allo smartphone, mi lancia occhiate ostili, vedo cosa pensa: che cavolo ci fa qui questo quasipensionabile che cerca di soffiarmi il posto? Poi però mi guardo attorno e mi rincuoro: sono forse il più anziano, ma non di molto, nell’attesa si chiacchiera di figli
grandi, una signora ce li ha addirittura all’università. Saranno tutte lungo-precarie della scuola? Sorpresa, no. «Sono maestra d’asilo e vorrei prendere qualcosa di più», «sono precaria sì ma all’ospedale, fra tre mesi il contratto scade», «la mia azienda di informatica va malino, cerco un ripiego, nel caso». C’è anche l’impiegata di Mirandola che ha perso il posto col terremoto. Sono storie
d’Italia precaria, non di scuola precaria; storie un po’ di qua un po’ di là dal burrone della crisi, ma tutte in cerca di un paracadute. E qui, o la va o la spacca. Niente graduatorie, niente nuovi precariati. O in cattedra o niente. E questo non è un difetto, anzi. «Non mi sono preparata tanto, ma se mi va bene…». Non è un concorso. È un gratta e vinci per laureati.
Documento. Codice fiscale. Non serve altro. Tutto è online, dev’essere la prima volta nella buro-storia della scuola italiana. «No la borsa non la lascio fuori!», «Signora è obbligatorio…». Posti liberi nella candida aula informatica del liceo scientifico: una decina marcano visita. Sembra un compito in classe, addio scene da passaggio del Mar Rosso di certi concorsoni nei palasport. Monitor,
mouse, niente tastiera, un foglio timbrato e una penna. «La penna per favore non portatevela a casa, la scuola non è ricca…». Bidelli e insegnanti ora sono tutor, molto professionali. «Cliccate, si inizia».
E dunque eccoci al dunque, parte il conto alla rovescia, ora la cosa più importante del mondo è sapere dopo quanti giri il ciclista B raggiungerà il ciclista A. Santo Bartezzaghi patrono dei rompicapi aiutami tu. Visto che Nicoletta deve trovar casa prima di andare a Milano, se è a Milano vuol dire che ha trovato casa? EPOFALA-BELEFE è un’alternanza corretta di consonanti e vocali? Io teoricamente corro per professore di italiano storia e geografia alle medie, davvero è così importante per me quando quella maledetta lumaca uscirà dal pozzo, se la mattina avanza cinque metri e la sera scivola quattro metri? Logica, pura logica: tutti i professori devono saper ragionare, questo dev’essere stato il pensiero dei signori del Miur. Non c’è una sola domanda di storia o di letteratura, solo quiz da test attitudinale generico, ma allora è sufficiente avere un certo QI per insegnare? Non confondere un solo carattere nell’indirizzo di «Resmini Nicola, v. Manzoni 3 Bergamo» è un requisito professionale del postino, o del prof di lettere? Non dovrebbero piuttosto verificare se so spiegare l’Infinito e la transizione dai comuni alle signorie? Piano, su quello ti interrogheremo al prossimo esame, li sento rispondere, gli invisibili selezionatori, questa è solo la scrematura. Ma se finissero scremati anche eccellenti prof di storia un po’ arrugginiti sulle equazioni con le incognite? Sarebbe un bene per la scuola?
Meno tre, due, uno. La porta verso il futuro si chiude. Ci sei passato? Questa volta almeno lo sai subito. Il tecnico gira fra i banchi, la sua chiavetta Usb succhia la tua prova e risputa l’esito. Su otto monitor appare una scritta in rosso. Una bionda si prende la testa fra le mani. Una ride, «ci ho provato ». La mia scritta è verde. Risposte esatte 46, errate 3, tralasciata una, punti 44,5. Non so se sarei un buon prof per i miei figli. Ma se uno mi chiederà se esiste il sottoinsieme dei nuotatori buongustai sloveni, saprò rispondere.
La Repubblica 18.12.12
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I candidati al concorso: “Domande banali, non adatti a selezionare insegnanti”
“Domande a tratti banali, certamente poco adatte per selezionare futuri insegnanti”. Altri candidati all’uscita delle preselezioni per il concorso manifestano la loro delusione e stroncano i test
“Ho preso 46 su 50 al test. Sono passata, ma sono delusa dalla preselezione. Non permette di selezionare chi ha una reale aspirazione, di differenziarlo da chi ci prova e basta. Le mie domande di italiano erano banali, matematica e lingue più complesse. In tanti sono venuti a tentare. Li capisco, oggi c’è fame di lavoro. Ma che docenti saranno?”.
E un’altra aspirante, promossa anche lei con 35 su 50, e anche mamma, dice: “E una mamma solo se ha un contratto statale può badare ai figli, fare orari umani. Per questo ho partecipato. Credo comunque anche nel valore sociale di questa professione. I test non sono davvero indicativi della preparazione. Sfoltiscono e basta. Almeno si poteva mettere qualche domanda sull’area di insegnamento scelta”.
Una disoccupate, in cerca di lavoro, si giustifica: “Mi sono iscritta al concorso perchè in cerca di un lavoro. Mi piacerebbe insegnare alle elementari. Possibilmente italiano, ho fatto il classico. I test? Non sono molto utili per scegliere buoni insegnanti. Oggi io festeggio. Ma mi domando se dovessi passare anche le prove successive se ci sarà un training per me prima di entrare in cattedra. Chi mi dirà cosa devo insegnare?”.
“Se vincerò”, dice un trentenne, “penso che sarò in grado di insegnare. Con i miei titoli posso fare storia dell’arte o disegno. Immagino che nelle fasi successive del concorso si entrerà nel vivo della materia. Anche per quanto riguarda i programmi”.
Disincantato qualche bocciato: “E’ andata e vabbene così! Almeno resto in graduatoria”.
da Le Tecnica della Scuola 18.12.12
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I dati per regione: al sud la più bassa percentuale di ammessi
Agli ultimi posti Sardegna: 26,8%; Sicilia: 26,8%; Campania: 26,4%; Basilicata: 21,1%; Calabria: 21,1%; e Molise:19,9%.
In compenso però la Campania ha avuto il maggior numero di aspiranti prof con 14.574 domande presentate, seguita dalla Sicilia con 11.840. In termini però di non partecipazione al concorso, di percentuale di candidati cioè che non hanno dato forfait, preferendo consumare il concorso fino all’ultimo test, la Sicilia è al terzo posto, con l’82,8%, superata dal Piemonte, con l’83,8%, che si attesta al primo posto, e dalle Marche con l’83,0%.
Sicuramente questi dati, che si riferiscono solo alla prima giornata, lasciano perplessi e da una prima lettura potrebbero indurre a pensare che ci possa essere una minore preparazione dei docenti meridionali, se le percentuali si leggono in modo asettico o con intenti volutamente polemici. Se invece si tiene conto del contesto socio economico, il discorso cambia, considerando la grande massa di disoccupati e di giovani in cerca di lavoro, compresi di questi tempi i moltissimi laureati. Tutti potenziali concorrenti che per un motivo o per l’altro possono avere deciso di partecipare a queste preselezioni, spinti più dal bisogno di qualche certezza lavorativa che da un effettivo predisposizione ad insegnare e quindi senza una spinta forte per preparasi al concorso medesimo.
Sarebbe interessante (e forse qualcuno dalle pareti del ministero e dai suoi uffici statistici se ne dovrebbe occupare) esaminare nel dettaglio la percentuale dei concorrenti distribuiti per età e per ogni singola Regione al fine di rendersi conto a che livello di fame di lavoro sia giunto il Sud d’Italia.
da La Tecnica della Scuola 18.12.12

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