attualità, partito democratico

Bersani: «Nell’agenda Pd più lavoro e più equità», di Maria Zegarelli

Se il Pdl parte all’attacco a testa bassa contro Mario Monti, la sua agenda e l’operato del governo, il Pd usa toni sobri e rispettosi ma non calorosi. Il programma dell’attuale premier? «Non ci ho visto niente di sorprendente», risponde il candidato di centrosinistra Pier Luigi Bersani. «Tante cose condivisibili, alcune un po’ meno, alcune da discutere», spiega, ma niente a che vedere con il programma del Pd e dell’intera coalizione, dove ci sono «più lavoro, più equità e più diritti».
AGENDA POCO SORPRENDENTE
Un’agenda, quella del professore, che ai piani alti del Nazareno hanno letto con molta attenzione riscontrandone gli stessi limiti che hanno contraddistinto l’azione di governo del professore e dei tecnici: nessun accenno di diritti, né delle coppie di fatto (omosessuali o no), né dei lavoratori, molta attenzione all’austerità meno all’equità di cui il Paese «ha invece urgente bisogno». Ma a chi continua a chiedere al leader del centrosinistra cosa intende fare rispetto a Monti, ormai candidato, Bersani insiste nel ripetere il suo ragionamento di fondo: sono gli altri, compreso il Professore, a doversi chiedere come interloquire con il Pd, perché il Pd è il «più grande partito italiano. Il più riformista ed europeista». Vale per Monti come per Casini: decidano cosa vogliono fare. Non intende neanche portare troppo oltre il dibattito sulla sua alleanza con Vendola e Sel che tanto preoccuperebbe il leader Udc, «quante complicazioni…», sbotta, soprattutto dopo aver superato la prova delle primarie ed essersi sottoposto al giudizio di oltre 3 milioni di italiani. Il Pd si pone come alternativa a Berlusconi, alla Lega e ai populismi, spiega, quindi «aperto al dialogo» con quanti si riconoscono in questa linea.
E se il premier ormai dimissionario, annuncia di voler «salire in politica», Bersani preferisce aspettare prima di pronunciarsi, e capire cosa esattamente voglia dire. «Noi abbiamo massimo rispetto per Monti dice ai microfoni del Tg2 lo abbiamo sostenuto in momento molto difficili. Ora aspettiamo di vedere se si collocherà al di sopra o piuttosto con una parte. Questo andrà chiarito con gli elettori». Purché si esca dall’ambiguità. Quanto a Berlusconi non è la scesa in campo del Cavaliere a preoccuparlo, piuttosto lo è il fatto «che dopo tanto tempo sia tornato il messaggio berlusconiano», una notizia che non è bella né per gli italiani né per il mondo, spiega il segretario Pd. Il rischio è che questa campagna elettorale, per certi versi più di quelle passate, sia contrassegnata dal populismo di Berlusconi e da quello di Grillo, facendo passare in secondo piano i problemi reali del Paese.
Parlando invece con il Financial Times è all’Europa e alla Germania, in particolare, che parla Bersani. Al Paese con cui Monti ha intessuto un solido legame durante questo anno di governo. «Non ho intenzione di litigare con la Germania dice -. Voglio che l’Italia abbia un rapporto serio, franco e amichevole con la Germania sulla base di argomenti razionali e realistici». Se da settori dell’Europa, e non solo, è arrivato l’invito al premier a non lasciare la scena politica, Bersani assicura che non stravolgerà il lavoro portato avanti dal Professore della Bocconi cercando di mandare un segnale politico molto preciso: l’alternativa alle prossime elezioni non può essere Monti o Silvio Berlusconi, vero incubo di Angela Merkel, tanto che sottolinea: «Sono d’accordo con molte delle critiche che la Germania fa a Paesi come l’Italia, perché sono le stesse critiche che muovo a Berlusconi». Ma, sembra aggiungere, c’è un polo progressista forte e affidabile che può offrire garanzie di serietà e rigore.
«Ora mi piacerebbe che l’Europa spiega conversando con il quotidiano finanziario britannico si concentrasse sulla crescita e combattesse la recessione con la stessa tenacia con cui ha difeso l’unione monetaria. In caso contrario l’austerità, che è necessaria, da sola potrebbe diventare rischiosa nel lungo periodo». Guardare avanti, dice il leader Pd, perché se dovesse toccare a lui guidare il Paese non rinegozierebbe il patto fiscale o uno degli accordi raggiunti, ma non ci si può fermare lì. La spinta recessiva, in caso contrario, se non contrastata anche con misure per la crescita, sarebbe insopportabile e non soltanto per l’Italia. «Sono pronto a discutere spiega nell’intervista a discutere se sarà il mio turno di governare il Paese, a rafforzare il meccanismo di disciplina di bilancio per il monitoraggio dei bilanci nazionali, in cambio di nuove politiche volte a stimolare l’economia».
Sul fronte interno agitazione intorno all’uscita di Pietro Ichino dal Pd per correre nelle liste di Monti e delle possibili defezioni dal fronte renziano. Ma su questo il segretario, incalzato dai montiani sull’agenda del professore, mostra nervi saldi. «La mia posizione è chiara ragiona con i suoi collaboratori il programma è quello illustrato alle primarie, sull’agenda Monti ho detto quello che penso, alcune cose sono condivisibili altre no». Dario Franceschini in serata twitta: «Con Monti può nascere un polo conservatore normale al posto del berlusconismo. Nostri avversari ma nelle emergenze anche alleanze possibili». Dopo il voto. Perché in campagna elettorale sarà un avversario.
L’Unità 27.12.12

7 Commenti

    I commenti sono chiusi.